categoria: Il denaro non dorme mai
Finanza al servizio della natura (e nostro): un approccio olistico
Post di Marc Palahi, Chief Nature Officer di Lombard Odier Investment Managers, e Laura Garcia Vélez, Nature Specialist di Lombard Odier Investment Managers –
Nonostante la nostra crescente dipendenza nei confronti della natura, sono ormai decenni che le condizioni ambientali si stanno deteriorando a livello globale. Dagli anni ’90, il capitale prodotto, comprese strade e fabbriche, è raddoppiato, mentre il capitale naturale è diminuito del 40%[1]. La perdita di natura e biodiversità è strettamente legata al cambiamento climatico, poiché gli ecosistemi eliminano oltre il 60% delle emissioni di carbonio di origine antropica[2]. Tuttavia, i cambiamenti climatici e i rischi correlati, quali incendi, siccità e parassiti, stanno riducendo la capacità della natura di fornire servizi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. In alcuni casi possono trasformare i pozzi naturali in fonti sostanziali di emissioni di gas serra.
Nel 2023, gli incendi in Canada emetteranno 1.740 megatoni di CO2, circa tre volte i gas serra annuali del Paese. Gli incendi hanno impatti devastanti. Tra questi, i costi per la loro soppressione, i danni alle cose e l’aumento delle richieste di risarcimento assicurativo, per un totale di 10 miliardi di dollari all’anno. Le perdite assicurative dovute a catastrofi naturali, comprese quelle legate ai cambiamenti climatici, sono aumentate negli ultimi decenni. Dal 2017, le perdite assicurate medie annue hanno superato i 110 miliardi di dollari, più che raddoppiando la precedente media quinquennale di 52 miliardi di dollari[3]. I cambiamenti climatici e i relativi eventi estremi minacceranno anche la stabilità dei prezzi.
Da un recente studio scientifico è emerso che l’aumento delle temperature potrebbe causare un incremento dei prezzi dei prodotti alimentari del 3,2% all’anno[4]. In un contesto sempre più mutevole, investire nella natura è un metodo molto efficace dal punto di vista dei costi. In particolare per ridurre il rischio climatico e quello legato alle catastrofi, migliorando l’adattamento degli ecosistemi e, quindi, del nostro sistema economico[5].
Ripensare la nostra economia: verso un’economia basata sulla natura
Per garantire il benessere sostenibile e la prosperità economica delle generazioni future, dobbiamo abbracciare la transizione verso un’economia rigenerativa che sia alimentata dalla natura e che prosperi in armonia con la stessa. Ovvero con un passaggio ad un’economia basata sulla natura, che riconosca l’ambiente come il bene più prezioso da cui dipende il nostro sistema economico.
Questo tipo di economia si basa su ecosistemi sani, biodiversi e resilienti e sui servizi relativi agli ecosistemi ad essi associati, definiti complessivamente asset basati sulla natura. Questi sono a loro volta le fondamenta per la creazione di catene del valore della bioeconomia circolare che abbiano impatti positivi per natura, persone e clima lungo tutta l’economia, interconnettendo i settori primario, secondario e terziario.
Questa transizione richiede investimenti su scala al fine di trasformare il capitale naturale in degrado in asset basati sulla natura attraverso l’implementazione di soluzioni basate sulla natura (NBS) e approcci di bioeconomia circolare[6] che integrano olisticamente il paesaggio a livello di catena del valore.
Le NBS comprendono attività volte alla protezione, al ripristino e alla gestione sostenibile degli ecosistemi naturali e modificati, con benefici per le persone e l’ambiente. Possono essere integrate nei business model di bioeconomia circolare che valorizzano il capitale naturale il flusso di servizi incentrati sugli ecosistemi lungo tutto il ciclo economico.
I progressi della scienza e della tecnologia consentono lo sviluppo di nuove soluzioni circolari basate sulla biodiversità, in grado di sostituire e superare dal punto di vista ambientale i prodotti fossili e non rinnovabili nella maggior parte dei settori economici, quali alimentare, fashion, farmaceutico, edilizia, chimica, energia, turismo, ecc[7].
Per realizzare la suddetta transizione verso la natura, è necessario riallocare migliaia di miliardi di capitale privato verso strategie basate sulla natura in tutte le asset class e in tutti i settori economici. Attualmente, il settore privato investe ogni anno 5.000 miliardi di dollari in attività con impatti distruttivi per la natura, mentre investe solo 35 miliardi di dollari nelle NBS[8].
Ripensare i sistemi alimentari attraverso beni reali basati sulla natura
Il sistema alimentare globale, che ha un valore di circa 10.000 miliardi di dollari, è al centro di un circolo vizioso. Contribuisce, infatti, a un terzo delle emissioni annue di gas serra a livello globale ed è il principale driver della perdita di biodiversità. Questo si traduce in esternalità negative a livello ambientale, sanitario e sociali, il cui valore si aggira tra i 13.000 e i 19.800 miliardi di dollari all’anno[9].
Allo stesso tempo, la produzione alimentare è soggetta a rischi crescenti a causa dei cambiamenti climatici e dei relativi disturbi naturali. Ad esempio, la Federal Crop Insurance statunitense ha più che raddoppiato gli indennizzi legati ai rischi climatici tra il 2001 e il 2022, con un aumento dei pagamenti relativi al riscaldamento di oltre il 1.000%[10].
I sistemi alimentari devono passare da un approccio estrattivo a uno rigenerativo. Approccio che contribuisca alla mitigazione dei cambiamenti climatici e al ripristino della natura. E garantisca al contempo la resilienza del settore alimentare nei confronti dei crescenti rischi climatici. Questa transizione richiede il passaggio da un’agricoltura convenzionale a una produzione alimentare basata sulla natura, utilizzando le NBS, pratiche rigenerative e sistemi circolari.
Secondo un nuovo report della Food and Land Use Coalition, investendo meno del 2% dei ricavi annuali del settore alimentare tra il 2025 e il 2030, le aziende potrebbero mitigare il 90% delle emissioni agricole e quelle legate al cambiamento dell’uso del suolo nelle loro catene del valore, sbloccando altri benefici correlati in termini di ripristino della biodiversità e riduzione dei rischi climatici[11].
La transizione verso la natura dei sistemi alimentari richiede la necessità di ripensare intere catene del valore. Tali catene sono spesso inefficienti e lunghe. Occorre quindi renderle più brevi, trasparenti e tracciabili, integrando al contempo il prezzo dei cambiamenti climatici e della natura senza rendere il tutto più costoso per i consumatori finali. Questa integrazione verticale è fondamentale per impiegare il capitale finanziario a monte, dove è possibile creare beni reali basati sulla natura, un pilastro per le catene del valore alimentari sostenibili e resilienti.
Una vasta rivalutazione dei beni
La natura, il nostro bene più essenziale, è l’asset class più sottovalutata al mondo. La domanda di terreni resilienti ai cambiamenti climatici e con degli impatti positivi per la natura guiderà la più grande rivalutazione di asset del secolo.
Gli asset immobiliari basati sulla natura diventeranno una nuova forma di proprietà immobiliare, che:
1. Trasformerà i paesaggi degradati in beni rigenerativi che siano resilienti al clima e protetti rispetto al prezzo della CO2, apprezzando così il loro valore nel tempo.
2. Catturerà più valore nei prezzi delle materie prime/prodotti (i) entrando in mercati specializzati (ii) eliminando intermediari e brand e ottenendo un accesso diretto ai mercati a valle, (iii) sfruttando i fattori macro che porteranno a prezzi strutturalmente più alti.
3. Sarà interessante per gli investitori con una prospettiva di lungo termine. La strategia può creare rendimenti corretti per il rischio, diversificazione del portafoglio, bassa correlazione con altre asset class, copertura contro l’inflazione e contro la regolamentazione delle emissioni di CO2. La strategia consente inoltre a tali investitori di decarbonizzare il loro portafoglio complessivo e di contribuire al raggiungimento dei loro obiettivi di zero netto.
Dobbiamo investire nella natura per trasformare la nostra economia, anziché compensare il suo fallimento. Investire nella natura è fondamentale per evitare l’ingestibile e per gestire l’inevitabile.
NOTE
[1] Dasgupta et al. (2021). Population, Ecological Footprint, and the Sustainable Development Goals
[2] FOLU, 2021. Why Nature? Why now? FOLU, 2021
[3] Swiss Re Institute, 2023. In 5 charts: continued high losses from natural catastrophes in 2022.
[4] Global warming and heat extremes to enhance inflationary pressures | Communications Earth & Environment (nature.com)
[5] Sustainability | Free Full-Text | Nature-Based Solutions as Building Blocks for the Transition towards Sustainable Climate-Resilient Food Systems (mdpi.com)
[6] Investing in Nature as the true engine of our economy. efi.int/sites/default/files/files/publication-bank/2023/EFI_K2A_2_2020.pdf.
[7] Investing in Nature as the true engine of our economy. efi.int/sites/default/files/files/publication-bank/2023/EFI_K2A_2_2020.pdf.
[8] UNEP (2023). State of Finance for Nature: The Big Nature Turnaround – Repurposing $7 trillion to combat Nature loss
[9] Multiple sources: i) Karolyi, G. Andrew and Tobin-de la Puente, John, Biodiversity Finance: A Call for Research into Financing Nature (June 20, 2022). Ii) World Bank. Food systems 2030. iii) Lord, S. 2023. Hidden costs of agrifood systems and recent trends from 2016 to 2023 – Background paper for The State of Food and Agriculture 2023. iv) Riemer, O., Shah, T.M. and Zitterbarth, S. (2023). Current Conditions and Policy Frameworks of Agri Food Systems Transformation
[10] Crop insurance pays farmers billions of dollars for weather-related losses closely linked to the climate crisis | Environmental Working Group (ewg.org)
[11] Future Fit Food and Agriculture: The financial implications of mitigating agriculture and land use change emissions for businesses.