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Donne e banche: così la tecnologia può colmare il divario di genere
Post di Valentina Cianci, Head of Sales, Marketing & Business Development di OCS –
Quando si parla di gender gap, normalmente ci si focalizza su aspetti come il divario salariale, le differenze nel tasso di occupazione o il livello di quote rosa nei ruoli apicali di aziende e istituzioni. Un aspetto forse meno esplorato, seppur strettamente connesso a quelli precedentemente elencati, è legato invece alla disparità di accesso ai servizi finanziari e al credito – che, ancora oggi, è una realtà nel mondo e nel nostro Paese.
Secondo l’ultimo report della Banca Mondiale, a livello globale si registrano infatti 1,4 miliardi di unbanked, ovvero persone senza alcun conto bancario e possibilità di accesso ai servizi finanziari. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le differenze percentuali tra economie avanzate e in via di sviluppo non sono significative (24% vs 29%). Al di là della collocazione geografica, ad influire maggiormente sarebbero invece fattori demografici come l’età anagrafica, il livello di istruzione e, appunto, il genere: ad esempio, in Italia soltanto il 58% delle donne ha un conto corrente intestato personalmente (dati Global Thinking Foundation).
Credito al consumo: il gap (ampio) fra uomini e donne
Dal momento che sempre più italiani ricorrono al credito al consumo, ovvero richiedono prestiti finalizzati a soddisfare un’esigenza personale o familiare, il settore può essere considerato, oltre che uno specchio dell’andamento economico del Paese, anche uno dei principali indicatori della propensione dei consumatori all’utilizzo dei diversi strumenti finanziari. Analizzare l’accesso a tali prodotti e servizi da parte della popolazione maschile e femminile può inoltre fornire una panoramica piuttosto accurata del gender gap in ambito finanziario.
È quanto si è proposto di fare uno studio condotto dall’Università degli Studi di Milano Bicocca su dati relativi ai prestiti al consumo finalizzati e personali erogati da Deutsche Bank in Italia: stando alle statistiche rese pubbliche, nel primo semestre del 2023 è stato sottoscritto da donne solo il 38,6% dei prodotti, contro il 61,4% degli uomini. Il divario è dunque netto e, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, superiore a quanto registrato già nel primo semestre del 2018 (58,7% vs 41,3%): in 5 anni, secondo questa analisi, sarebbero di conseguenza addirittura stati fatti dei veri e propri passi indietro in termini di coinvolgimento della popolazione femminile.
Avvicinare le donne ai servizi finanziari
Guardando a questi numeri, risulta evidente quanto sia necessaria un’inversione di rotta, che deve partire da un cambio di mentalità nella società civile. Nonostante da decenni le donne nel nostro Paese abbiano, sulla carta, gli stessi diritti degli uomini, molte di loro infatti non lavorano o, quando lo fanno, guadagnano meno del proprio partner: questo alimenta di fatto una debolezza nell’impatto sulle decisioni familiari, anche in ambito finanziario.
Per superare il muro del pregiudizio e avvicinare il genere femminile al mondo bancario da cui, nella pratica, spesso è loro ancora escluso, è essenziale l’apporto degli operatori del settore, che devono investire sempre più in ottica di finanza inclusiva, portando cioè avanti quel complesso di attività sviluppate per favorire l’accesso ai servizi finanziari da parte di quei soggetti non del tutto integrati nel sistema ordinario. Abbattere le barriere che ancora rimangono non è affatto semplice: è necessaria una stretta collaborazione tra organizzazioni pubbliche, datori di lavoro privati, fornitori di servizi finanziari e abilitatori tecnologici.
Economia aperta a tutti e tutte: il ruolo della tecnologia
L’innovazione può giocare un ruolo cruciale nella costruzione di un’economia davvero aperta a tutti e a tutte. Ad esempio, nella visione di OCS – azienda italiana da 40 anni partner digitale di riferimento nel settore bancario e finanziario, la tecnologia è in grado di abilitare l’introduzione di soluzioni che possono contribuire a colmare il divario, raggiungendo anche quei segmenti di popolazione che tradizionalmente hanno più difficoltà ad accedere al credito, come appunto le donne oppure i giovani.
In generale, per le banche e gli istituti finanziari è oggi più che mai opportuno lasciare sempre al cliente la scelta tra canale fisico, ibrido e digitale: la relazione con i clienti deve essere diversificata in base alle singole esigenze e alla predisposizione verso la tecnologia, andando incontro ai soggetti più “analogici” così come alle persone più digitalmente alfabetizzate. Il contributo principale dell’innovazione tecnologica è proprio quello di amplificare il servizio della banca, liberandolo da vincoli di spazio e tempo senza, però, rinunciare al contatto diretto quando necessario o richiesto dall’utente. L’effetto è un generale potenziamento dell’offerta: in questo contesto, si inserisce l’introduzione di soluzioni adatte anche a segmenti di clientela tradizionalmente svantaggiati.
L’impulso alle nuove forme di credito: il nanolending
Negli ultimi anni stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione lendtech, in cui le soluzioni di credito al consumo si avvicinano sempre più, attraverso l’e-commerce, al mondo dei pagamenti: questa convergenza può giocare un ruolo cruciale anche in ottica di inclusività. Innescata dalla necessità di rispondere alle nuove esigenze dei clienti finali, come il maggiore utilizzo dei dispositivi mobile e la richiesta di semplificazione, personalizzazione dei servizi e disintermediazione, la tendenza allo sviluppo di nuove forme di credito è destinata a proseguire e confermarsi sempre più in futuro, con il maturare delle prossime generazioni di consumatori.
Di quali strumenti stiamo parlando? L’esempio più calzante è quello del nanolending, o microcredito, che da forma di finanziamento può diventare una vera e propria leva di inclusione finanziaria. Riguardando somme contenute e richiedendo in genere brevi tempi di rientro, può ad oggi essere gestito da soluzioni interamente mobile, istantanee e compliant.
Inclusione finanziaria: flessibilità e personalizzazione
Come ogni percorso, l’inclusione finanziaria passa attraverso fasi progressive. Per i soggetti già dotati di carta di credito sono oggi disponibili modalità di prestito abilitate dall’avanzamento tecnologico come il Buy-Now-Pay-Later o l’e-commerce financing: questi strumenti di finanza integrata offrono la possibilità di accedere a forme di credito, per importi anche molto piccoli, direttamente dal portale da cui si sta effettuando un acquisto, senza essere tenuti ad aprire ulteriori canali. Questa immediatezza porta con sé diversi risvolti positivi in ottica di inclusività: l’utente, infatti, può disporre di un’offerta più ampia a cui attingere e può contare su una maggiore flessibilità e personalizzazione, riuscendo a completare il proprio acquisto in maniera fluida anche in assenza di liquidità. Tramite l’incorporazione dei servizi finanziari, le aziende possono invece sfruttare ulteriori opportunità per ampliare il proprio pubblico.
Siamo insomma di fronte a un passaggio essenziale del percorso di costruzione di un’economia davvero accessibile anche ai soggetti che fino ad ora ne sono stati ai margini, per motivi culturali e sociali: l’essere umano, di qualunque genere, sta tornando ad essere al centro della finanza. Il ruolo della tecnologia è proprio accompagnare le banche e istituti di credito in questa delicata fase di transizione, cavalcando e promuovendo il non più rimandabile cambio di mentalità nella società civile.