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Le Big Tech tra concorrenza e Antitrust Ue: da protagoniste a perseguitate?
Post di Mariafrancesca De Leo e Pietro Missanelli, partner e senior associate di Greenberg Traurig Santa Maria –
La Commissione Europea, cercando di bilanciare la politica della concorrenza con le transizioni verde e digitale, ha di recente approvato una versione aggiornata della Comunicazione sulla definizione del mercato rilevante. Questa definizione è fondamentale per analizzare e comprendere le relazioni di concorrenza tra le imprese che operano nello stesso settore all’interno del mercato europeo. Questo provvedimento porta con sé importanti novità per il mondo delle Big Tech, soprattutto in questa fase in cui si stanno affacciando al mondo fintech.
L’obiettivo è ambizioso ma, nella prospettiva della Commissione, non impossibile da raggiungere. Negli auspici dell’Esecutivo UE, la politica di concorrenza deve contribuire non solo a preservare le catene di approvvigionamento diversificate e integrare il quadro normativo dell’Unione in materia di sostenibilità ambientale, ma anche ad adattarsi alle nuove sfide digitali.
In questo contesto, il nuovo testo della Comunicazione costituisce un importante tassello, atteso per lungo tempo, di un più ampio mosaico.
Sembrerebbe che la Commissione stia orientandosi verso l’idea che utilizzare strumenti d’analisi consolidati, che si basano principalmente sul modo in cui la domanda cambia in risposta a variazioni significative di prezzo, potrebbe non essere più appropriato in contesti come i mercati digitali. Questo perché nei mercati digitali gli utenti possono accedere ai servizi offerti anche senza dover pagare, e la concorrenza si basa principalmente sull’innovazione e sulla qualità dei servizi offerti, piuttosto che sul prezzo.
L’attenzione della Commissione Europea si è indirizzata, dunque, ai servizi di assistenza post-vendita, alle piattaforme multi-versante (ossia quelle piattaforme che consentono le interazioni tra gruppi diversi di utenti), e agli ecosistemi digitali, con riferimento ai quali viene enfatizzata l’importanza di fattori come la presenza di prodotti primari e secondari (che, specialmente se venduti come “pacchetti” potrebbero costituire un mercato a sé) e l’eventuale interoperabilità tra gli stessi per determinare se si è in presenza di un unico o di diversi mercati.
Com’è facilmente intuibile, si tratta di novità che possono avere un impatto significativo per le Big Tech, che spesso operano tramite un modello di business multi-sided. La Comunicazione, peraltro, entra in vigore proprio in un momento storico in cui molte di esse, dopo aver consolidato la propria presenza in mercati digitali “tradizionali” (legati vuoi ai social-media, vuoi alle telecomunicazioni) si stanno affacciando nel settore fintech.
È noto infatti che, dapprima con l’entrata in vigore della PSD2 e poi in virtù di un contesto post-pandemico di forte crescita dei mercati digitali, il settore dei servizi di pagamento sia stato interessato a livello globale da dinamiche estremamente espansive (oltre il 30% di crescita nel periodo 2017-2021 secondo dati Arkwright 2023). Una domanda robusta e le nuove possibilità regolatorie hanno consentito vuoi l’emergere di nuovi intermediari tra istituti di credito e merchants (come PayPal), vuoi la (profonda) trasformazione dei consorzi bancari e la nascita di campioni nazionali ed europei (ad esempio Worldline).
Ciò ha inizialmente favorito strategie di crescita esterne basate sull’acquisizione, anche in successione, di rami di azienda e/o di merchant books (ossia dell’avviamento costituito dalla clientela di esercenti) di una pluralità di istituti di credito, nonché dalla conclusione di partnership con questi ultimi. Il settore dei servizi di pagamento ha dunque conosciuto un progressivo consolidamento (42 miliardi di dollari dal 2000, secondo dati Bain) con al centro, almeno in Italia, il canale bancario. Tuttavia, il trend di crescita sembra da ultimo aver subito un improvviso rallentamento e l’ingresso di nuovi player, attivi soprattutto online, ha di recente messo in difficoltà gli operatori consolidati.
In tale contesto, il ruolo delle Big Tech resta tutto da vedere, anche alla luce del nuovo quadro normativo UE. Tramite lo sviluppo di software e di pagamento sui propri marketplace, nonché facendo leva sulle plurime possibilità di interazione con app e soluzioni proprietarie, le Big Tech potrebbero ritagliarsi la veste di protagonisti. In quel caso, i criteri forniti dalla Comunicazione consentiranno alla Commissione di svolgere l’assessment antitrust dei futuri modelli di business e delle eventuali operazioni di M&A, e alle imprese di valutare le probabilità che la Commissione individui problemi di concorrenza in un caso specifico.
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