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Euribor “manipolato”: è davvero possibile una class action?
Post di Manuela Malavasi, Partner di BonelliErede e membro del Focus Team Banche –
Nel corso delle ultime settimane, si è parlato molto del cosiddetto Euribor “manipolato” e della possibilità, per chi ha pagato rate di un mutuo o finanziamento a tasso variabile, indicizzato all’Euribor, di ottenere la restituzione degli interessi pagati.
L’attenzione, anche mediatica, per l’argomento trae origine da un’ordinanza della Corte di Cassazione del dicembre 2023 che è stata letta (a mio avviso in modo un po’ frettoloso) come possibile punto di avvio di un contenzioso bancario massivo per il rimborso degli interessi versati.
I presupposti di fatto sono però molto più datati e risalgono addirittura al periodo 2005-2008 quando, secondo gli accertamenti della Commissione Europea, l’Euribor è stato manipolato, ossia determinato non correttamente.
Che cos’è l’Euribor?
Per meglio inquadrare la questione va premesso che l’Euribor – tasso di riferimento ampiamente utilizzato come parametro per calcolare i tassi nei contratti bancari con interessi a tasso variabile (es. mutui, finanziamenti, leasing) e nei prodotti finanziari derivati sui tassi di interesse collegati all’Euribor – viene fissato sulla base delle quotazioni fornite da un panel di primarie banche europee.
Stando a quanto accertato dalla Commissione Europea nel 2013 e nel 2016, l’Euribor è stato “manipolato” tra il 2005 e il 2008 perché alcune banche straniere appartenenti al panel, per la sua determinazione hanno posto in essere comportamenti (essenzialmente uno scambio di informazioni) volti a restringere o falsare la concorrenza nel settore dei derivati sui tassi di interesse collegati all’Euribor.
L’ordinanza della Corte di Cassazione del 13 dicembre 2023
L’applicazione di interessi collegati all’Euribor frutto del cartello accertato dalla Commissione Europea è stata oggetto di una recente ordinanza della Suprema Corte (la n. 34889 del 2023) che, con una motivazione a dire il vero stringata, si è pronunciata in un contenzioso in cui veniva chiesta la rideterminazione degli interessi pagati per un leasing nel periodo coinvolto dalla manipolazione. In particolare, parte attrice lamentava la nullità della clausola contrattuale di rinvio all’Euribor ai sensi della norma che vieta le intese restrittive della libertà di concorrenza comminandone la nullità (ossia l’art. 2 della c.d. Legge antitrust, L. n. 287/1990).
La Suprema Corte ritiene che la decisione della Commissione Europea rappresenti una prova privilegiata dell’illecito anticoncorrenziale posto a supporto della richiesta di accertamento della nullità dei tassi “manipolati” e, secondo la prevalente lettura che ne è stata fornita, afferma implicitamente la nullità della clausola di determinazione del tasso applicato in quanto parametrato all’Euribor fissato attraverso l’accordo manipolativo della concorrenza.
L’ordinanza non si pronuncia però sul caso in esame, rimettendo alla Corte d’Appello di Milano il compito di stabilire quali sono in concreto gli effetti del cartello relativo ai tassi Euribor sul contratto di leasing oggetto di causa.
Chi ha pagato rate di un mutuo o finanziamento a tasso variabile, indicizzato all’ Euribor “manipolato”, ha diritto di ottenere la restituzione degli interessi pagati?
Dopo la pronuncia della Corte di Cassazione in molti si sono affrettati a proclamare con certezza il diritto di chi ha pagato interessi a tasso indicizzato all’Euribor “manipolato” (e quindi nel periodo 2005-2008) di richiedere la restituzione di quanto versato.
Ottenere il rimborso degli interessi è però tutt’altro che scontato e certamente non vi è alcun automatismo.
Anzitutto, la giurisprudenza di merito successiva alla pronuncia della Suprema Corte è tutt’altro che univoca. Anzi, le sentenze che hanno analizzato più a fondo la questione (es. Tribunale di Milano del 21 febbraio 2024, Tribunale di Torino del 29 gennaio 2024, Tribunale di Livorno del 29 gennaio 2024) hanno rigettato le pretese di rimborso degli interessi pagati, escludendo la nullità della clausola di determinazione dei tassi indicizzati all’Euribor “manipolato”.
Ciò in quanto le banche contro le quali erano state formulate le domande di ripetizione non avevano preso parte all’intesa anticoncorrenziale, che aveva riguardato solo alcune banche straniere. Si è così escluso che i contratti bancari con tassi indicizzati all’Euribor possano essere considerati come accordi a “valle” del cartello (e quindi affetti da nullità), non essendo funzionali a realizzare gli scopi illeciti dell’intesa (che per di più riguardava il mercato dei derivati sui tassi di interesse e non quello dei mutui e finanziamenti).
Parimenti è stata esclusa la possibilità, per chi ha pagato interessi sulla base dell’Euribor “manipolato”, di ottenere il risarcimento del danno da banche italiane, in quanto estranee alla condotta anticoncorrenziale accertata dalla Commissione Europea.
Il rischio della prescrizione
Peraltro, anche qualora si volesse ipotizzare una nullità della clausola di determinazione del tasso (soluzione che comunque non sembra tecnicamente corretta), molte pretese restitutorie sarebbero prescritte in quanto l’azione di ripetizione si prescrive in 10 anni a decorrere dal giorno in cui è stato fatto il pagamento indebito.
Occorrerebbe poi determinare se l’applicazione dell’Euribor frutto della manipolazione ha comportato effettivamente il pagamento di interessi superiori rispetto a quelli che sarebbero stati applicati in assenza di manipolazione. Secondo quanto accertato dalla Commissione Europea non vi era infatti un interesse delle banche straniere partecipanti al cartello a mantenere necessariamente “alto” il tasso Euribor; gli istituti di credito coinvolti potevano anzi avere interesse alla determinazione di un Euribor “basso” a seconda della posizione assunta in operazioni di derivati sui tassi.
Potrebbe essere promossa una class action?
Se le chances di ottenere un rimborso o una rideterminazione degli interessi sembrano limitate, ancor più sfumata appare la possibilità – evocata invece da molti – di avvalersi dell’istituto della class action: un’azione collettiva che consente a singoli individui o associazioni di consumatori di proporre un unico giudizio per la tutela degli interessi individuali, purché omogenei, di un gruppo di soggetti (la c.d. “classe”) lesi da un medesimo evento dannoso. Il tutto con innegabili vantaggi tra cui la possibilità per i singoli componenti della classe di accodarsi all’azione promossa da altri, con un significativo risparmio dei costi di giudizio.
L’azione di classe ha però un ambito applicativo circoscritto e limiti di ammissibilità con i quali non possono non confrontarsi le iniziative recentemente pubblicizzate.
Anzitutto, nel caso di specie, la manipolazione dell’Euribor risale al periodo 2005-2008 ed è quindi antecedente rispetto all’entrata in vigore nel nostro ordinamento dell’istituto dell’azione di classe per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni, peraltro applicabile con riferimento agli illeciti compiuti successivamente al 15 agosto 2009.
In ogni caso, anche qualora si considerasse come condotta illecita il rifiuto delle banche di procedere al rimborso degli interessi applicati in forza di una clausola in ipotesi nulla per il rinvio all’Euribor frutto di manipolazione, non sarebbe scontata l’ammissibilità della class action.
Euribor “manipolato”, una soluzione per nulla scontata
L’azione di classe è infatti esperibile unicamente in presenza del presupposto dell’“omogeneità dei diritti individuali” per i quali è richiesta la tutela. L’iniziativa deve cioè essere finalizzata a far valere diritti con caratteristiche tali da renderli suscettibili di una trattazione “cumulativa” per quanto riguarda il titolo della pretesa, la condotta contestata e anche i criteri di quantificazione del danno o delle restituzioni, quantificazione che dovrebbe avvenire con un’attività istruttoria comune a tutti i membri della classe e il più possibile uniforme.
Nel caso di specie dovrebbero invece essere effettuate delle analisi ad hoc per ogni singolo aderente all’azione, anche per rideterminare il piano di ammortamento epurando gli interessi in ipotesi illegittimi; attività che sembrano conciliarsi poco con l’esigenza di una quantificazione standardizzabile e quindi con l’istituto stesso della class action.