categoria: Distruzione creativa
Sorpresa: l’arrivo degli automi si è tradotto in più umanità
Post di Valter Fraccaro, Presidente Fondazione SAIHUB (Siena Artificial Intelligence HUB) –
Quando si parla di Intelligenza Artificiale spesso essa è intesa come caso specifico, quasi non appartenga al più ampio fenomeno chiamato innovazione.
Questo rende più faticoso cercare di apprendere dalle innovazioni passate cosa attendersi dall’AI, soprattutto quando l’AI stessa sia valutata come qualcosa il cui impatto sia senza precedenti. In realtà, di effetti del tutto rivoluzionari rispetto al presente, la nostra specie ne ha conosciuti molti. Per certo, il dominio del fuoco o quello della elettricità hanno stabilito un dopo così nettamente distinto da ciò che era precedentemente che appena un paio di generazioni successive al loro affermarsi era praticamente impossibile ricordare come il mondo fosse prima.
Ad esempio, le generazioni attuali, quelle nate prima degli anni ’90, sono sia le ultime che hanno visto il mondo completamente analogico che le prime ad aver avuto a che fare con quello sempre più digitale. E chi è nato dopo, il ricordo della vita senza computer non lo avrà né potrà trasmetterlo alla generazione successiva.
Va ricordato che le macchine (e più in generale la tecnica) sono state inventate dagli umani sia per superare i propri limiti fisici sia affinché svolgano i lavori che essi non amano, che sono stancanti, pericolosi, alienanti. In sostanza, perché eliminino dalla quotidiana esperienza quanto più rischio e fatica possibile, così da poter dedicarsi ad altro.
A partire da ciò e con specifico riferimento ai cambiamenti tecnologici degli ultimi decenni, automi inclusi, si sono man mano fatte previsioni sul loro impatto occupazionale. Tali predizioni erano e sono generalmente negative: a proposito della diffusione dei PC negli uffici, si pensava che essa avrebbe provocato il licenziamento delle segretarie (termine rigorosamente femminile, si noti), che la posta elettronica avrebbe portato con sé la chiusura delle poste (altri milioni di posti di lavoro persi), che i siti web aziendali sarebbero stati causa della scomparsa dell’editoria pubblicitaria e manualistica e così via.
I dati dimostrano che complessivamente le cose sono andate in un altro modo, tanto che la disoccupazione nei Paesi ad economia avanzata (quelli più pronti a introdurre innovazione), pur in presenza di una crescita della popolazione, è lievemente diminuita, aumentando solo in momenti legati a crisi finanziarie, belliche o pandemiche e non in coincidenza con altri cambiamenti tecnologici, come si può vedere qui:
Dunque, quei mutamenti radicali hanno sì eliminato alcuni lavori che nessuno oggi più rimpiange, ma soprattutto creato o esteso in maniera gigantesca nuovi settori economici, fino a quel punto inesistenti o poco rilevanti.
Ad esempio, il turismo. Fino a qualche decennio fa viaggiare per svago era un lusso che pochi potevano permettersi e il derivante mercato aveva un valore limitato. In coincidenza con l’avvento dell’automazione, solo nel periodo 1995 – 2020 la crescita della spesa turistica mondiale si è incrementata del 300%.
Qualcosa di analogo è accaduto per lo sport. Poiché l’automazione riduce sia il dispendio energetico sia il tempo che le persone devono destinare al lavoro, ne deriva che ad esse restino forze e ore a disposizione per fare altro . Accade così che milioni e milioni di individui hanno finalmente potuto dedicarsi allo sport come pratica costante, mentre fino ad allora erano sostanzialmente i non-lavoratori (cioè chi poteva vivere di rendita) a potervi destinare tempo e denaro.
Come esemplificativa conseguenza, è così accaduto che il mercato statunitense degli articoli e servizi legati alla pratica sportiva sia passato da ca. 30 miliardi di spesa del 1980 ai 146 del 2000 per arrivare infine ad oltre 433 nel 2021.
Inoltre, attraverso un processo di autoaccrescimento, la scienza e la tecnologia hanno accelerato progressivamente, avvantaggiandosi anch’esse indirettamente del tempo che l’uso degli automi ha reso disponibile all’umanità.
È così accaduto che le generazioni più giovani abbiano potuto sempre più indirizzarsi allo studio tanto che, come si vede qui sotto, la percentuale di essi che oggi accedono alle università è quadruplicata tra il 1980 e il 2020, passando da poco più del 10% ad oltre il 40%.
Ne è seguita una sempre maggior conversione degli studi universitari in attività professionali di ricerca, tanto che i dati rilevati nel periodo 2014 – 2018 mostrano come la percentuale di persone che le svolge aumenti ad un indice triplo di quello della crescita della popolazione.
Inoltre, dati più recenti dimostrano che questa tendenza sta continuando a crescere nell’epoca post-Covid, a segno che la scienza ha raggiunto un interesse presso le giovani generazioni tanto silenzioso ed efficace quanto rumorosa è stata la sfiducia in essa manifestata da minoranze no-vax o dedite alle pseudoscienze.
Insomma, le drammatiche considerazioni che puntualmente prevedono che per ogni nuovo sviluppo tecnologico si perdano posti di lavoro sono costantemente state smentite dai fatti. La storia recente mostra come ad ogni avanzamento scientifico e tecnologico, nuove aree economiche si ampliano o si creano, assorbendo quote di lavoratori stabili o maggiori e diversi indicatori mostrano una conseguente tendenza degli individui a dedicarsi sempre più ad attività in qualche modo educative, in cui percepiscono il realizzarsi della propria umanità.
LINK:
Andamento disoccupazione (Paesi avanzati – grafico rielaborato)
Spesa per articoli e servizi sportivi (USA)
Accesso agli studi universitari under 25 (mondo)
Indice di personale scientifico per milione di abitanti (mondo)