È possibile sviluppare un prodotto davvero sostenibile?

scritto da il 29 Febbraio 2024

Post di Silvano Joly, Business Advisor in Deloitte – 

Da diversi anni si sa che consumo e produzione consapevoli possono influire sulla salute del pianeta e nostra, che lo abitiamo. Sono state varate normative e c’è attenzione da parte dei consumatori. Questo scenario ha imposto alle imprese di adottare una produzione più sostenibile, con sistemi ed impianti efficienti ed ecologici.

Gli Accordi di Parigi hanno definito un obiettivo planetario: limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi centigradi. Di conseguenza le industrie devono ridurre le emissioni di CO2, cercare nuove materie prime e fonti di energia, implementare pratiche di produzione più efficienti, ottimizzare la gestione della catena di fornitura e del ciclo di vita dei prodotti.

Ma per raggiungere obiettivi così complessi, non basta “reinventare” la produzione di prodotti progettati decenni prima con metodi industriali “tradizionali”: TTM (Time to Market), competitività, marginalità. Occorre invece ideare e mettere in produzione nuovi prodotti che abbiano tra le specifiche attuative la sostenibilità a lungo termine, attraverso design, progetto, scelta di materiali e lavorazioni coerenti e conformi a tale scopo.

Infatti, più che convertire e migliorare prodotti vecchi, si dovrebbero realizzare prodotti nuovi “from scratch” e con obiettivo numero 1 quello di essere davvero sostenibili. Così è nato il termine greenwashing, che si potrebbe tradurre con “ecologismo di facciata”. Una vera e propria strategia di comunicazione, che presenta azienda e prodotti come positivi sotto il profilo dell’impatto ambientale, distogliendo l’attenzione dal fatto che attività o prodotti sono di fatto gli stessi. Come i biscotti con una nuova scatola che dice “ricchi di fibre” ma pieni di zucchero secondo la vecchia ricetta!

Come si sviluppa un prodotto moderno e sostenibile?

Agli Stati generali della meccatronica lo scorso 24 gennaio, è emerso come Industry 5.0 aggiunga attenzione alle tematiche ESG, riportando l’uomo al centro della scena – accanto all’intelligenza artificiale. Al convegno organizzato con Confindustria Bergamo al Kilometro Rosso, più che rischi si sono viste le opportunità per sfruttare l’AI con la creatività ed il know-how umano, a favore dello sviluppo di prodotti nuovi che salvaguardino le società future.

Ma come si fa? Un prodotto sostenibile si sviluppa lungo un processo che parte dall’idea iniziale (concept o design) e si sviluppa lungo tutta la progettazione, ingegnerizzazione, prototipazione e test e poi produzione, distribuzione, assistenza e servizi postvendita, sino alla “end of life” cioè lo smaltimento o ricondizionamento per un eventuale reinserimento nel medesimo o in un altro ciclo produttivo.

Questo processo aziendale esiste in effetti da sempre e, nel corso degli anni ’90, una serie di editori di software attivi nel settore della progettazione meccanica (CAD/CAM/CAE), iniziarono a rilasciare programmi che avevano lo scopo di gestire l’accesso, distribuire, trovare e non duplicare i file dei modelli 3D, che erano pure di grandi dimensioni. Le “workstation”, ovvero i computer che usavano i progettisti dell’epoca, non avevano abbastanza memoria, spesso non erano in rete e non potevano quindi condividere tali file e modelli.

Questi sistemi di gestione dati di prodotto, che in origine erano proprio dei gestori di files, si sono evoluti in successive generazioni di “piattaforme”, ad es. la 3DEXPERIENCE di Dassault Systems, capaci di orchestrare un’ampia ed estesa gestione del ciclo di vita del prodotto nelle varie fasi, presso i vari dipartimenti o con fornitori esterni e con l’abilità di recepire informazioni dal mercato stesso.

Questi sistemi si sono evoluti, oggi siamo alla quinta generazione, ecco una sintesi delle prime 4:

Gli inizi: PLM Ingegneristico e PLM Collaborativo

Dalla prima gestione dei file CAD si è passati alla gestione della distinta base (BOM, Bills of Materials) e dei processi di modifica tecnica, fino a pensare “in grande” con l’ingegneria collaborativa (Concurrent Engineering). L’idea era buona, ma si scontrava con l’esigenza di integrarsi a sistemi ERP e legacy già presenti in azienda che gestivano molti processi “passivi”, imponendo personalizzazioni costose e difficili da gestire.

L’evoluzione: da PLM Enterprise al PLM 4.0

Dal 2000, i software PLM hanno iniziato a coprire l’intera value chain includendo le dinamiche di approvvigionamento e di commercializzazione. Industry 4.0 con la digitalizzazione, il mercato globale e la produzione globale integrata, ha visto lo sviluppo prodotto evolvere alla gestione della supply chain end to end. Il PLM 4.0 sfruttando il cloud introduce il concetto di digital twin dei prodotti virtuali, prototipizzati e dotati di sensori associati a materiali, componenti, macchinari e impianti di produzione, anytime – anywhere e con il coinvolgimento del consumatore che può configurare il prodotto in autonomia, così come un buyer industriale può impostare una commessa sui sistemi del suo fornitore.

Nuovi paradigmi per lo sviluppo prodotto, cosa dicono gli esperti?

Uno studio di Science Direct spiega come i tradizionali metodi di progettazione e fabbricazione dei prodotti che generano ancora un elevato consumo di energia e di risorse naturali vadano rivisti, forse abbandonati, a favore della progettazione sostenibile che pensa alla sostenibilità dogmaticamente, come prescrivono gli obiettivi SBG, “Sustainable Business Goals”, che oggi sono raccomandazioni. Probabilmente saranno norma in tempi brevi come la legge AGEC” (Anti-gaspillage pour une économie circulaire), in vigore dal 2021 in Francia, ma che causa non pochi mal di testa al Made in Italy.

sostenibile

Per avere qualche idea da condividere con voi, ne ho parlato con Mike Robinson, car designer Californiano, in Italia dagli anni 70, Design Director Blue Group e già Design Director di Bertone oltre che di Fiat e Lancia, “papà” di auto come Bravo/Brava/Marea, della Lancia Dialogos e della PapaMobile Giubileo, oltre di Thesis, Ypsilon, Ducato e persino del primo eVTOL (electric vertical take-off and landing) al mondo, il Project Zero di AgustaWestland.

Alla Unmanned System Exhibition di Abu Dhabi, svoltasi di recente, Mike ha presentato l’Eneron Magnus un veicolo tattico realizzato in tre mesi. Gli ho chiesto come sfruttare le opportunità della tecnologia digitale in ambito automobilistico, in particolare per automobili elettriche ed autonome.

(Alcune immagini ufficiali dell’Eneron Magnus)

Ecco le sue formidabili risposte:

“Disegnare un’automobile sostenibile oggi significa fare i velocisti, come Pietro Mennea. Quando spara quella pistola devi scattare con il progetto mezzo fatto. Wow! Tu dici che è impossibile? Invece ìi: guardate il progetto qui sopra. Lo stile è stato approvato tre giorni dopo l’inizio progetto! Tre giorni, non tre mesi o tre anni!”

“Queste sono le nuove regole del settore automotive, che è sempre più vicino alle logiche “fast” dei consumer goods, che vuole tutto per ieri. E guai se sbagli! La concorrenza è talmente forte che, se non reggi lo stress sei fuori. Come si può fare allora? Qualcuno direbbe utilizziamo la AI generativa. Eh già, AI risolve tutto.”

Assolutamente no, non basta. Sappiamo che la regola della AI generativa è “shit in – shit out”. Ovvero, sei tu il responsabile delle soluzioni bellissime o terribili che AI produrrà per te. Perché risponde agli input testuali che tu stesso gli dai. Se hai le idee confuse, vedrai dei risultati terribili! Se invece sai cosa vuoi, avrai tanta scelta. Non è molto diverso dal “brief” che un tempo veniva condiviso con il Product Marketing prima di prendere la matita ed iniziare a disegnare.”

“Vi ricordate le frasi di grandi costruttori di auto memorabili? Porsche: ‘Non riuscivo a trovare l’auto sportiva dei miei sogni, così l’ho costruita da solo’. O Ford: ‘È meglio vendere un gran numero di autovetture con un basso margine ragionevole che venderne meno con un ampio margine di profitto’. Non sono frasi fatte, sono consapevoli dichiarazioni della mission di un progetto che permettono di realizzare un progetto di successo applicando il principio dei ‘7 Habits of Highly Effective People’: Inizia con la fine in testa.”

“E’ così che bisogna impostare un progetto e tutta la supply chain che segue, così abbiamo portato la Magnus ad Abu Dhabi, usando un visione manageriale, unita ad esecuzione rigorosa, applicando un processo di sviluppo basato su un modello che è l’obiettivo del progetto, condiviso da chi si occupa di progettazione e realizzazione con tutti gli altri colleghi e funzioni aziendali coinvolte. Solo così abbiamo potuto costruire una concept-car come la mia ultima creatura in meno di 3 mesi in fase prototipale e portarla al mercato in meno di 18!”

Conclusioni: il segreto di un prodotto sostenibile

Sembra inevitabile che, per realizzare un prodotto veramente sostenibile, occorra ripensare l’intera filiera dello sviluppo prodotto, selezionando materie prime, lavorazioni e processi produttivi, fornitori e catena di fornitura con l’obiettivo dell’efficienza operativa, ma soprattutto indirizzando la progettazione del prodotto al riutilizzo o al riciclaggio ab ovo, anzi ex idea!

In effetti tutte le aziende hanno avviato un percorso di digitalizzazione e riduzione di processi obsoleti, ma occorre che le nuove esperienze e ricerche pensino allo scopo finale: come Steve Jobs ha inventato l’iPhone pensando ad un modo d’uso diverso del cellulare, della macchina fotografica e di altri dispositivi, così chi vuole progettare un nuovo oggetto sostenibile deve davvero pensare “out of the box”. Come ha fatto Mike con Magnus.

Occorre “rompere” con il passato e usare ogni tecnica e tecnologia, non solo sistemi PLM moderni, ma anche l’AI che può fornire ai progettisti una sorta di ChatGPT, che si chiama Generative AI ed è qui descritta da PTC, in grado di progettare in modo automatico e di valutare, ad esempio, quale impatto potrebbe avere un materiale rigenerato piuttosto che di uno nuovo, o una riduzione di peso o altro ancora.

Ne vedremo delle belle! Io ci credo e tornerò a scriverne con l’aiuto di altri esperti, per toccare nuovi paradigmi dello sviluppo prodotto come il Model Based System Engineering (MBSE), un approccio collaborativo che si riferisce alla gestione dei requisiti, alla progettazione, all’analisi, alla verifica e alla validazione nei processi di progettazione e sviluppo di sistemi complessi.

Solo usando tali modelli per progettare, simulare e testare un sistema prima che venga costruito fisicamente si riducono veramente tempi e costi di sviluppo, migliorando qualità e affidabilità del sistema/prodotto da realizzare.

Grazie e sono a disposizione per chi volesse parlarne!