Aziende, non esiste sostenibilità senza sicurezza

scritto da il 11 Dicembre 2023

Post di Claudio Salvador, Owner e Presidente AME, Advanced Microwave Engineering – 

Siamo tutti d’accordo sul fatto che un futuro sostenibile per le aziende oggi non possa più prescindere dai criteri ESG (Ambiente, Sociale e Governance) indicati dell’Unione Europea. Tuttavia, mentre si discute di strategie aziendali e indicatori di sostenibilità, è fondamentale comprendere che a monte di tutto questo vi è un elemento imprescindibile, senza il quale il concetto stesso di sostenibilità non avrebbe alcun senso: la sicurezza.

Questa non può continuare a essere intesa come uno dei tanti aspetti di valutazione del criterio “Sociale” bensì divenire un prerequisito per lo sviluppo di qualsiasi politica aziendale. Perché se è certamente legittimo e doveroso pensare alla sostenibilità aziendale in termini di impatto sull’ambiente, inclusione e servizi alle famiglie, è tuttavia bene ricordarsi che come prima cosa un lavoratore deve sentirsi al sicuro mentre svolge la sua professione, soprattutto in contesti ad alto rischio.

Le condizioni sul posto di lavoro e la sicurezza dei dipendenti

Gli incidenti sul lavoro e i near miss – i mancati incidenti, tutti quegli eventi legati allo svolgimento del lavoro che “avrebbero potuto” dare origine a un incidente o a un decesso, fortunatamente mancati anche solo per poco – non sono semplici statistiche: sono drammatiche realtà che indicano il rischio costante in cui si trovano i lavoratori e che devono essere affrontate con urgenza e determinazione.

Secondo i più recenti dati INAIL, le denunce di infortunio presentate all’istituto italiano nei primi otto mesi del 2023 sono state 383.242, quelle con esito mortale 657. Sebbene siano cifre in diminuzione rispetto agli anni scorsi occorre tenere in considerazione che sono pur sempre legate allufficialità della comunicazione (le “comunicazioni obbligatorie”): è abbastanza verosimile infatti pensare che le cifre siano molto più alte, soprattutto in certi contesti in cui i lavoratori non operano in regime di totale legalità e pertanto ciò che accade non può essere tracciato.

Infortuni e decessi restano dunque un’emergenza in parte silenziosa. Ma quali politiche sono state messe in atto fino a oggi per ridurli?

La tecnologia primo alleato della sicurezza

Il tema della sicurezza in azienda è ancora fortemente ancorato agli obblighi formativi, dove tuttavia viene inquadrata in una modalità “passiva” (passive safety) legata all’uso dei dpi (i dispositivi di protezione individuali come caschi, imbraghi e altre attrezzature) che danno l’illusione di poter “controllare” gli eventi rischiosi. In realtà queste giuste e doverose protezioni possono sì contingentare gli effetti infausti di un incidente ma non prevenirlo. Quello a cui si dovrebbe puntare, invece, è un più ampio approccio di “sicurezza attiva” (active safety) orientato alla prevenzione, dove l’utilizzo della tecnologia sia in grado di elevare gli standard di protezione dagli infortuni e, in questo modo, evitarli.

In secondo luogo, chi valuta il grado di rischio di un evento che ha luogo, per esempio,  in un impianto? In passato si è sempre fatto affidamento su una valutazione “soggettiva” della realtà, basata sull’esperienza dei singoli e su interpretazioni individuali. Anche qui le nuove frontiere tecnologiche, con il supporto dell’Intelligenza Artificiale e l’analisi dei big data, insieme a sistemi avanzati di sensoristica, consentono oggi di valutare in maniera oggettiva il contesto reale di rischio nei luoghi di lavoro. Queste innovazioni non solo identificano situazioni potenzialmente pericolose ma adottano azioni immediate per mitigare tali rischi e migliorare anche l’efficienza complessiva delle operazioni.

Garantire la sicurezza è possibile già oggi

Attraverso lanalisi di tutte le detection ambientali di un impianto o sito industriale oggi siamo già in grado, da una parte, di fornire in tempo reale la fotografia dello stato di sicurezza ed efficienza di qualsiasi contesto lavorativo (anche complesso o ad alto rischio come cantieri, porti o impianti industriali) attraverso l’elaborazione di semplici indici numerici e intuitive dashboard di lettura (data analysis) che non richiedono competenze tecnologiche complesse; dall’altra, possiamo garantire ai dipendenti di svolgere il proprio lavoro in sicurezza grazie a sistemi anticollisione per carrelli elevatori o dispositivi che monitorano e prevengono incidenti veicolo-persona, gestiscono la viabilità interna (flussi logistici aziendali) o gli accessi in determinate aree, azionano allarmi e monitorano evacuazioni.

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Immagine di Jeriden Villegas per Unsplash

Un esempio tipico è quello del lavoratore a piedi che si trova a una certa distanza da un carico movimentato da un carrello o da una gru: in questi casi è possibile generare un segnale o un suono che avverta il driver del mezzo in merito al rischio specifico. Meglio ancora, se il lavoratore si trova addirittura più vicino, è possibile decidere se rallentare la macchina o bloccarla del tutto e fare sì che questo processo si attivi automaticamente. Questo perché una manovra non perfetta o un carico non posizionato correttamente possono rappresentare un caso tipico di “near-miss”.

Bluetooth e sensori per segnalazioni in tempo reale

Oggi tecnologie come la LPS – Local Positioning System consentono di individuare la posizione degli operatori rispetto ai veicoli con prestazioni più affidabili e precise di ogni altro sistema di anticollisione. Grazie a dispositivi connessi via Bluetooth o cavo, installabili su carrelli elevatori, escavatori, carriponte, AGV e su qualsiasi tipo di macchina operatrice, questi sistemi permettono la visualizzazione e la segnalazione in real time della presenza e della posizione dell’operatore dotato di sensore wearable in situazione pericolosa.

È chiaro come tutte queste soluzioni possano essere un forte alleato nella promozione di un ambiente di lavoro sicuro. Tuttavia il tasso di adozione di queste tecnologie, in Italia come all’estero, è ancora limitato. Quali sono gli ostacoli e quali azioni sono necessarie?

Cambio di mentalità

Occorre innanzitutto un cambio di mentalità in chi fa impresa, in chi lavora e in chi governa: i cori di proteste che si sollevano in concomitanza con l’ennesimo incidente mortale sul lavoro dovrebbero avere la stessa forza quando si parla di prevenzione (e non solo formazione obbligatoria). Dal nostro osservatorio ci rendiamo conto che la maggior parte di coloro che si dotano di sistemi di questo tipo lo fa solo a incidente avvenuto, non prima. Il concetto di sicurezza sul lavoro come priorità dovrebbe invece permeare la cultura dimpresa, a partire dal management che prende le decisioni di spesa per poi scendere a cascata su tutto il personale, affinché possa guadagnare sempre più spazio all’interno delle valutazioni collegate ai criteri ESG. E con tempistiche adeguate, peraltro.

Incentivi e agevolazioni fiscali

Dall’altra parte, chi governa potrebbe avviare politiche di incentivi e agevolazioni fiscali più incisive per incoraggiare le nostre aziende ad abbracciare l’innovazione per la sicurezza sul lavoro se non persino rendere questo “salto tecnologico” non più un’opzione ma un obbligo di legge. I bandi periodici sono sì utili ma spesso si rivelano soluzioni tampone: le politiche potrebbero essere inquadrate in un orizzonte temporale più vasto e meriterebbero anche una comunicazione più efficace e capillare presso le imprese per una progressiva presa di coscienza.

Iter burocratico snello e sensato

In un paese come il nostro, popolato da uno zoccolo duro di PMI di diversa natura, con caratteristiche e necessità quanto mai variegate, il sistema del click day non può risultare efficiente poiché non stimola l’azienda all’investimento ragionato, modulare e su misura e non sprona la pubblica amministrazione a valutare la ragionevolezza dei bisogni e la bontà dei progetti presentati da ciascuno. Sappiamo tutti benissimo come le aziende si preparino a queste scadenze, esternalizzando ad agenzie preposte la gestione del bando e la rapidità del “click”, con modalità più o meno condivisibili. Se questo stesso capitale disponibile venisse invece determinato sulla base di un’attenta analisi dei bisogni, forse si riuscirebbe davvero a premiare coloro che investono ragionevolmente nella sicurezza sul lavoro di lungo periodo.

Sicurezza come diritto e per contratto

Infine, a pretendere maggiore sicurezza dovrebbero essere i lavoratori stessi: ci è capitato di tornare nei cantieri dove operiamo e sentire con le nostre orecchie che il personale ormai non vuole più lavorare senza queste garanzie. Sono ormai parte del loro equipaggiamento standard e in loro assenza non si sentono protetti. Così come sono abituati ad agganciarsi a una linea vita quando lavorano in altezza, oggi si stanno abituando a sentire un allarme se un carico o un mezzo si stanno progressivamente avvicinando; sanno anche che il carrello rallenta automaticamente in un’area trafficata o prima di una curva, se c’è un pedone.

La tecnologia per la sicurezza dovrebbe entrare pian piano a far parte dei servizi garantiti per contratto, ancor prima della mensa, del trasporto verso il luogo di lavoro o dell’asilo aziendale. Deve essere una priorità assoluta perché senza questo gli altri perdono di significato.

Non esiste progresso senza sicurezza e l’innovazione può essere un forte alleato. Ma occorre che ciascuno faccia la propria parte affinché tornare a casa dopo una giornata di lavoro possa continuare a essere un diritto di tutti.