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Anziani in pensione, il dilemma: meglio prima o dopo?
Post di Mariano Carrella per INSIGHT –
Si sente spesso dire in giro che per fare largo ai giovani gli anziani dovrebbero lasciare i loro posti di lavoro. Ma è effettivamente così? Come si aziona il mercato del lavoro? Come funziona invece il sistema pensionistico? Un anziano che si ritira vuol dire in effetti un giovane in più a lavoro o è un errore contro-intuitivo che contraddice le leggi dell’economia?
Il mercato del lavoro è un luogo dinamico
Il mercato del lavoro è un luogo attivo e in continua evoluzione, non segue logiche ordinarie di spazi o quantità fissi ma si flette e si confà alle correnti socioeconomiche. E così sono i suoi protagonisti, attivi e insostituibili nelle proprie abilità e competenze. I lavoratori acquisiscono nuove competenze e si adattano alle mutevoli esigenze del mercato del lavoro in cui la formazione continua e la riqualificazione si rivelano cruciali per mantenere la propria rilevanza e insostituibilità. E allora, dunque, non essendo numeri, un anziano non avrà caratteristiche che un giovane può rimpiazzare così facilmente, e viceversa. Allo stesso modo, il mercato del lavoro non è un “gruzzolo” fisso in cui se qualcuno prende una parte più grande, altri devono prendere una parte più piccola. Quest’errore concettuale ha il nome di “Lump of Labour Fallacy” ed è una fallacia che contraddice i principi fondamentali dell’economia. Ma perché funziona così?
Il lavoro genera lavoro
L’economia è altresì dinamica, l’occupazione e le opportunità di lavoro in un’economia non sono statiche. L’economia è in costante cambiamento a causa di fattori come la crescita economica, l’innovazione tecnologica e i cambiamenti nelle esigenze dei consumatori. Ciò significa che ci sono costantemente nuove opportunità di lavoro che emergono in settori diversi, anche quando la logica porterebbe a infierire il contrario.
La domanda di lavoro può generare offerta di lavoro. Un aumento dell’occupazione o delle migliori condizioni lavorative per alcuni gruppi di lavoratori può effettivamente stimolare la domanda di beni e servizi, il che può a sua volta creare nuove opportunità di lavoro in altri settori. Ad esempio, banalmente, se ceteris paribus i salari reali aumentano, il potere d’acquisto delle persone aumenta e così aumenta la domanda di prodotti e servizi. Parimenti, anziani in più a lavoro potrebbero stimolare nuova crescita economica e quindi, ceteris paribus, maggiore offerta di lavoro ovvero minore disoccupazione. In un’economia ben funzionante, allora, molto probabilmente non ci sarà nessuna correlazione, se non addirittura positiva, tra pensione anticipata e disoccupazione giovanile.
Un sistema fiscale instabile
Un anziano che si ritira un anno prima significa anche un anno aggiuntivo di assegno pensionistico da erogare. Pensione prematura implica infatti anche un legame diretto con un aumento del carico di pressione fiscale sul sistema pensionistico, che, specialmente in Italia, non è per niente trascurabile, come ben sappiamo e riportiamo di nuovo nella figura sottostante.
Un anno dopo per alleviare la pressione finanziaria
Questo carico aggiuntivo vale anche nel nuovo sistema attuale italiano PAYGO a contributo definito. Il nostro sistema di calcolo delle pensioni è infatti quasi attuarialmente equo e cioè prende in considerazione sia i contributi individuali versati che il contributo medio pagato dai lavoratori attivi. In parole semplici, poiché la pensione dell’anno successivo avrebbe un valore maggiore e includerebbe anche i nuovi contributi pagati, la volontà del lavoratore di ritirarsi o rimanere a lavoro (e cioè rinunciare ad un anno di pensione e pagare un anno di ulteriori contributi) non sarebbe distorta dalle politiche pensionistiche.
Tuttavia, questo vantaggio marginale è solo apparentemente inesistente. Infatti, anche in un sistema pensionistico basato su un contributo definito, scegliere di andare in pensione prima comporterebbe comunque una riduzione dei ricavi dalle imposte generali pagate per un anno in meno. Questa opzione potrebbe non essere la scelta ottimale in un sistema pensionistico che mira anche ad un equa redistribuzione monetaria.
I vantaggi sociali della pensione tardiva: ulteriore creazione di lavoro
D’altro canto, l’aumento dell’età pensionabile potrebbe avere un impatto positivo anche su altri aspetti della società. In primo luogo, potrebbe servire da incentivo per una maggiore istruzione e formazione, poiché le persone sarebbero consapevoli della necessità di lavorare per un periodo più lungo e quindi di un Valore Attuale Netto salariale potenzialmente maggiore.
Questo, andando a sommarsi anche alla presente consapevolezza di un’aspettativa di vita maggiore (specialmente per le donne), potrebbe tradursi anche in una forza lavoro più qualificata (più gender-equal) e preparata per affrontare le sfide del mondo del lavoro in rapida evoluzione. Ciò, a sua volta, non solo stimolerebbe maggiormente l’offerta di lavoro e la creazione di nuove opportunità lavorative ma potrebbe anche sostituire e quindi “registrare” il lavoro domestico non più svolto dalle donne in età pensionabile, contribuendo ulteriormente alle entrate statali e all’occupazione regolarizzata per mansioni domestiche o per la custodia dei figli.
Competenze sempre più cognitive e meno fisiche
Inoltre, con l’espansione dei settori legati all’assistenza tecnologica e manageriale, la questione della diminuzione della forza fisica con l’età diventa meno rilevante. Questi settori, che richiedono competenze cognitive e decisionali, stanno diventando sempre più importanti nell’economia moderna, anche in termini propriamente di crescita del PIL. L’aumento dell’età pensionabile potrebbe contribuire a garantire che le persone attive in questi settori ad alta remunerazione rimangano più a lungo nel mercato del lavoro, andando a stimolare esponenzialmente la crescita economica e soprattutto anche le entrate fiscali.
Va notato peraltro che spesso sono infatti i lavoratori meno qualificati ad andare in pensione prima, e se l’aumento dell’età pensionabile può dunque portare ad una forza lavoro più istruita, allora si potrà assistere anche ad una crescita economica e occupazionale sostenuta, una riduzione dell’onere finanziario sul sistema pensionistico e del cuneo fiscale, e infine una maggiore equità distributiva.
Come incentivare piuttosto che imporre la pensione più tardi?
Se non si volesse imporre questa scelta ci sarebbero anche metodi alternativi per stimolare (in modo non attuariale) il pensionamento tardivo. Un esempio potrebbero essere imposte che decrescono in base all’età, accompagnate da una riduzione dell’orario lavorativo. Questo incentiverebbe i lavoratori a prolungare la loro vita lavorativa, potrebbe migliorare la loro salute e la loro produttività e allo stesso tempo non rappresenterebbe un costo maggiore per le imprese che pagherebbero i lavoratori agli stessi salari mensili ma a più alti salari orari che però compenserebbero con il ricavo dalla riduzione delle imposte.
Questo potrebbe aggravare l’onere finanziario del sistema pensionistico, ma aumentando direttamente l’offerta di lavoro (ad es. per rimpiazzare le ore mancanti), la produttività di lavoro marginale specialmente per lavori manageriali, la salute, il benessere, la formazione antecedente, gli standard di ammissione, l’introito dalle imposte su salari ad alta remunerazione, e la crescita dell’economia e a sua volta ancora dell’offerta di lavoro, potrebbero avere riscontri molto benefici sull’occupazione e sulla pressione fiscale a lungo termine.
Un’altra soluzione ottimale sarebbe costituita dall’inserimento di fasce contributive di modo che i lavoratori possano scegliere più liberamente e consapevolemente l’ammontare di contributi da pagare entro un certo scaglione di sicurezza in base anche alle proprie necessità di consumo attuali e alla propria propensione al rischio. Questo ridurrebbe le distorsioni sugli incentivi lavorativi e potrebbe anche aumentare il livello di consumo e investimento presenti, così come un senso di fiduciosa impressione comune.
Oltre che salario e tasse, c’è dell’altro dietro la scelta di andare in pensione
Ciononostante, come sempre, anche i fattori sociali oltre che economici vanno presi in considerazione per un’appropriata analisi politica normativa. Per questo motivo, semplicemente incentivare e non indurre il pensionamento tardivo potrebbe in realtà essere subottimale. La maggior parte dei dati riporta infatti che i vantaggi economici marginali non sono quasi per niente considerati dagli anziani in età pensionabile, quanto invece lo sono il peer effect, le condizioni di salute o familiari, e il patrimonio personale. Come si evince dal grafico sottostante, anche se il Valore Netto Attuale del reddito continuerebbe ad aumentare se gli anziani estendessero ulteriormente la loro vita lavorativa, questi in media scelgono comunque delle età precise ed esenti da apparenti particolari considerazioni economiche favorevoli per ritirarsi.
Rimediare al deficit fiscale anche per via alternative
In conclusione, sebbene siano stati commessi degli errori molto gravi nel passato circa la generosità delle pensioni, è opportuno non perseverare nell’errore per inerzia o abitudini di consumo. C’è molto da rimediare e l’aumento dell’aspettativa di vita insieme con il declino della fertilità non aiutano affatto. Vanno prese articolate soluzioni razionali e imparziali, anche circa settori diversi e supplementari. Immigrati regolarizzati che pagano tasse, contribuiscono in positivo al sistema fiscale e che, come solitamente succede, tornano in patria prima dell’età pensionabile, potrebbero per esempio rivelarsi decisivi.
La flessibilità del sistema pensionistico può altrettanto rivelarsi cruciale. Questo includerebbe la possibilità di pensionamento anticipato per coloro che hanno compromissione fisica o mentale, o che potrebbero avere difficoltà a trovare un nuovo impiego agevolmente. Parimenti, dare la possibilità di ritornare nel mondo del lavoro dalla pensione potrebbe rivelarsi altresì efficace.
Le soluzioni sono tante. L’importante sarà sempre superare i giudizi affrettati e faziosi e combinare efficientemente sempre più competenze e conoscenze.