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L’inarrestabile fenomeno della Dupe economy e il diritto di marchio
Post di Elisabetta Berti Arnoaldi, partner Studio Sena & Partners –
La Dupe Culture è nata negli Stati Uniti e, attraverso social ed influencer, si è diffusa molto rapidamente anche in Europa.
La dimensione economica importante del fenomeno dipende dal fatto che coinvolge ampiamente le ultime generazioni che amano ostentare i simboli del lusso e, non potendoseli permettere, orientano i loro acquisti verso abiti, accessori, profumi e prodotti cosmetici che riproducono (anzi duplicano, da cui il termine “Dupe” che, peraltro, significa anche imbroglio, inganno e persino ‘credulone’ riferito allora all’utente) quelli originali.
Nella comunicazione commerciale che li riguarda i Dupe vengono presentati accostandoli ai prodotti originali che vengono chiaramente identificati attraverso i relativi segni distintivi.
E’ così che si trovano in circolazione presso la grande distribuzione e attraverso i Social, cataloghi e listini in cui, per esempio, un profumo denominato “Saphir donna” è rappresentato accanto a “Burberry pour femme” di cui viene detto essere l’equivalente, mentre un altro denominato “Flowers de Saphir” è a sua volta rappresentato accanto a “Gucci Bloom” con il quale se ne afferma la corrispondenza.
Dupe come falsi d’autore
Le modalità con cui vengono offerti sul mercato i Dupe corrispondono a quelle impiegate in passato per le “equivalenze” o per i “falsi d’autore” diffusi anch’essi soprattutto nel settore dei cosmetici e dei profumi e, come già in quei casi più antichi, comportano un forte rischio di erosione di selling power, valore attrattivo e capitale pubblicitario incorporati dai segni distintivi dei prodotti originali.
Proprio delle tecniche commerciali di questo tipo è infatti il richiamo esplicito ai segni distintivi che identificano il prodotto originale di cui si offre la copia, al marchio oltre che a tutti gli elementi tipizzanti del confezionamento.
Questo perché conoscenza e riconoscibilità dell’originale sono le condizioni per il successo commerciale dell’operazione.
Esattamente nello stesso modo in cui, in un contesto culturale, il divertimento del pubblico di fronte ad una parodia dipende dalla conoscenza e dalla riconoscibilità del soggetto di cui si tratta.
La salvaguardia del valore dei marchi, con e senza rinomanza
Lo scopo di chi produce e commercializza i Dupe, come già le “equivalenze” ed i “falsi d’autore”, è distinguere, non confondere, come quando si attenta alla funzione distintiva del marchio altrui utilizzandolo abusivamente per identificare i propri prodotti.
Ci si domanda allora se in questi casi sia dato al titolare di azionare la esclusiva sul marchio per salvaguardarne il valore evocativo, per evitare il pregiudizio che potrebbe derivare dal suo accostamento a prodotti di livello inferiore e, comunque, con un target che non coincide con quello dei prodotti che il marchio identifica.
La risposta positiva appare scontata nel caso in cui il marchio appartenga alla categoria di quelli che “godono di rinomanza”, categoria per la quale la normativa sui marchi prevede espressamente una tutela estesa ad ogni tipo di uso che terzi ne facciano anche in funzione diversa da quella distintiva.
Ma si può oggi ritenere che anche un marchio ordinario, vale a dire che non possiede il carattere della rinomanza richiesto dalla legge sui marchi per una tutela allargata, sia destinato ad essere azionato con successo in tali contesti.
Dupe e sussistenza della contraffazione
Questa valutazione, oltre a corrispondere ad una articolata interpretazione delle norme pertinenti, risulta concretamente ipotizzabile sulla base degli orientamenti giurisprudenziali che si sono formati in materia di “equivalenze” e di “falsi d’autore”.
Maturando una maggiore consapevolezza del valore dei segni distintivi come asset fondamentali dell’azienda, i Tribunali hanno infatti finito per contenere entro stretti limiti le ipotesi scriminanti dell’uso del marchio altrui quand’anche in funzione descrittiva.
Appare allora decisamente significativo che in più di un’occasione sia già stata specificamente negata la necessarietà dell’impiego del marchio altrui per descrivere la fragranza di un profumo quand’anche effettivamente equivalente a quella del profumo di un diverso produttore e che, in tali contesti, sia stata ritenuta la sussistenza dell’illecito di contraffazione.