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Influencer marketing e trasparenza, l’esame della Commissione Ue
Post di Maria Luigia Franceschelli, Counsel di Hogan Lovells, Studio Legale Internazionale –
Nel 2023 19,98 miliardi di euro. È questo il valore globale dell’influencer marketing secondo i dati condivisi dalla Commissione europea in una nota pubblicata il 17 ottobre. Una pratica pubblicitaria che si è rivelata di straordinario successo, per la sua grande efficacia e versatilità.
Eppure, la Commissione conferma anche che, da un punto di vista legale, si è ancora lontani dall’obiettivo: brand e influencer non sembrano seguire le regole.
Da qui la necessità di lanciare un’attività di monitoraggio del mercato coordinata a livello europeo, che è stata annunciata nella stessa nota. Nelle prossime settimane, le autorità nazionali del Consumer Protection Cooperation Network scandaglieranno il web, per verificare se i contenuti condivisi dagli influencer siano ingannevoli e quindi contrari alla normativa vigente.
Occorre ricordare che i soggetti coinvolti nell’influencer marketing sono tre: un brand, che vuole promuovere i propri prodotti o servizi; un influencer, ossia un soggetto che è in grado, con le proprie attività di comunicazione sul web, di influenzare le scelte dei suoi follower e del pubblico; e il pubblico stesso, che fruisce del messaggio pubblicitario.
Influencer marketing, il problema chiave è la trasparenza
La nuova manovra promossa dalle autorità europee conferma che il problema chiave di questo tipo di pratica pubblicitaria resta sempre lo stesso: la trasparenza. Influencer e brand molto spesso non rendono palese, nel contenuto diffuso dall’influencer per promuovere i prodotti del brand, l’esistenza del loro rapporto commerciale. Vi sono quindi due spinte contrapposte. Da un lato le autorità, che chiedono maggior chiarezza a tutela degli utenti. Dall’altro lato, i brand e gli influencer, che vogliono far leva sulla fiducia esistente tra l’influencer e i propri follower per creare contenuti accattivanti, che si inseriscano nella storia narrativa dell’influencer in maniera il più naturale possibile.
Non è una novità che le autorità facciano presente che il consumatore a cui è diretta la pubblicità debba essere messo nella condizione di comprendere facilmente la natura commerciale della comunicazione nel momento stesso in cui ne fruisce, e non sia invece portato a pensare che il contenuto sia frutto della spontanea e onesta opinione di chi lo condivide.
È vero che, negli anni, la percezione degli utenti nei confronti di questo tipo di pubblicità è profondamente cambiata. Agli esordi, infatti, il consumatore non conosceva affatto l’influencer marketing ed era portato a confondere un contenuto pagato per un contenuto genuino.
Le ragioni della stretta
Ora non è più così, l’influencer marketing è una pratica nota. Ciononostante, la nuova stretta si rende necessaria per due ordini di ragioni. In primo luogo, assistiamo ad un continuo evolversi di questo tipo di comunicazione. Brand e influencer hanno infatti nel tempo sviluppato tecniche di comunicazione sempre più sofisticate, che possono ancora ingannare l’utente. Basti pensare ai cd. candid shooting orchestrati dai brand, spesso appositamente non dichiarati.
Influencer e mancata conoscenza delle regole
Non solo. Da una analisi del mercato – ma vedremo se il monitoraggio lo confermerà – sembra emergere, quantomeno in Italia, una preoccupante disapplicazione delle norme da parte dei brand e degli influencer. Alcuni sono riluttanti nell’inserire quegli accorgimenti (hashtag, caption, e così via), richiesti dalla legge e ribaditi dalle autorità in diverse decisioni, perché snaturerebbero il contenuto o lo renderebbero meno persuasivo.
Ancor più spesso si osserva una grande confusione e la mancata conoscenza delle regole applicabili, soprattutto da parte degli operatori più piccoli, come micro e nano influencer, che il più delle volte non hanno alcun supporto legale o un’organizzazione alle spalle. Molti si continuano a chiedere: “Se mi fanno un regalo, devo indicare qualcosa?”, “Se posto più contenuti di quelli per cui mi ha pagato un brand, devo comunque scrivere #advertising?”, o, ancora, “Indicare semplicemente “grazie” e taggare il brand è sufficiente?”. Le linee guida vigenti in Italia rispondono a tutte queste domande, ma sono per lo più ignorate.
È in questo contesto che è stato istituito anche l’Influencer Legal Hub, un sito informativo europeo diretto principalmente a influencer e brand, che ha l’obiettivo dichiarato di spiegare le regole, per favorirne l’applicazione, garantendo maggior accessibilità e facilitando la loro comprensione da parte di chi non ha un background legale.
Il coinvolgimento delle celebrities: Chiara Ferragni
A livello nazionale è in verità da tempo che le nostre autorità – soprattutto l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria – promuovono campagne di sensibilizzazione, coinvolgendo anche celebrities note a livello internazionale, come Chiara Ferragni, una delle prime influencer che, tramite la propria società TBS Crew, è divenuta socia dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, impegnandosi in prima persona.
L’impressione è che le autorità europee e nazionali stiano lavorando su più fronti per sensibilizzare il mercato e creare un mondo virtuale più sicuro e rispettoso delle regole, ben consapevoli del ruolo centrale che il digitale ha assunto a livello globale. I dati raccolti dal monitoraggio confluiranno difatti nel Digital Fairness fitness check, un’iniziativa europea che è stata avviata dalla Commissione con il fine dichiarato “di determinare se i principali strumenti orizzontali esistenti del diritto dei consumatori siano ancora adeguati a garantire un elevato livello di protezione dei consumatori nell’ambiente digitale”.
Nuove regole in vista per il mondo degli influencer
I risultati del monitoraggio, letti nell’ambito di questa iniziativa, potrebbero portare dunque a una modifica delle normativa vigente per adattarla all’online e all’adozione di regole specifiche in materia di influencer marketing e, più in generale, di pubblicità digitale.