categoria: Vicolo corto
Non solo formazione permanente: ecco la legge dei 4 lavori
Il mondo del lavoro continua a evolversi; ormai un singolo lavoro non basta più. In passato scrissi dell’obbligo dei 3 lavori: ipotizzavo che fosse necessario strutturare il proprio tempo lavorativo includendo più di un’attività. Lo ammetto, mi sono sbagliato o, quanto meno, sono stato impreciso. Tre lavori non sono abbastanza, meglio averne quattro. Ho pensato di discutere i 4 lavori con dei campioni che, nel loro ambito, sono esperti in queste attività.
Per comodità ho dato per assunto che il primo lavoro, quello che ci paga la pizza tutti i giorni, sia un dato assunto per ogni lettore.
Formazione da stop and go a permanente
In passato il percorso di formazione era lineare: scuola dell’obbligo, studi superiori, università. Di qui poteva esserci un MBA o un dottorato, ma non erano ritenuti fondamentali. Finito lo studio si cominciava a lavorare e la formazione aggiuntiva veniva fornita dal datore di lavoro. Oggi la velocità dei cambiamenti, dal mondo digitale alla geopolitica, sono tali che i corsi aziendali sono insufficienti. Le fonti di informazione e i contenuti per aggiornarsi sono disponibili ma la capacità e il tempo per valorizzarli sono limitati, sia per un manager che per un imprenditore. Diviene imperativo avere una formazione continua che, durante l’intero anno, possa trasmettere al meglio gli elementi di cambiamento più significativi per ogni settore industriale.
“Noi veniamo da un modello di formazione che potremmo chiamare Stop and Go. Ci si forma e poi si comincia a lavorare. Un modello che oggi non è più sufficiente”, mi spiega Federico Frattini, Dean POLIMI Graduate School of Management. “Se guardiamo ai dati, notiamo che solo il 20,6% dei giovani tra 25 e 34 anni in Italia è laureato. Aggiungiamo che, mediamente, un manager legge meno di un libro all’anno. Non sono dei buoni segnali. Restare professionalmente rilevanti, con il mondo che muta cosi velocemente, richiede di stare sempre aggiornati. Il mercato del lavoro è sempre più fluido e le skills di una persona, hard o soft, si devono evolvere sempre più rapidamente”.
“Oggi la formazione è disponibile e accessibile in differenti modalità: in presenza o remoto, frazionata nella settimana oppure full time, in italiano o in inglese. Le tipologie di formatori sono egualmente varie: dai manager a docenti universitari, dai giornalisti agli imprenditori. A mio avviso una formazione continua oggi deve attingere a piene mani a tutte queste forme, e mescolarle sapientemente. E deve anche stimolare il pensiero critico e la consapevolezza di tutti noi. In tal senso il nostro nuovo Full Time MBA ha introdotto un nuovo approccio nella formazione manageriale di alta qualità”.
Formarsi, anche da sé, per i lavori su misura
La formazione di un manager diviene ancora più importante quando decide di fare il grande passo: lasciare un’azienda e creare una sua realtà.
“Quando decisi di fondare la mia azienda ammetto che l’inizio fu sfidante”, mi conferma Andrea Pietrini Chairman di YOURgroup. “Anni come Cfo non mi avevano preparato a quello che mi aspettava. In particolare i primi anni, in parallelo con la mia attività di neo imprenditore, ho dovuto investire molto in formazione: andavo ad ogni conferenza o seminario legati al mio settore. Spesso mi sono trovato a confrontarmi, diciamo una formazione indiretta, con altri manager divenuti imprenditori come me. Devo ammettere che creare una realtà di Fractional manager aveva una sfida aggiuntiva che non avevo considerato inizialmente: il fractional manager, in Italia, non esisteva prima che creassi YOURgroup. Se da un lato questo mi ha permesso di crescere e costruire le regole del settore, dall’altro ho dovuto fare formazione a me stesso. Anche il libro che ho scritto alcuni anni fa mi è servito per strutturare un pensiero che mi ha ulteriormente aiutato a gestire la mia realtà”.
Perché è fondamentale la formazione permanente
Il tema formazione permanente è un aspetto rilevante anche per Stefano Balsamo, creatore, tra le tante, dell’Associazione Canova Club, una vita passata nel mondo delle banche, commerciali prima, nel Credito Italiano, e d’affari tuttora, in JPMorgan. “Formazione permanente è, ovviamente, più che fondamentale per poter lavorare proficuamente durante tutto il percorso professionale. Una auto-formazione massima all’inizio, perché la scuola e l’università non possono preparare allo specifico lavoro che si svolge. C’è poi una necessità di aggiornamento costante, man mano che si va avanti nella carriera/attività professionale. Alla formazione basica, cui provvede spesso il datore di lavoro, si deve aggiungere quella a cui tu stesso devi provvedere, se ne capisci l’importanza”.
“Più accumuli esperienze e competenze, come fosse una rete sempre più fitta, più rimangono dentro la rete sempre più elementi di formazione del tuo bagaglio professionale, che diventano nuove esperienze che rendono più fitta la rete che è così in grado di trattenere più formazione consapevole o inconsapevole. Parlo così anche per la mia esperienza professionale e personale, che ha beneficiato grandemente della doppia cultura, inclusa quella sociale e politica, a cui sono stato esposto: quella italiana e quella anglosassone/americana. Doppia esperienza che mi ha dato un grande vantaggio competitivo rispetto a chi che ne aveva una sola. Oggi, però, con internet ed un buon inglese puoi formarti da solo su base planetaria! Senza, sei ai margini, pronto ad essere espulso al primo starnuto dell’azienda in crisi”.
E perché sono fondamentali networking e relazioni
Il futuro multipolare, la pervasività crescente del mondo digitale, i cambiamenti demografici sono solo alcune delle sfide che già oggi si manifestano con crescente veemenza; rendendo la vita di manager e aziende sempre più sfidante. In un contesto così multiforme le relazioni umane sono più vitali che mai in ambito lavorativo.
“Non è mai stato un lavoro per me, inteso come fatica, ma un vero e proprio enorme, costante piacere su cui ho costruito molto della mia vita personale e professionale”, mi spiega Stefano Balsamo. “E ciò fin da ragazzino, quando organizzavo la squadra di calcio del quartiere ed a seguire il ballo ed il cabaret per la comitiva. La leadership così conquistata, con l’essere proattivo, mi ha messo nelle condizioni di gestire le relazioni in modo diretto, o indiretto, attraverso quelle dirette, in qualsiasi ambiente, capitalizzando le tante esperienze accumulate da tutti i componenti del “gruppo” messe a fattor comune, cioè usufruibili da tutto il gruppo. Umane competenze ed esperienze, queste ultime, fondamentali come bancario di Morgan Vonwiller prima e banchiere d’affari con JPMorgan dopo e nel costruire tre Associazioni che coordinano una trentina di service tra Roma e Milano, non profit, gestite da volontari, ed allargando grandemente le relazioni sociali, utili con continuità d’amicizia anche per le relazioni professionali.”
Una formazione anche per le relazioni umane?
Le relazioni umane e l’attività di networking sono vitali anche per Frattini. “Esistono molti studi sul ruolo e sull’importanza del capitale tecnologico o finanziario per l’innovazione ed il successo di un business, nella letteratura accademica e manageriale; tuttavia sono ben pochi, e solo recenti, gli studi sul valore del capitale sociale e relazionale. La vera sfida oggi è portare il patrimonio relazionale-sociale di ogni persona-manager a sistema, per farlo diventare una risorsa di cui può beneficiare nel suo complesso l’intera organizzazione. Comprendere come valorizzare il proprio capitale sociale è fondamentale per ogni manager e imprenditore”.
“Negli USA, per esempio, sono stati creati ruoli precisi per questo tipo di attività come il chief stakeholder officer. La sua funzione è gestire strategicamente le relazioni dell’impresa con i suoi stakeholders. In Italia un ruolo simile non esiste ancora. A mio avviso sarebbe opportuno che i manager e gli imprenditori cominciassero a ragionarci, pensando ad evoluzioni di questo ruolo verso la figura del networking officer”.
Se le relazioni e il networking appaiono attività obbligatorie, specialmente oggi, è importante comprendere quanto queste relazioni possano anche essere portatrici di innovazione.
“La vera sfida, nel mondo digitale, è focalizzare lo sviluppo del proprio capitale relazionale, per favorire l’innovazione”, chiarisce Frattini. “Nella nostra business school insegniamo il valore delle relazioni umane e professionali. Noi stessi come docenti creiamo relazioni durature con gli studenti e portiamo sempre nuovi lecturer nelle nostre aule, che possano dare un valore in termini di competenza ma anche di tipo relazionale. Il mondo del networking vive anche di super connettori: quegli individui che, per capacità o doti naturali, sono punti di riferimento per centinaia se non migliaia di altri professionisti e imprenditori. Questi individui sono un valore assoluto e nella nostra business school e cerchiamo sempre di coinvolgerli perché siano esempio per i nostri alunni ma anche un valore rappresentato dalla loro rete”.
Formazione alla gestione sapiente dei rapporti umani
Le relazioni e la valorizzazione del network, in termini umani prima di tutto, sono alla base del successo di Pietrini.
“Ho sempre pensato che il successo di un’iniziativa o un’azienda fosse un lavoro di gruppo. Menti illuminate individui che hanno una visione che cooperano insieme al fine di raggiungere un obiettivo comune. Un uomo o una donna, da soli, ritengo abbiano un raggio limitato di azione. Ho creato la mia azienda fondandola sul valore che la rete può creare. In un mondo che sempre più si spinge verso la quantificazione asettica dei dati, dove entità sintetiche occupano posizioni lavorative prima gestite da biologici, una delle cose che acquisisce sempre maggior valore è l’empatia e tutte le altre soft skill che attengono all’essere umano. I rapporti umani a mio avviso sono alla base del successo delle aziende. Mai come in questo nascente secolo le interazioni umane sono il vero valore per ogni azienda, manager, imprenditore e fractional manager.”
Personal branding, concetti e passi fondamentali
La gestione dell’immagine di ognuno di noi, nell’epoca del social, è divenuta un’attività che deve essere pianificata e strutturata con attenzione.
“Il primo valore di fare personal branding è al servizio dell’organizzazione di cui si lavora”, mi spiega Frattini. “CEO branding è la parola che mi viene in mente subito: ogni leader di un’organizzazione deve valorizzare sé stesso in virtù della attività del suo gruppo. È fondamentale per un leader poter sfruttare ogni opportunità, fisica o digitale, per portare valore alla sua organizzazione tramite la capacità, innata o acquisita, di amplificare la sua immagine lavorativa e personale, e trasmettere ciò in cui lui e le persone che lavorano con lui credono. Il personal branding si traduce poi, in sinergia con la capacità di fare network, in una miscela vincente che consente di valorizzare il proprio capitale sociale. Nel mio prossimo libro intitolato Innovationship parlerò proprio di queste tematiche”, conclude Frattini.
Anche Pietrini mi spiega che “oggi giorno gli strumenti che permettono di magnificare lo storytelling, le azioni e le visioni di un manager sono sempre più presenti e diversificati. In passato c’erano solo media classici come Tv, radio o giornali. Strumenti utili a cui si associavano eventi di persona. Ancora oggi sono strumenti da valorizzare ma, inutile dirlo, hanno costi in termini di tempo e investimenti economici non indifferenti. A mio avviso la capacità di far leva sui nuovi strumenti digitali è fondamentale. Penso al grande valore insito in Linkedin, per un manager o un imprenditore la piattaforma dove si deve essere. Ogni giorno posto una riflessione sulla mia attività, sui colleghi fractional manager, sul contesto economico dove interagisco e su partner e clienti con cui collaboro”.
L’importanza dell’employer branding
“Questo storytelling – continua Pietrini – permette a chiunque di comprendere come mi muovo, valutare le mie azioni e, compatibilmente con il tempo, comprendere la mia sincerità. Quello che è fondamentale, quando si decide di amplificare il proprio personal branding è l’onesta intellettuale e la sincerità: fingere nel mondo social innesca un circolo vizioso. Io per esempio parlo spesso di soft skill come la gentilezza e l’empatia. Sempre più andando avanti nel futuro queste doto sono fondamentali e permettono di creare legami umani più profondi, basati non solo sul rispetto ma sulla fiducia”.
“Aggiungo che anche le strategie con cui aziende e manager operano sui social dovrebbero essere condivisi con i propri collaboratori. Il concetto di employer branding è ancora poco conosciuto in Italia ma, se strutturato con attenzione e sensibilità, permette alla governance di un’azienda, di amplificare il suo messaggio a beneficio di partner, clienti e dipendenti. Il personal branding oggi è una chiave efficace per strutturare una visione del futuro a cui possono associarsi tutti coloro che sono allineati con noi, in una sinergia che è più simile a una coscienza collettiva, o un’intelligenza di sciame empatici, dove ogni fractional manager, sviluppando il proprio personal branding, lo amplifica a vantaggio di tutto l’ecosistema aziendale”, conclude Pietrini.
Come il personal branding restituisce in formazione e competenze
Anche Balsamo comprende il valore del personal branding e chiarisce che “l’aver messo in piedi un così elevato numero di network mi ha dato però anche tantissime competenze ed esperienze, che hanno contribuito grandemente a trasformare i miei Club (e me stesso, per certi versi), in un vero e proprio brand, come quello cui stiamo lavorando, con dei professionisti della materia, in questi giorni sul Canova Club. Per essere più chiari, io ho dato, con i miei comportamenti e la mia leadership, un brand ai miei Club, che è esattamente il mio brand come persona e come professionista, martellando continuamente, per oltre 45 anni, il mio mercato professionale e quello amicale/personale su: Valori (Amicizia, Cultura, Solidarietà). Comportamenti (Affidabilità, Credibilità, Riservatezza, Rispetto). Attenzione: al Gender Gap, al futuro dei giovani, agli anziani bisognosi. E poi ancora: rispetto delle regole. Serio ma non serioso. Onori ed oneri a chi fa. Tutte attività non profit svolte dai Soci in regime di volontariato a favore della Comunità come una soluzione del give-back in cui credo moltissimo”, conclude Balsamo.
Quattro lavori in un mondo sempre più veloce
L’evoluzione del mondo del lavoro e, contestualmente, delle aziende, è sempre più veloce. Manager, imprenditori, istituzioni faticano a tenere il passo. Ogni individuo è quindi chiamato a investire più risorse per mantenere sé stesso un valido elemento del mondo lavorativo e, per estensione, della società. Questi 4 lavori, per quanto non sempre percepiti in modo distinto, rappresentano le quattro chiavi per valorizzare le nostre risorse al meglio, e permetterci di affrontare il mondo lavorativo con gli strumenti adatti.
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