categoria: Il denaro non dorme mai
Italia e sviluppo, il capitale torna al centro della scena?
Karl Marx se n’è andato 140 anni fa, Robert Solow ha compiuto 99 anni, entrambi hanno studiato il capitale, e il capitale sta tornando a essere al centro della attenzione di chi si occupa di sviluppo. Marx non ha bisogno di presentazioni, ha sviluppato una teoria del capitale che è ancora viva: il capitale, combinato con il lavoro, genera sviluppo.
Saper distinguere il capitale dal reddito previene tanti errori e illusioni. Agli albori della storia i sapiens capivano che un’ascia fatta con una pietra tagliente valeva di più di un animale selvatico che garantiva il cibo per un giorno: l’ascia era la condizione per avere il cibo, cibo che, senza ascia, era l’illusione di un giorno. L’ascia era il capitale produttivo, la selvaggina il reddito.
Capitale produttivo e finanziario
Non tutto il capitale è produttivo come un’ascia: il capitale finanziario (denaro) diventa produttivo se viene impiegato nella produzione di beni o servizi, se no resta lì, fermo, morto, a fruttare una rendita finanziaria. Avere tanto capitale di tipo produttivo è un bene, averne tanto di tipo finanziario dipende. La ricchezza (o patrimonio) è, semplificando, la somma del capitale produttivo e di quello finanziario.
Il patrimonio che ferma lo sviluppo
Un Paese che cresce economicamente ha in genere un basso rapporto ricchezza/reddito, in un certo senso il patrimonio fermo non sovrasta il denaro che gira. Un paese che cresce poco economicamente ha invece normalmente un alto rapporto ricchezza/reddito, in un certo senso il patrimonio fermo sovrasta e pesa sul denaro che gira. Il patrimonio fermo (capitali finanziari, immobili) pretende una rendita dal denaro che gira, come il proprietario di un condominio pretende una rendita da chi affitta i suoi appartamenti.
Anche per questo la ricchezza, il patrimonio fermo, può costituire un freno allo sviluppo. Nei paesi economicamente dinamici gli investimenti allargano la base produttiva e il reddito, riducendo il peso della ricchezza ferma, morta, a favore della ricchezza mobile e viva che è rappresentata dalla produzione e redistribuzione di beni e servizi.A livello globale il rapporto ricchezza/reddito è passato da 2-3 nel 1970 a 4-6 nel 2010, un trend a cui corrisponde come detto un rallentamento della crescita economica.
Capitale, reddito, sviluppo. L’Italia come sta?
Bene, finito questo ripasso e omaggiati Karl Marx e Robert Solow, forse ha qualche interesse chiedersi qual è la situazione della ricchezza, del reddito e dello sviluppo in Italia rispetto agli altri Paesi?
L’Italia ha una ricchezza complessiva che supera i 10.000 miliardi e un rapporto ricchezza/reddito di 6,15 (secondo Banca d’Italia, 2010), e di 6,75 (secondo Piketty e Zucman, Capital Is Back 2014). Solo il Giappone si avvicina all’Italia con un indice di 6, mentre Stati Uniti, Germania e Canada sono a 4.
Nella figura 1 il rapporto ricchezza/reddito per alcuni Paesi in una prospettiva di storia recente.
Se è valido il teorema di Solow, secondo cui il rapporto fra ricchezza e reddito dipende dal tasso di risparmio e dal tasso di sviluppo, ebbene l’economia italiana, con un tasso di risparmio attorno al 10% e un tasso di sviluppo ipotizzato dell’1% viaggerebbe verso un rapporto ricchezza/reddito pari a 10. La fotografia di una società vecchia e immobile, in cui patrimoni crescenti alla ricerca di rendite pesano su una base di reddito relativamente (non in assoluto) sempre più piccola. Una società dominata dalla rendita che sconfigge il reddito e lo sviluppo. Mai come in questo caso speriamo che si ripeta quello che spesso mi accade: le previsioni economiche sono destinate a essere smentite.