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Le disuguaglianze economiche crescono, con l’aiuto dei partiti
Articolo a cura di Alessio Spinozzi e Mattia Moretta per Accademia Politica –
Durante il XVI Simposio Cotec Europa “Innovazione nella finanza sostenibile”, è intervenuto il Presidente Sergio Mattarella per discutere con altre personalità di spicco, tra cui il Re Felipe VI e il Presidente Marcelo Rebelo De Sousa in merito a tematiche legate alla sostenibilità, alla finanza e all’innovazione. Il minimo comun denominatore della dissertazione del Presidente della Repubblica ha riguardato le disuguaglianze che, soprattutto in seguito alla pandemia e alle tensioni geopolitiche internazionali, si sono incrementate e conseguentemente accrescono, in molteplici aree del mondo, le condizioni di disperazione e di abbandono di milioni e milioni di persone.
Cosa si intende per disuguaglianze
In primo luogo, quindi, è importante focalizzarsi sul significato del termine disuguaglianza per poi analizzare in maniera più approfondita le differenti sfaccettature proprie di questo tema. La prima distinzione in relazione a questo argomento ha come oggetto le due tipologie in cui le disuguaglianze possono essere classificate: le disuguaglianze sociali e le disuguaglianze economiche.
Le diseguaglianze sociali
Si riferiscono alla disparità di genere, all’età, intesa come la differenza tra i cittadini più anziani e giovani, all’etnia che dipende dalla nazionalità degli individui, alla posizione geografica che si differenzia tra le aree più in difficoltà di crescita e le aree di sviluppo, alla religione e all’orientamento sessuale.
Le disuguaglianze economiche
Si riallacciano, invece, al concetto che abbraccia tutte le disparità nella distribuzione del reddito, della ricchezza o di particolari beni economici. Tale idea solitamente si riferisce alla disuguaglianza tra individui, ma può anche riguardare intere regioni o Paesi.
Per comprendere il fenomeno appare necessario contestualizzare le disuguaglianze al contesto economico-sociale contemporaneo e focalizzarsi sui due megatrend quali la globalizzazione e il progresso tecnico.
Come si ampliano le disuguaglianze di mercato
I due economisti Anthony Atkinson, Professore di economia politica all’Università di Cambridge e Joseph Stiglitz, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2001, affermano all’interno del loro libro intitolato “Lectures on Public Economics”, che i due megatrend tendono ad ampliare le disuguaglianze di mercato. Nella maggior parte dei Paesi OCSE, la redistribuzione attraverso tasse e trasferimenti si è ridotta.
Rapportando la situazione degli anni Novanta con quella attuale, notiamo che la redistribuzione della ricchezza, in passato, riduceva le disuguaglianze di reddito di circa un terzo nei paesi OCSE, invece oggi solo di un quarto, a causa della minore progressività delle imposte sul reddito ma anche di trasferimenti che sono maggiormente legati all’attivazione dei beneficiari verso il lavoro piuttosto che indirizzati al sostegno del reddito dei più poveri.
Inoltre, le famiglie a basso reddito sono quelle che hanno pagato di più per la minore redistribuzione. Allo stesso tempo, il 40% della popolazione più ricca è quella che ha beneficiato maggiormente della riduzione della progressività delle imposte su reddito e ricchezza.
Disuguaglianze, ecco il ruolo dei partiti politici
Parallelamente alle disuguaglianze economiche e sociali risulta estremamente rilevante considerare la cosiddetta disuguaglianza politica, la quale è sia causa che effetto della disuguaglianza economica. All’interno della società, infatti, esistono due categorie di gruppi sociali: coloro che dispongono di un’ampia rappresentanza politica, ed enormi segmenti di persone politicamente diseguali e abbandonate alla disuguaglianza economica.
La responsabilità di questa situazione è principalmente dei partiti politici che, attraverso una tecnica di rappresentanza occasionale, hanno l’obiettivo di attrarre elettori mediante la capacità seduttiva dei loro leader in chiave sensazionalistica. Considerando tale ottica, dunque, i partiti politici hanno del tutto cessato l’attività di fidelizzazione degli elettori, preferendo un tipo di comunicazione spesso semplicistica e superficiale.
Ci si deve chiedere allora se, ed in che modo, risulta possibile misurare le disuguaglianze. Con riferimento ad una eterogenea distribuzione della ricchezza, infatti, è possibile calcolare ed interpretare le disuguaglianze economiche nei Paesi, potendole anche confrontare tra di loro nel tempo e nello spazio.
Misurare le disuguaglianze
La misurazione delle disuguaglianze economiche, storicamente, ha visto prevalere su tutti il coefficiente di Gini. Questo indice deve il nome allo statistico italiano che lo ha introdotto, il veneto Corrado Gini. Serve per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza. Il numero è compreso tra 0 ed 1: più è vicino allo zero, più è omogenea la distribuzione, con il valore 0 che, quindi, corrisponde alla equidistribuzione. In altre, parole, con un coefficiente di Gini pari a 0, tutti percepiscono lo stesso reddito, o tutti hanno lo stesso patrimonio; viceversa, un valore alto del coefficiente indica maggiore disuguaglianza, dove al valore 1 corrisponde una situazione in cui una persona percepisce tutto il reddito, o dispone di tutto il patrimonio del Paese, mentre, le altre, non dispongono di alcun reddito o patrimonio.
Tuttavia, avendo il suddetto indice delle debolezze – ad esempio, il coefficiente risulta più sensibile al reddito delle classi medie che a quello degli estremi – esistono delle alternative da prendere ugualmente in considerazione, sebbene meno utilizzate. Tra tutte il Palma ratio – uguale al rapporto tra tutti i redditi percepiti dal 10% delle persone con il reddito più alto e tutti i redditi percepiti dal 40% delle persone con il reddito disponibile più basso; l’indice di Atkinson, che misura la disuguaglianza dei redditi pro capite; o l’indice di Theil, con scopi simili. Tutti, ad ogni modo, hanno il fine comune di tentare di misurare le disuguaglianze economiche nelle distribuzioni dei redditi.
Il trend del coefficiente di Gini (e il Covid)
In Italia, il coefficiente di Gini ha sempre presentato valori piuttosto bassi, negli anni, rispetto ad altri paesi europei. Mediamente, dal 2008 ad oggi il coefficiente di Gini si è sempre aggirato attorno allo 0.33, inferiore, quindi, a medie di altri paesi europei più alte, come Regno Unito – 0,36 – e Spagna – quasi 0,34. Al di fuori delle mura europee, gli Stati Uniti hanno presentato, nel periodo 2013-2021, una media pari a 0,389, un valore più alto rispetto all’Europa. Sebbene la Gran Bretagna sia rimasta esclusa nel 2020, è intuibile – oltre che visibile dal grafico sotto – come il Covid-19 abbia certamente avuto un impatto crescente sulle disuguaglianze economiche misurate tramite il coefficiente di Gini.
Cosa è stato fatto per affrontare le disuguaglianze?
Tra le azioni che sono state messe in pratica dalle istituzioni per combattere le disuguaglianze, si può citare, nell’anno 2011, l’adesione dell’UE a un trattato internazionale sui diritti umani, ovvero la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD). Il pilastro europeo dei diritti sociali del 2017 ha ribadito i principi della parità di genere e delle pari opportunità. In tale ambito sono state adottate diverse Direttive, le quali hanno tracciato la normativa europea su tali aspetti.
Spostandoci invece in Italia va evidenziato che anche il PNRR potrebbe permettere di affrontare quelle criticità che sono alla base dell’aumento delle disuguaglianze favorendo, ad esempio, l’accesso a migliori opportunità per chi è più svantaggiato. Inoltre anche il miglioramento della qualità della formazione scolastica, quella per gli adulti che affrontano cambiamenti epocali sul mercato del lavoro e l’introduzione di una sanità accessibile a tutti ed efficiente potrebbero essere una valida leva.
Uno specifico focus andrebbe effettuato sulle politiche redistributive, le quali si basano sulla capacità contributiva delle persone; si sottolinea come un serio contrasto dell’evasione fiscale potrebbe portare forti benefici nella lotta alle disuguaglianze economiche, permettendo di assegnare risorse aggiuntive solo a chi davvero ne ha bisogno.
Che cosa ci riserva il futuro
In una lettera inviata poche settimane fa da oltre 200 economisti alle Nazioni Unite e alla Banca Mondiale, questi chiedono espressamente di affrontare e ridurre drasticamente le disuguaglianze. Si legge: “La povertà estrema e la ricchezza estrema sono aumentate bruscamente e simultaneamente per la prima volta in 25 anni. Il 10% più ricco della popolazione mondiale detiene attualmente il 52% del reddito globale, mentre la metà più povera della popolazione deve accontentarsi dell’8,5%.”
Non solo: secondo i dati dei sondaggi sulle famiglie, un paese su cinque ha visto aumentare la propria disuguaglianza negli ultimi anni. È chiaro come ci sia da intervenire ed in maniera tempestiva, in modo da evitare le conseguenze negative che tale fenomeno può generare a livello micro e macro. Da un lato, le famiglie sono costrette a rivedere sempre più i propri standard di vita, con conseguenti emergenze che sono sempre più difficili da affrontare – come Covid-19 e caro energia; dall’altro un’economia con evidenti disuguaglianze fa più fatica a crescere globalmente, risentendo di minori investimenti e consumi derivanti dalle minori disponibilità economiche da parte di individui e imprese.
Perché un mondo più equo è una priorità
Per questa ragione, le politiche economiche e sociali adottate da governanti e politici devono, oggi più che mai, valutare il proprio impatto sull’obiettivo di riduzione delle disuguaglianze. L’ambizione collettiva, forte e condivisa, è quella di giungere ad un mondo più equo è adesso una priorità.
Da ultimo non può non sottolinearsi che, in un mondo globalizzato e permanentemente connesso, non sia accettabile che la ricchezza, i diritti e il benessere si concentrino solo a vantaggio di una piccola parte della popolazione mondiale; la stabilità mondiale dipenderà sempre di più dalla rimozione delle disuguaglianze, pena l’impossibilità per le popolazioni più ricche di conservare il proprio attuale benessere e i conseguenti privilegi.