Servitizzazione, la mossa vincente per l’industria manifatturiera del futuro

scritto da il 09 Giugno 2023

Post di Francesco Ferri, Amministratore Delegato di Gellify – 

La scorsa settimana ho fatto visita ad un cliente. Camminavamo nello stabilimento circondati dai macchinari di produzione che, silenziosamente, stavano assemblando e trasformando i semilavorati in prodotti finiti. Ci siamo fermati davanti a una delle linee più recenti e, riprendendo l’argomento che avevamo lasciato a metà qualche mese prima, ci siamo detti: “Il digitale da solo non basta più”.

Offrire valore aggiunto al cliente per competere

La digitalizzazione è diventata ormai una realtà in tanti aspetti della nostra vita quotidiana e l’industria manifatturiera è stata uno dei primi settori ad abbracciarla, rivoluzionando il modo in cui i prodotti vengono progettati, fabbricati e distribuiti. Infatti, la sensorizzazione e la connessione di macchinari, i processi tramite l’Internet of Things (IoT), l’utilizzo di analisi avanzate per ottimizzare le operazioni, oltre all’integrazione di robotica e intelligenza artificiale (AI) nelle catene di produzione, sono solo alcune delle molte possibilità offerte dalla digitalizzazione. Ma quest’ultima da sola non basta.

Per rimanere rilevanti e competere efficacemente, è opportuno che le aziende manifatturiere – a partire dai costruttori di macchine utensili, robot, sistemi di automazione, componenti e accessori – adottino un approccio in grado di offrire un valore aggiunto al cliente che vada oltre l’Industria 4.0, modello che ha facilitato tanti investimenti in digitalizzazione negli ultimi anni. Un punto di vista nuovo e ben più ampio che può garantire l’apertura di nuovi spazi di business, oltre che una “promessa” di semi-immortalità, o quasi, per le aziende del manifatturiero e i loro prodotti.

Un futuro di digitalizzazione e servitizzazione

Il futuro dell’industria manifatturiera è rappresentato da una combinazione di digitalizzazione e servitizzazione. Questa sinergia permette alle aziende di ottenere una serie di vantaggi strategici ben noti. Da un recente studio di McKinsey[1], le realtà che hanno investito nella trasformazione digitale hanno riportato una serie di benefici importanti, quali: la riduzione dal 30% al 50% dei tempi di inattività, il miglioramento della produttività del lavoro tra il 15% e il 30% e la diminuzione dei costi legati al controllo qualità tra il 10% e il 20%.

Oltre a questi risultati tangibili, gli impatti a lungo termine sull’intera catena del valore sono ancora più rilevanti, tra questi è importante menzionare: l’incremento della flessibilità nell’affrontare la domanda dei clienti, una maggiore velocità di go-to-market e il miglioramento dell’integrazione e della collaborazione nella catena di approvvigionamento.

La servitizzazione è, invece, in grado di aprire nuove importanti opportunità di business. Le aziende, dunque, possono offrire soluzioni complete che includono non solo il prodotto fisico, ma anche servizi correlati “avanzati” come: assistenza basata su AI, manutenzione predittiva e analisi sofisticate sui dati effettivi di produzione e molto altro.

Con la servitizzazione si paga per l’uso del prodotto

Si prevede, infatti, che nei prossimi 10 anni i clienti saranno sempre meno interessati ad acquistare macchinari di produzione, ma più propensi a stipulare contratti di servizio, pagando per l’effettiva performance dei macchinari stessi. Questo approccio allargherà il ventaglio di offerta, consentendo alle aziende di soddisfare meglio le esigenze specifiche dei clienti e di creare legami più stretti con loro Non per ultimo, perseguire efficacemente gli obiettivi di sostenibilità del settore manifatturiero.

Grazie alla servitizzazione il cliente paga per l’uso effettivo che fa del prodotto, riducendo al minimo gli sprechi, mentre la proprietà del bene rimane in capo al fornitore che ha tutto l’interesse a prolungare la durata del prodotto e a renderlo facilmente riutilizzabile e riciclabile, anche dopo essere stato usato. Da questo processo derivano benefici non solo economici ma anche ambientali, dato che diminuisce il consumo di risorse impiegate poiché si intensifica l’uso dei beni, a beneficio delle risorse rinnovabili ed ecocompatibili.

Servitizzazione e trasformazione culturale

Ma la servitizzazione richiede anche una profonda trasformazione organizzativa e culturale all’interno delle aziende. Infatti, stipulare un accordo di “payment by result” con un cliente impone di rivedere tutti i processi chiave: dalla progettazione alla vendita e al customer care, dalla contrattualistica alla gestione finanziaria. Dal punto di vista culturale, le aziende dovranno essere aperte alla sperimentazione e anche al fallimento come opportunità di apprendimento, con un forte supporto da parte dei leader aziendali ad esplorare nuovi modelli di business, mettendo intorno al tavolo tutte le figure chiave. Addirittura, creando business unit agili con persone di diverse provenienze ed esperienze, oppure veri e propri nuovi spin off aziendali che abbiano autonomia decisionale e di budget per promuovere la servitizzazione.

Servitizzazione

Il caso Poggipolini

In tale contesto, si inserisce il percorso intrapreso da Poggipolini, PMI innovativa italiana leader nella progettazione, ingegnerizzazione e produzione di componenti di fissaggio per i settori Aerospaziale, Automotive e Motorsport.

L’azienda ha un posizionamento di mercato da innovatrice. In tale ambito fortemente sfidante e per rispondere alle nuove richieste del mercato, Gellify ha contribuito allo sviluppo di alcuni progetti rilevanti di Poggipolini, come il progetto di venture building Sens-In: una start-up innovativa con la mission di sviluppare fissaggi intelligenti in grado di comunicare dati in tempo reale, trasformando ogni vite in un dispositivo intelligente. Fu subito chiaro il potenziale della soluzione nel poter monitorare lo stato di salute di un’intera struttura o sistema critico, connettendo l’insieme di viti installate su di esso: venne così coniato da Poggipolini il concetto di Internet of Fasteners (IoF).

Il componente – oggi- non è più solamente un “pezzo” fisico da vendere a prezzi e quantità, ma abilita l’offerta di un servizio digitale che valorizza i dati del cliente per guidare i responsabili di produzione ad ottimizzare le risorse e prendere decisioni chiave per raggiungere obiettivi di produttività e sostenibilità.

La resilienza della manifattura italiana

Nonostante la crisi del periodo pandemico, il comparto manifatturiero nel 2022 ha registrato un risultato di crescita addirittura superiore al periodo pre-Covid; ciò conferma la grande capacità di reazione e resilienza del settore che oggi pesa circa il 20% del PIL italiano. Porre le basi per raggiungere l’obiettivo ambizioso di diventare la prima economia manifatturiera in Europa con una crescita sostenibile, significa focalizzare i propri sforzi e investimenti in quella che può essere definita come la “prossima rivoluzione post Industria 4.0”: servitizzazione e transizione ecologica.

Come ha dichiarato John Chambers, ex CEO di Cisco, al recente PlugAndPlay in Silicon Valley, resta indietro chi non si mette in gioco e non sfrutta tutte le opportunità del digitale: “Disrupt, or you’ll be disrupted”.

 

[1] Fonte, McKinsey & Co: Capturing the true value of Industry 4.0