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Cosa ci può insegnare la riforma delle pensioni in Francia
Continuano da giorni le proteste a Parigi contro la riforma delle pensioni ormai diventata legge. Il cuore della riforma prevede un graduale innalzamento dell’età pensionistica: mentre al momento in Francia si va in pensione a 62 anni, grazie all’approvazione di questa riforma si andrà in pensione a 64 anni dal 2030. Il caso della Francia è di particolare interesse dal punto di vista italiano, poiché i due sistemi hanno grosse similarità. Sia Italia che Francia, infatti, hanno dei sistemi pensionistici piuttosto costosi.
Secondo l’Ageing Working Group (gruppo di lavoro della Commissione Europea), la spesa per le pensioni in rapporto al Pil era pari al 14,8% in Francia e al 15,4% in Italia nel 2019: percentuali molto alte per paesi alle prese con un debito pubblico e un invecchiamento della popolazione in costante crescita (a causa del graduale pensionamento della generazione dei baby boomer). Il tasso di sostituzione, ossia l’importo della pensione in rapporto all’ultimo stipendio percepito, è pari in Francia al 60,2%, mentre in Italia raggiunge il 74,6%.
Le pensioni secondo Macron
L’attuale sistema pensionistico francese è un sistema a ripartizione, che prevede quindi che le pensioni di un anno vengano finanziate dai contributi previdenziali versati dai lavoratori attivi nello stesso anno. L’ammontare della pensione mensile dipende da diversi fattori, tra cui la durata della propria carriera lavorativa, calcolata trimestralmente, l’età d’inizio della suddetta carriera e l’ammontare dello stipendio, calcolato diversamente a seconda che il cittadino abbia lavorato nel pubblico o nel privato. L’attuale sistema pensionistico prevede inoltre la necessità di un periodo di contribuzione di 42 anni per poter accedere alla pensione a tasso completo. Di conseguenza, l’attuale età media di pensionamento è superiore a quella legale e coincide con 62 anni e 4 mesi.
La spinosa questione dei mestieri usuranti
Il progetto di legge ideato dal governo guidato da Borne e voluto da Macron non prevede solamente l’innalzamento dell’età pensionistica legale da 62 a 64 anni, nonostante ciò componga la misura principale. Il nuovo progetto pensionistico prevede anche un aumento del periodo di contribuzione necessario per usufruire della pensione completa, dagli attuali 42 a 43 anni. Tuttavia, questo innalzamento congiunto rischia di creare delle incongruenze, penalizzando la fascia più fragile della popolazione, caratterizzata da un inizio precoce della carriera lavorativa.
Vi è inoltre da indagare un potenziale effetto regressivo, visto l’effetto uniforme degli innalzamenti sull’intera forza lavoro. Di conseguenza, sono state previste delle eccezioni sia per le persone che hanno iniziato a lavorare prima del ventunesimo anno d’età, sia per i mestieri usuranti, con la creazione di un Fondo d’Investimento dedicato e una congiunta rivalutazione dei salari. Resta, tuttavia, il dibattito sulla classificazione dei mestieri da includere in queste eccezioni.
Finanziare le pensioni minime
Nonostante le proteste che stanno scuotendo la Francia da inizio anno, il Presidente Macron ha definito questa riforma come assolutamente necessaria. Secondo lo studio di fattibilità del governo, il progetto di legge permetterà di migliorare il saldo del sistema pensionistico di 6,2 e 11,8 miliardi di euro netti rispettivamente nel 2027 e nel 2030, fino a raggiungere in quest’ultimo anno la piena sostenibilità del sistema.
Secondo l’intenzione del governo, queste maggiori risorse andrebbero a finanziare il rafforzamento delle pensioni minime, anche per far fronte all’inflazione, e andrebbero ulteriormente destinate al finanziamento del sistema di welfare francese. Infine, secondo uno studio degli economisti francesi Aubert e Bozio, l’incremento effettivo sull’età pensionistica sarebbe di fatto inferiore rispetto ai due anni discussi nel dibattito pubblico, variando dai tre ai nove mesi, poiché l’attuale età media di pensionamento è superiore a quella legale.
Il confronto con l’Italia
Francia e Italia sono entrambe paesi soggetti a un rapido aumento della popolazione anziana. A politiche invariate, ciò causa necessariamente un aumento della spesa pensionistica, che va coperto con la fiscalità generale, poiché l’ammontare dei contributi versati dai lavoratori e dalle lavoratrici non è sufficiente. Proprio per questo in Francia si è deciso di introdurre questa riforma. Anche in Italia, il fenomeno ha già raggiunto dimensioni importanti: l’Inps ha ricevuto nel 2021 144,9 miliardi di euro dalla fiscalità generale per coprire le spese che i contributi sociali non erano in grado di sostenere. Questa cifra è pari al 14,7% della spesa pubblica, è il 13% in più della spesa sanitaria ed è più del triplo della spesa in istruzione.
Spesa pensionistica e aspettativa di vita in Italia, Francia e Spagna
Un recente articolo pubblicato su The Economist mostra che in tutti i paesi Ocse dal 1970 al 2020 la speranza di vita alla pensione (ossia gli anni che rimangono da vivere nel momento in cui si esce dal mercato del lavoro) è aumentata sensibilmente, poiché l’aumento della speranza di vita è stato in questi paesi superiore all’aumento dell’età pensionabile. Nonostante questa tendenza sia comune a tutti i paesi Ocse, Italia e Francia sono fra i tre paesi, insieme alla Spagna, in cui l’aspettativa di vita alla pensione è più alta sia per gli uomini che per le donne.
Non stupisce quindi che Francia e Italia siano fra i paesi dell’Ocse con la più alta spesa pensionistica in percentuale del Pil, anche per via di sistemi molto generosi in termini di età e di retribuzione (i francesi potevano contare nel 2020 su una pensione media pari al 74% dell’ultimo stipendio, inferiore alla media Italiana dell’82% ma superiore alla media Ocse del 62%).
Francia vs. Italia, questione di piramidi
La Francia ha però un grosso vantaggio rispetto all’Italia in termini di sfida demografica. Grazie a un tasso di fertilità più alto ottenuto tramite politiche di welfare familiare più generose e un’immigrazione più consistente, la Francia può contare a oggi su una piramide della popolazione più “rettangolare” di quella italiana, che assume invece la forma di una “piramide rovesciata”.
Questo consente alla Francia di avere un rapporto tra la popolazione anziana e quella in età da lavoro del 37% contro il 40% dell’Italia. In entrambi i paesi, i giovani che stanno entrando nel mondo del lavoro non stanno riuscendo a compensare numericamente la coorte di persone tra i 60 e i 64 anni che ne sta uscendo, ma mentre questo porterà a una perdita della popolazione in età da lavoro dello 0,8% in Francia, in Italia questa perdita sarà del 3% nei prossimi 5 anni, con evidenti ricadute sulla sostenibilità del sistema pensionistico.
Come cambia il mondo del lavoro
Aumentare l’età pensionistica, come ha fatto ora la Francia, era una mossa probabilmente necessaria, per assecondare l’aumento dell’aspettativa di vita e soprattutto l’aumento del numero di anni in cui si prevede che una persona continui a vivere in condizioni di salute. Al tempo stesso, è evidente come le persone non potranno fare lo stesso lavoro con gli stessi orari e le stesse modalità per tutta la vita. Il mondo del lavoro dovrà adattarsi a essere composto da individui sempre più eterogenei, con capacità e necessità differenti, e in uno scenario di questo genere il continuo apprendimento lungo tutto l’arco della vita sarà cruciale.
E quindi? Pensioni e soluzioni
La combinazione di bassa natalità e alta aspettativa di vita sta rendendo l’Italia un paese non solo sempre più vecchio, ma anche sempre meno pronto ad affrontarne le conseguenze economiche, poiché la persistente bassa fecondità erode il numero di persone che entrano nella vita adulta e nel mondo del lavoro. È necessario avviare una riflessione collettiva su come rendere sostenibile un sistema paese caratterizzato da una longevità così pronunciata.
Pur trovandosi in una situazione demografica più vantaggiosa di quella italiana, il governo francese ha deciso di fare un passo avanti (nonostante le criticità della riforma) nella grande sfida demografica che riguarda molti paesi. Ancora più importante è riflettere su questo punto nel contesto italiano, considerando tutte le politiche possibili, dall’aumento dell’età pensionabile a una diminuzione degli assegni sopra una certa soglia di reddito.