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Leaseback fund: estrarre valore dagli immobili per schivare il credit crunch
Post di Claudio Nardone, CEO di Sagitta SGR –
In questi mesi è sotto la lente il ruolo delle banche ed in particolare la loro attività di finanziamento, una delle missioni principali delle istituzioni bancarie che oggigiorno incontra sempre più ostacoli.
Basti pensare che sono dietro l’angolo ulteriori aumenti dei tassi di interesse, perché la priorità è tenere sotto controllo l’inflazione.
Occorre poi evidenziare che, se le banche stanno procedendo nell’attività di de-risking secondo un piano ormai strutturato e consolidato, l’attenzione si sta progressivamente spostando verso le posizioni classificate come inadempienze probabili (unlikely to pay – UTP) e verso i crediti in Stage 2. Questo allargamento della prospettiva rende ancora più severi i criteri di accesso al credito e sta riducendo ancora di più le possibilità di finanziamento tradizionale da parte delle imprese.
Quanto crescono i leaseback fund
Fra gli strumenti alternativi di reperimento del credito, una soluzione che potrebbe trovare maggiore applicazione nel panorama italiano, dove spesso l’imprenditore è non solo titolare dell’impresa produttiva, ma anche proprietario dello stabilimento in cui l’attività si svolge, è il leaseback fund. Questo tipo di fondo, nato negli Stati Uniti, si è sviluppato in Europa a partire dagli anni ’90 e sta crescendo di recente. Basti pensare che le cessioni da parte di società EMEA hanno raggiunto 29,2 miliardi di euro per un totale di 670 operazioni nel corso del 2021, circa il doppio del volume nel 2010.
Di fatto si rivela uno strumento alternativo per raccogliere capitali: invece di ricorrere alla banca e chiedere un prestito, aumentando così l’indebitamento, l’imprenditore può cedere l’immobile strumentale assicurandosi un contratto di affitto a lungo termine (normalmente superiore ai 12 anni) ed utilizzare la disponibilità di cassa per investire in azienda.
Come funziona il leaseback fund e quali i benefici
L’imprenditore cede un immobile strumentale e “mission critical” ad un fondo immobiliare gestito da operatori specializzati. Dopo la cessione, il fondo concede in affitto il bene a fronte di un canone periodico di lunga durata, normalmente di tipo “triple o double net”, ossia con costi e manutenzioni a carico del tenant.
I proventi della vendita aumentano la liquidità per l’azienda, che può essere utilizzata per scopi come capitale circolante, capex, ricerca e sviluppo e acquisizioni, mentre il capitale allocato sull’immobile viene liberato e la società può concentrarsi sul proprio core business. L’operazione consente di generare valore per l’azienda e i suoi azionisti arbitraggiando il rendimento implicito dell’investimento immobiliare rispetto al rendimento del business (in termini di ROI/ROE). Anche la valutazione d’azienda ne trae vantaggio in quanto l’investimento nel business consente di incrementare l’Ebidta e di conseguenza la valutazione economica che è normalmente parametrata ad un multiplo dell’Ebitda.
Il contratto di affitto a lungo termine preserva la necessità strategica da parte dell’impresa di utilizzare l’immobile che è strumentale e “mission critical” per il suo business, potendo liberamente gestirlo ed anche intervenendo con ampliamenti ed ammodernamenti.
Inoltre, ulteriore vantaggio è quello di non utilizzare gli affidamenti bancari per finanziare l’immobile e, quindi, poter meglio gestire le – sempre più rarefatte – fonti finanziarie.
Quando ricorrere al leaseback?
Oltre alle esigenze di ampliare i propri canali di finanziamento, tale operazione può essere un utile strumento in occasione di transazioni di M&A, nella cessione dell’azienda a terzi, in operazioni di private equity, nella quotazione in borsa, ovvero tutte quelle operazioni che difficilmente valorizzano il patrimonio immobiliare di tipo strumentale.
Basti pensare alle operazioni di private equity, nelle quali normalmente il fondo non acquisisce la proprietà immobiliare lasciando al venditore un asset che continua ad incorporare il rischio industriale dell’azienda ormai ceduta.
In tutte queste situazioni il fondo immobiliare di sale & leaseback è in grado di inserirsi positivamente allineando gli interessi di tutte le parti coinvolte.
Tale fenomeno è meno inusuale di quanto si pensi; infatti nella grande maggioranza delle aziende italiane la proprietà degli immobili strumentali (fabbriche e magazzini) è ancora di proprietà dell’impresa e normalmente tale asset è posto a garanzia (ipotecaria) a favore della banca per finanziare il business o il working capital.
I vantaggi per l’investitore
L’attrattività dei fondi di net lease in Europa può essere ricondotta essenzialmente a tre fattori: i rendimenti sono meno volatili e guidati dal reddito; i flussi di cassa sono generalmente ancorati all’IPC e, dunque, offrono agli investitori un’efficace copertura contro l’inflazione in tempi di inflazione elevata e, infine, si tratta di un mercato relativamente recente e ancora non maturo che offre numerose possibilità per gli investitori per assicurarsi redditi a lungo termine a prezzi competitivi nel ciclo immobiliare.
Valutare nuove strade di credito, valorizzando gli immobili
In sintesi, in un panorama dove si fanno strada una serie di strumenti alternativi di credito, come il lending, l’invoice financing, il factoring, il leaseback è un’opzione da considerare soprattutto per chi desidera liberare valore dagli immobili, che conoscono bene gli strumenti alternativi al credito tradizionale e possono indirizzare al meglio l’operatore, sia esso imprenditore o fondo di private equity.