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Perché gli Enti pubblici pagheranno ancora il conto dello shock energetico
Post di Paolo Gesa, CEO di Officine CST –
Come ogni anno CONSIP – la centrale di acquisti del MEF a servizio della Pubblica Amministrazione – nelle scorse settimane ha reso noti gli aggiudicatari delle gare per le forniture di energia elettrica e gas.
L’innalzamento e la volatilità dei prezzi, che sta caratterizzando il settore dell’energia, hanno tuttavia spaventato i fornitori, soprattutto quelli di minori dimensioni, preoccupati dalle possibili tensioni sul capitale circolante.
Provocata principalmente dalla crescita repentina dei fatturati nel 2022, la dinamica dell’aumento del capitale circolante è stato il tema centrale che le utilities hanno dovuto affrontare; dal momento che l’energia solitamente viene acquistata con pagamento anticipato – o con le margin call, che non sono altro che depositi in contanti a garanzia degli acquisti – mentre i pagamenti da parte dei clienti sono a 60 giorni. Ciò ha portato maggiore tensione finanziaria negli operatori del settore.
Il tutto – peraltro – in uno scenario di tassi in aumento, che significa per le utilities dover pagare ingenti oneri finanziari nel lasso temporale tra cui si paga l’energia e si incassa la fornitura dal cliente finale.
Il conto salato degli enti pubblici nel 2022
Stimiamo che gli enti pubblici italiani abbiano speso circa 5 miliardi nel 2022 per energia elettrica e gas, con un incremento di oltre 1,5 miliardi sul 2021. L’effetto negativo sul capitale circolante delle utilities, dal nostro osservatorio, è duplice perché all’ovvio effetto volumi si somma anche una tendenza nuovamente a ritardare i pagamenti da parte di molte PA.
Per i soli comuni, il conto addizionale del 2022 è stato di 800 milioni, mentre per la sanità sfiora il mezzo miliardo. Gli enti pubblici sono stati supportati dai Governi Draghi e Meloni che attraverso il decreto Aiuti, Aiuti Ter e Aiuti quarter hanno stanziato complessivamente circa 1 miliardo di euro, che ha tamponato in parte la situazione. Stimiamo però che i comuni siano i più penalizzati, con trasferimenti che coprono meno della metà del maggior onere. Questi ultimi riceveranno altri 400 milioni a valere sulla Legge di Bilancio, se basteranno dipenderà anche dall’andamento dei prezzi dei prossimi mesi.
Partecipate energivore, la bolletta non si paga
Ancor più complicata la situazione di alcune partecipate energivore, come alcuni acquedotti del centro sud. La bolletta è diventata completamente insostenibile e hanno semplicemente smesso di pagare del tutto.
Per effetto di tutto questo, alla gara Consip per l’energia elettrica i maggiori operatori del settore (evidentemente dalle spalle più larghe) hanno fatto la parte del leone aggiudicandosi 14 lotti su 17. Quasi spariti gli altri trader che erano risultati aggiudicatari di lotti negli anni scorsi.
Addirittura, deserto è andato il lotto per fornire gli enti pubblici in Sicilia. Probabilmente ha giocato il fattore rischio di credito, la Sicilia è infatti una delle regioni più grandi in termini di volumi di acquisto di energia per le PA, ma anche una delle peggiori in termini di rispetto dei tempi di pagamento.
Che cosa succede con il gas
Peggio è andata per la gara per le forniture di gas, con appena tre lotti su 12 assegnati, a pesare l’estrema incertezza sugli approvvigionamenti della materia prima. Gli operatori hanno dovuto decidere se partecipare a queste gare in autunno quando la situazione era ancora molto tesa e non era affatto chiaro se ci fosse stato sufficiente gas per affrontare l’inverno. Ora con l’accordo sul tetto del gas e un inverno mite gli operatori sono più sereni.
Infine, è importante osservare che gli spread applicati dai fornitori ad esito delle nuove gare sono significativamente superiori rispetto al passato, il che significa che anche se i prezzi di mercato dovessero scendere, le tariffe rimarranno anche nel 2023 più alte del pre-emergenza.
Enti pubblici e il libero mercato
Resta inoltre l’incognita per gli enti pubblici, che dovranno ora trovarsi un fornitore sul libero mercato, con il rischio di non trovarlo affatto e finire nei mercati di ultima istanza, che comportano oneri ancora superiori, con il concreto rischio che non siano in grado di onorare i pagamenti.
Benché la situazione dei prezzi sul mercato sia in miglioramento, il conto salato della crisi energetica rischia di portare i propri strascichi ancora a lungo.