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La Composizione Negoziata della Crisi: primi dati a un anno dall’introduzione
Con il complesso cantiere legislativo che ha portato al varo del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (“CCII”) entrato in vigore lo scorso 15 luglio, ed il suo lungo percorso, passato per la Commissione Rordorf e poi per i successivi interventi della Commissione Pagni, il legislatore ha ripensato profondamente i diversi strumenti previsti dall’ordinamento per la risoluzione delle crisi d’azienda.
In questo spazio ci siamo spesso soffermati sulle principali novità che sono state via via annunciate e poi varate. Abbiamo usato un occhio di riguardo alla prospettiva di noi consulenti e manager che lavoriamo nelle aziende in uno dei momenti più complicati della loro vita e cioè la loro “malattia”, come abbiamo spesso definito la crisi d’azienda. Ma se volessimo limitarci a sintetizzare le principali novità che sono intervenute in questi anni di lavori legislativi che hanno poi portato all’attuale sistemazione del nuovo Codice, ci parrebbe opportuno farlo citando tre ambiti.
Codice della Crisi, il primo ambito
Il primo ambito ha avuto, a torto o a ragione, vita breve e tormentata, ed è quello dei sistemi di allerta (le famigerate “procedure di allerta”): si tratta della sistematizzazione (ed irrigidimento eccessivo, secondo molti) di un insieme di segnalazioni ad opera di sindaci, revisori e creditori qualificati vòlte a consentire una sorta di “early warning” su possibili focolai di crisi.
Questa previsione, insieme a quella che impone l’adeguatezza dei sistemi gestionali e di controllo adottati nelle società (Art. 3 CCII e 2086 cod. civ.), è stata in effetti fra le più discusse (anche in questo spazio). Perché? Sostanzialmente pone in capo all’imprenditore (e anche agli organi di controllo che devono verificare) importanti responsabilità in tema di organizzazione dell’azienda e di messa a punto di sistemi di controllo. Non solo per le situazione di normale operatività, ma anche nell’ottica “della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale”. (A noi, in verità, pare una previsione molto utile ed opportuna, ma non è questa la sede per questo dibattito).
Allo stato attuale, comunque, il meccanismo – in verità piuttosto formale e rigido – che era stato inizialmente previsto è stato depotenziato. Prima dalle discipline emergenziali COVID e poi dalle disposizioni di cui al DL 82/22, che hanno innalzato le soglie per la segnalazione e abolito l’OCRI. Quest’ultimo era un organismo esterno, presso le Camere di Commercio, cui venivano demandate – sempre in ottica di prevenzione della crisi – le segnalazioni che non avevano trovato risposta nel dialogo endo-aziendale (normalmente fra amministratori e sindaci) conseguente ad una di queste.
Il Piano di Ristrutturazione Omologato
Il secondo strumento che a nostro parere potrà avere, in futuro, un effetto dirompente (in senso sperabilmente positivo) è il Piano di Ristrutturazione Omologato (“PRO”), cui abbiamo dedicato alcune riflessioni un po’ di tempo fa. Effettivamente, a noi pare che questa previsione racchiuda in sé tutte le più rilevanti ed innovative tendenze introdotte nella nuova disciplina italiana.
Vediamo: (i)la salvaguardia della continuità aziendale, come vero e più importante asset da preservare, anche e soprattutto in situazioni di crisi, per non disperdere il patrimonio aziendale; (ii)la possibilità, se vi è un accordo con i creditori, di alterare la par condicio fra i creditori per incrementare le probabilità di successo del risanamento; (iii)il mantenimento della gestione in capo all’imprenditore, sia pure nel contesto di un piano di riequilibrio che, oltre all’asseverazione di un terzo indipendente, ottenga anche l’omologa del Tribunale (il quale però rinuncia a sorvegliare la gestione come avviene in altri casi, come il concordato preventivo).
Composizione negoziata della Crisi, per chi è pensata…
Il terzo strumento è quello di cui oggi vogliamo parlare oggi un po’ più approfonditamente, perché dopo un primo periodo di applicazione sono usciti alcuni dati relativi al suo utilizzo: è la Composizione Negoziata della Crisi (“CNC”).
Abbiamo già trattato (qui) in maniera più estesa le caratteristiche di questo strumento, ma è certo il caso di sintetizzarne i punti salienti. Alla CNC può ricorrere qualsiasi imprenditore con un’opportuna istanza alla propria Camera di Commercio, per rimediare a situazioni di “squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendano probabile la crisi o l’insolvenza”. L’imprenditore può chiedere la nomina di un “esperto”, che sarà il protagonista principale di questo processo e inizierà a interagire con l’imprenditore istante da un lato e i creditori dell’azienda dall’altro. L’obiettivo è trovare una soluzione alla situazione di squilibrio identificata.
In questo percorso, importantissima è la possibilità, prevista dagli artt. 18 e 20 del CCII, di ricorrere a misure (i) protettive del patrimonio aziendale da azioni ostili (esecuzioni o istanze di fallimento) da parte di creditori, o (ii) sospensive delle clausole civilistiche di ricapitalizzazione in caso di perdita o insufficienza del patrimonio. Queste misure consentono all’impresa in crisi e ai suoi consulenti di perseguire quello che la disciplina considera come interesse preminente, in questa fase, e cioè la già citata continuità delle operazioni aziendali.
… e a cosa mira esattamente
Con riferimento invece all’esito della procedura di composizione, se positivo esso potrà determinare la condivisione con i creditori delle necessarie misure di riequilibrio (in gergo, la “manovra finanziaria”), che poi potrà essere formalizzato per il tramite di uno qualsiasi degli strumenti messi a disposizione dell’ordinamento (ad esempio, ricorrendo ad uno dei piani attestati, incluso il PRO, o a un concordato preventivo) o a veri e propri contratti con i creditori.
Volendo sintetizzare quindi, la CNC è un processo negoziale strutturato che tutela quello che giustamente il legislatore considera il bene più importante e prioritario da tutelare: il complesso aziendale nella sua continuità.
Partenza a rilento per la Composizione Negoziata. Perché?
Fatta questa doverosa introduzione, a un anno esatto dall’entrata in vigore Unioncamere ha raccolto ed analizzato i dati relativi all’utilizzo dello strumento della CNC, con uno studio presentato lo scorso 16 novembre: come vedremo, lo strumento è partito in maniera un po’ stentata, ma è certamente il caso di dare una prima occhiata a quel che è emerso.
Le istanze di composizione negoziata, in un anno, sono state 475 e quella che segue è la loro ripartizione geografica, che naturalmente riflette la diffusione del tessuto imprenditoriale sul nostro territorio nazionale; l’andamento temporale mostra un progressivo incremento – anche in seguito al completamento delle liste di esperti presso le Camere di Commercio – da meno di dieci a quasi quaranta istanze ogni due settimane.
Fonte: Unioncamere
La ricerca indica alcune cause di questa partenza “a rilento”, fra le quali degne di nota sono un timore generalizzato che la procedura sia in qualche modo considerata “anticamera del fallimento”, la difficoltà a predisporre la documentazione necessaria e una sorta di diffidenza per questo strumento; queste considerazioni derivano anche dalla osservazione del dato relativo alla dimensione delle aziende che hanno fatto ricorso alla CNC, che sono per oltre i due terzi delle società a responsabilità limitata, hanno per la gran parte dimensione di fatturato entro i 5 milioni annui (si veda grafico) e, per circa il 60%, meno di 9 addetti.
Fonte: Unioncamere
Gli elenchi degli esperti
Un altro elemento degno di nota è l’origine degli “esperti” nominati per coordinare il processo negoziale. Il ritardo nella predisposizione degli elenchi ha effettivamente creato qualche scompenso iniziale. Ma ora gli elenchi sono disponibili e, come previsto, gran parte delle nomine riguarda professionisti “ordinistici”, avvocati e commercialisti. Fa tuttavia piacere notare come inizi ad esserci un piccolo numero (l’1,1%) di ex Dirigenti d’impresa (che possono far parte degli elenchi in seguito alla opportuna apertura legislativa a persone “d’azienda” come possibili “esperti”). Quota che auspichiamo possa crescere ulteriormente nel prosieguo dello strumento.
Presto per tirare le somme
Ultimo aspetto che ci pare da segnalare riguarda il ricorso alle misure protettive, di cui abbiamo accennato sopra. Possiamo tranquillamente affermare che si tratti di uno degli obiettivi più rilevanti, nella pratica quotidiana. Molto spesso capita che alcuni creditori, volendo avvantaggiarsi (in maniera ovviamente legittima), possano, con attività monitorie ed esecutive, mettere in pericolo l’avvio di un percorso virtuoso di salvataggio dell’azienda. Ebbene, effettivamente ciò è confermato dai primi dati. Oltre i due terzi delle imprese che hanno aperto una CNC hanno chiesto misure protettive. Circa una su due ha richiesto misure sospensive dell’obbligo di ricapitalizzazione.
Poiché solo in 95 domande su 475, allo stato, si è giunti alla conclusione del processo (le altre sono ancora in corso) ci pare presto per commentare il dato sugli esiti. Comunque, sul piccolo numero di procedure concluse, sono in grande maggioranza (quasi 80%) negativi (“mancate prospettive di risanamento”, “esito negativo” o “rinuncia dell’imprenditore”). Ma ci pare, come detto, ancora presto per tirare conclusioni. Anche perché sembra ovvio che le domande conclusesi più rapidamente siano stata quelle dove, purtroppo, la sorte negativa era probabilmente più facile da pronosticare.
Composizione negoziata, il cambiamento di scenario
I dati raccolti da Unioncamere danno un primissimo spaccato degli utilizzatori e delle modalità di svolgimento della Composizione Negoziata della Crisi. Questo strumento ovviamente sconta le problematiche di avvio di una procedura nuova che dovrà essere ulteriormente testata nel prossimo futuro. Come tutte le innovazione introdotte al nuovo Codice ci sarà bisogno di tempo. I diversi strumenti in esso contenuti dovranno passare il vaglio dalle analisi di fattibilità e di convenienza delle imprese e dei loro manager, coadiuvati dai loro consulenti.
Certo, sono fortunatamente lontani i tempi in cui le imprese, a fronte di focolai di crisi, avevano spesso un’alternativa secca fra il fallimento (che oggi non si chiama nemmeno più così, ma “liquidazione giudiziale”) ed una strenua e talvolta inerme resistenza in carenza di reali strumenti disponibili. . Un cambiamento di scenario certamente positivo, che vedremo di continuare a valutare insieme.