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Rischi d’impresa, giocare d’anticipo è il vero salto culturale
Post di Ottorino Capparelli, Responsabile Governance, Risk & Compliance Assiteca-Howden –
Con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza, il concetto di prevenzione della crisi ha assunto una maggiore centralità: un’azienda dovrebbe essere risanata prima che giunga al fallimento. Il nuovo Codice potrebbe così portare ad un ulteriore abbassamento delle stime riportate dall’Osservatorio Fallimenti, Procedure e Chiusura d’Impresa di Cerved secondo il quale, nel primo trimestre 2022, i fallimenti hanno registrato una contrazione pari al 21,6% sullo stesso periodo dell’anno precedente. Le procedure aperte da gennaio a marzo 2022 sono state infatti 2.000, un dato tra i più bassi dal 2010. Rispetto ai livelli pre-Covid, il numero di procedure fallimentari aperte è calato del 29,8%.
Prepararsi prima alla crisi
Non aspettare che il rischio di affrontare una crisi diventi realtà, ma prepararsi preventivamente: questo il vero salto culturale che devono compiere le imprese del nostro Paese. Grazie alla spinta del legislatore, le imprese sono oggi chiamate a rivedere i propri assetti organizzativi, amministrativi e contabili, scegliendo modelli che anticipino le soglie di allerta (early warnings) e che attivino quei presidi rimediali volti ad assicurare la continuità dell’esercizio dell’attività economica.
Con l’attuale imprevedibilità dello scenario macroeconomico, solo una pianificazione strategica definita prima che una crisi si verifichi può favorire una maggiore resilienza: adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili avrebbero, ad esempio, aiutato molte imprese durante la crisi pandemica – o attualmente con lo scoppio della guerra in Ucraina – ad adottare strategie utili a garantire la continuità del business e rispondere più celermente ai repentini mutamenti nelle catene di approvvigionamento e di distribuzione.
L’emergenza pandemica e le misure di contenimento adottate per fronteggiarla hanno causato infatti squilibri di natura finanziaria, economica e patrimoniale per molte imprese. Le crisi a cui abbiamo assistito, seppur da ritenersi in parte conseguenza del particolare momento storico, possono diventare estremamente pericolose, soprattutto per quelle piccole e medie imprese che non hanno al loro interno le risorse necessarie per predisporre un sistema integrato di risk management.
Una maggiore consapevolezza dei rischi
In quest’ottica, parlare di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili ci porta indubbiamente a ragionare della necessità di sistemi di controllo interno in grado di rendere le aziende più governabili o, almeno, con una maggiore consapevolezza di rischi, opportunità e azioni strategiche e operative realmente attuabili.
Per questo motivo, il nuovo Codice rende sempre più evidente il divario tra le aziende di grandi dimensioni, che hanno una solida struttura organizzativa con adeguati sistemi di controllo e spesso di internal audit, e le classiche aziende di piccole e medie dimensioni, ancor di più se a conduzione familiare, spesso non sufficientemente strutturate secondo obiettivi di lungo termine.
La prevenzione della crisi assume per queste realtà un ruolo ancor più centrale. Sono infatti queste le imprese che hanno maggiore urgenza di attuare un monitoraggio costante della propria prospettiva di sostenibilità economica nel medio periodo, con particolare riguardo ad alcuni indicatori di carattere reddituale, patrimoniale e finanziario.
In questo senso, un approccio efficace dovrebbe prevedere la realizzazione di un assessment volto a rilevare i processi considerati rilevanti per l’attività aziendale, individuando le voci di bilancio più significative e definendo il livello di strutturazione interna necessaria per identificare e governare i rischi per i processi critici.
Adottando questo approccio di risk management, finalizzato a costituire preventivamente un’organizzazione interna appropriata, le imprese sarebbero in grado di fronteggiare cambiamenti endogeni ed esogeni alle aziende stesse. Ne è un esempio il passaggio generazionale: secondo le più recenti statistiche solo il 30% delle imprese familiari sopravvive al suo fondatore, e appena il 13% giunge alla terza generazione. Per garantire quindi la continuità d’impresa, è infatti necessario che le imprese incorporino una strategia di gestione del rischio.
Una pianificazione per i rischi di liquidità
L’adozione di un approccio di tipo preventivo incoraggia tutte le imprese ad effettuare analisi di scenario, adottando nuovi sistemi di controllo interni e piani organizzativi strutturati, coerentemente con la complessità e le dimensioni delle attività svolte. Ad esempio, in linea con il dettato normativo e le indicazioni del legislatore, gli organi aziendali dovrebbero innanzitutto implementare una pianificazione finanziaria strutturata e finalizzata a gestire i rischi di liquidità, pur in assenza di problemi specifici in termini di ricavi o controllo dei costi.
A conferma di quanto si possa immaginare, in una recente indagine svolta su un campione di aziende clienti di Assiteca, è emerso che le PMI, nella maggior parte dei casi, non sono dotate di una struttura organizzativa con le necessarie funzioni per il governo dei rischi (controllo di gestione, internal audit, risk management, etc.). Inoltre, il 69% di queste non ha inoltre sottoscritto una Polizza D&O, strumento assicurativo che tutela il patrimonio personale di amministratori e dirigenti nell’eventualità in cui siano chiamati a rispondere per il risarcimento dei danni arrecati alla società stessa, ai creditori o a terzi.
Con le nuove disposizioni e procedure introdotte dal Codice della Crisi, si allarga lo scenario di rischio per gli organi di amministrazione e controllo delle imprese. Tanto più il dotarsi di assetti organizzativi adeguati è diventato per le aziende un dovere esplicito posto dal legislatore, tanto più non rispettare questa disposizione diventa una grave violazioni dei doveri degli organi.
Fondamentale un approccio manageriale
Diventa dunque fondamentale che le imprese ricorrano ad un approccio manageriale (anche tramite supporto esterno) per la mappatura e gestione dei rischi e per la tutela degli amministratori. Assumere un approccio integrato alla gestione del rischio, che comprenda le fasi di analisi, prevenzione e mitigazione, fino al trasferimento dello stesso al mercato assicurativo, potrebbe rivelarsi la chiave per garantire la continuità aziendale ed evitare che una eventuale situazione critica, potenzialmente sanabile, si propaghi irreparabilmente.