Crisi e protezionismo: le sanzioni non conseguenza ma causa della guerra

scritto da il 18 Novembre 2022

Pubblichiamo stralci del nuovo libro dell’economista Emiliano Brancaccio, realizzato assieme ai colleghi Raffaele Giammetti e Stefano Lucarelli: La guerra capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista, Mimesis, Milano – 

“[…] Con buona pace delle ideologie propugnate dalle rispettive fazioni in campo, in questo libro mostreremo che sullo scacchiere mondiale agiscono almeno due diversi imperialismi, legati tra loro dal grande squilibrio accumulato nell’epoca del liberoscambismo globale e logicamente consequenziali l’uno all’altro.

Il blocco dei debitori e quello dei creditori

Da un lato c’è il vecchio blocco imperialista definibile “dei debitori”, a guida americana e anglosassone, con l’Europa al traino, impegnati a difendere un’infiacchita egemonia con tutti i mezzi possibili, una volta militar-monetari e dopo la grande recessione anche protezionistici.

Dall’altro lato, c’è un emergente blocco imperialista “dei creditori” a guida cinese, che coinvolge russi e vari asiatici e registra un’indubbia fase di ascesa. Quest’ultima, tuttavia, è resa instabile proprio dalla decisione di rispondere al protezionismo dei debitori con una scompaginante aggressione militare, che sfida il feroce monopolio della guerra imperialista lungamente detenuto dagli Stati Uniti e dagli alleati occidentali.

È una situazione in larga parte senza precedenti, ma che per certi aspetti richiama la crisi dell’impero britannico del secolo scorso, con tutte le sue terrificanti implicazioni.

guerra

Immagine di Nick Tsybenko da Unsplash

Osservata in questo quadro generale, la stessa guerra in Ucraina assume caratteri piuttosto diversi rispetto alle solite narrazioni. Non si tratta semplicemente di una guerra per l’autodeterminazione di una regione o per la sovranità di una nazione, né per la denazificazione di un territorio o per la libertà di un popolo aggredito.

La guerra e un diverso ordine dei rapporti di forza

Piuttosto, quel conflitto sanguinoso segna l’avvio di una contesa economica su vasta scala, che servirà a verificare se gli Stati Uniti e i loro alleati possono tranquillamente saltare dal liberoscambismo al protezionismo e tutti gli altri debbono passivamente adattarsi- Oppure se da ora in poi le regole del gioco economico si decideranno in base a un diverso ordine dei rapporti di forza globali. […]

Una tesi sconvolgente sulle sanzioni

A tale riguardo, sosterremo una tesi piuttosto sconvolgente rispetto alla vulgata: le “sanzioni” dell’occidente contro la Russia, la Cina e gli altri paesi “nemici”, rappresentano non una conseguenza ma piuttosto una causa del conflitto militare. Esse infatti costituiscono una forma surrettizia del cosiddetto “friend shoring”, un protezionismo occidentale iniziato già diversi anni fa, che solitamente si giustifica con il nobile scopo di punire regimi illiberali e guerrafondai ma che in realtà nasce dagli squilibri montati durante l’epoca del liberoscambismo globale.

Questo nuovo protezionismo dei debitori occidentali impedisce ai creditori orientali di esportare e centralizzare il capitale, e li induce a una sorprendente reazione militare in un mondo che si credeva dominato dalla sola violenza dell’imperialismo occidentale.

Stabilire le regole imperiali del futuro

In definitiva, sgombrando il campo dalle consuete, opposte mistificazioni idealistiche, questo libro tenta di riportare alla luce una complessa catena di fatti materiali, che parte dalla forza dirompente della centralizzazione nel mezzo degli squilibri del libero scambio globale, passa per la crisi economica e per la successiva svolta protezionista, e sfocia in una vera e propria “guerra capitalista”, esplosa non semplicemente per conquistare territorio ma per stabilire le regole imperiali del futuro.

Una guerra dalle conseguenze terrificanti, già ben visibili in Europa, ma che potrebbe catastroficamente innescare una sequenza di azioni e reazioni su scala planetaria, al limite così violenta da infrangere l’ultimo tabù della storia: il ricorso all’arma nucleare. […]”