categoria: Vicolo corto
Un miliardo in 30 anni il costo delle ingiuste detenzioni: chi paga?
Post di Mari Miceli, avvocato del Foro di Trapani, dottoressa di ricerca in diritto commerciale, è consulente tecnico per il Fondo FEASR presso l’Assessorato dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione siciliana. Autrice di pubblicazioni scientifiche –
Nella legge Pinto va collocata la responsabilità dello Stato per violazione del termine di ragionevole durata dei processi, prevista espressamente dalla l. 24 marzo 2001, n. 89, recante « Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile », o nel caso di ingiusta detenzione (errori giudiziari).
Essa si inquadra nella violazione di un diritto fondamentale della persona di matrice sovranazionale; difatti il suo ambito si ricava per relationem dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e rappresenta un corollario delle garanzie dell’equo processo, invero già contemplate all’art. 111 Cost. a seguito della modifica del 1999, pur non essendo direttamente azionabili dai singoli in quanto precetti rivolti unicamente al legislatore, il quale si deve impegnare ad adottare norme interne idonee a celebrare processi celeri, snelli e giusti.
La legge è stata, sin dall’origine, fonte di dibattito, pagando probabilmente lo scotto di aver tentato di comporre, o quantomeno di bilanciare, la tensione tra due apparentemente opposti principi costituzionali, quello della difesa e quello del giusto processo.
In Italia, tra il 1992 e il 2021, ben 30.133 persone sono state indennizzate dallo Stato (cioè da tutti noi) per essere state vittime di ingiuste detenzioni o errori giudiziari.
L’esborso complessivo è di poco inferiore a 900 milioni di euro, dato del quale ci informa l’avvocato Riccardo Radi (Avvocato Cassazionista del Foro di Roma, Consulente giuridico dell’associazione ErroriGiudiziari.com, coautore del Blog Terzultima fermata, Condirettore rivista Percorsi Penali e curatore di rubriche nei portali giuridici Filodiritto, Giurisprudenza Penale, Njus La Tribuna) che si è occupato del tema, il quale risponde ad alcune domande.
Lei nel suo scritto “30.133 innocenti e una sola pecora nera” parla di empatia verso la pecora nera: può parlarci meglio del senso di questa empatia?
Naturalmente la mia “empatia” è ironica ed è dettata da una situazione surreale. Le Procure della Corte dei Conti non intraprendono mai alcuna azione nei confronti dei magistrati che con il loro operato, in materia di ingiuste detenzioni applicate senza che ne sussistessero i presupposti, procurano un danno erariale. Sono milioni gli euro che lo Stato è chiamato a rimborsare alle persone ingiustamente arrestate. I casi di applicazione e mantenimento di misure cautelari senza la sussistenza delle condizioni di applicabilità sono molteplici ogni anno eppure, dal 1992 ad oggi, un solo magistrato è stato condannato per danno erariale. Ebbene per questa pecora nera ho “empatia”.
Si tratta di disattenzione o di un potere giudiziario quasi intangibile?
Più che di disattenzioni parlerei di deresponsabilizzazione della magistratura che non risponde del suo operato neanche in materia disciplinare. Sul punto basta avere la voglia di sfogliare il massimario della sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura per trovare delle sentenze che si commentano da sole.
Senza tediare eccone alcune: Ordinanza n. 50/2021 (presidente Ermini, estensore Braggion): non integra l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni per grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile, per scarsa rilevanza del fatto, la condotta del Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minori che ha omesso di richiedere la cessazione della misura della permanenza in casa allorquando si accerti ex post che l’omissione è stata in concreto inoffensive in quanto: non ha determinato alcun discredito per l’ordine giudiziario essendo emersa solo in sede di ispezione ministeriale; non è stata presentata istanza di riparazione per ingiusta detenzione; il fatto non ha avuto eco o risonanza mediatica; non vi è stato alcun pregiudizio per il minore per il quale la prosecuzione si è, invece, rivelata vantaggiosa.
Ordinanza n. 68/2021 (presidente Ermini, estensore Cascini): non integra l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni per grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile, per scarsa rilevanza del fatto, la condotta del giudice del dibattimento che dispone la scarcerazione dell’imputato oltre il termine di durata massima custodiale avuto riguardo al limitato numero di protrazione della misura custodiale rispetto alla pena definitiva; all’unicità dell’episodio nella carriera del magistrato; alla mancata compromissione dell’immagine del magistrato, essendo stato accertato il ritardo solo in sede di ispezione ministeriale.
Sentenza n. 140/2021 (presidente Ermini, estensore Balduini): non integra l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni per grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile, per scarsa rilevanza del fatto, la condotta del GIP, intervenuto nella sequenza procedimentale per occuparsi di una singola parentesi, che ha determinato una ritardata scarcerazione, laddove l’accertamento dell’illecito è avvenuto dopo oltre tre anni a seguito di ispezione ministeriale e, quindi, la condotta non ha creato alcun discredito per l’ordine giudiziario.
Proviamo a riassumere così quello che abbiamo capito di questa piccola casistica: la grave scorrettezza è un concetto elastico; non c’è ragione di dolersi se un PM dimentichi la scadenza di una misura a carico di un minore e non ne chieda la revoca; non c’è da strepitare se un giudice del dibattimento o un GIP scarcerino in ritardo un imputato detenuto.
La Corte dei Conti dovrebbe svolgere un più accurato apporto?
Le Procure presso la Corte dei Conti lamentano di non ricevere alcuna informazione in proposito e per ovviare a ciò basterebbe prevedere l’obbligo di trasmissione alla Corte dei Conti delle sentenze delle Corti di appello che liquidano gli indennizzi per ingiusta detenzione. Obbligo previsto per i decreti di liquidazione degli indennizzi ex legge Pinto. Suvvia non lasciamo sola soletta la pecora nera.