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Elezioni politiche 2022, quale sarà l’impatto sugli investimenti?
Siamo ormai giunti in prossimità dell’evento clou di autunno, le elezioni politiche del 2022. La campagna elettorale, a giudicare dalle stime sulla possibile affluenza alle urne, non sembra aver generato granché pathos sugli elettori. Si tratta senza dubbio di un importante market mover, che potrebbe avere effetti decisamente diversi a seconda di quale sarà la coalizione o il partito che uscirà vincitore.
Proviamo ad andare a intuire quale impatto potrebbero avere le elezioni sugli investitori, servendoci di un’analisi accuratamente condotta da Investing.com, una delle principali piattaforme operative sui mercati finanziari.
L’impatto dei fenomeni socio-politici sugli investitori
L’analisi condotta da Investing.com si è focalizzata sugli effetti della nomina di Mario Draghi sui mercati. In particolare, lo studio si è concentrato sull’impatto che tale evento ha avuto in termini di click sulla piattaforma, separando due 2 fasi distinte: in prossimità dell’avvio del mandato di Draghi (quindi le settimane immediatamente precedenti e successive) e negli ultimi mesi di vita del suo esecutivo.
Si è dunque rilevato che durante la prima fase il maggior numero di interazioni degli utenti è avvenuto all’interno di specifici forum, per esempio quelli dedicati alle singole azioni. Tra i forum più accesi si segnalano quello di Stellantis, con una crescita dei click del 75.6% dal 15 gennaio 2021 al 28 febbraio 2021, seguito da lontano da Gamestop (47%) e Autogrill (22%).
Nella seconda fase, invece, si è assistito ad un deciso cambio di tendenza, dove l’interesse degli investitori italiani pare essersi riversato sui titoli azionari a grande capitalizzazione, come Enel, Intesa, Bper e Eni, che hanno registrato un aumento di click rispettivamente pari al 46,7%, al 37,9%, al 36,3% e all’8,4%.
L’effetto sullo spread: sta già scontando il risultato delle urne?
Prima di sbilanciarci sui potenziali effetti post-elezioni è necessario contestualizzare l’attuale scenario politico, utilizzando il principale termometro di rischio per quanto riguarda il mercato italiano, lo spread.
L’andamento del differenziale BTP-Bund in seguito alle dimissioni di Mario Draghi ha avuto effetti tutto sommato attesi, anche se meno pesanti delle aspettative. Lo spread era infatti già oltre quota 200 punti base ed è schizzato fino ad un massimo di 252 nelle settimane successive, riassestandosi poi su livelli prossimi ai 230 punti base.
Alcuni analisti temono che un’eventuale vittoria del centrodestra (che i sondaggi danno come scenario più probabile) possa affondare ulteriormente il prezzo del decennale italiano, mentre altri ritengono che il mercato abbia già scontato il risultato e che sia dunque da scongiurare una nuova impennata dello spread verso livelli potenzialmente insostenibili.
Quali sono i possibili scenari futuri sui mercati?
Veniamo ora ai possibili scenari post-elezioni sui mercati. Se i sondaggi dovessero essere confermati dalle urne, pare molto probabile l’elezione a premier di Giorgia Meloni. Nonostante negli ultimi tempi la leader di Fratelli d’Italia abbia tentato di smorzare i toni sui rapporti con l’Europa, è ormai risaputo che i mercati non gradiscono l’elezione di una figura con ideologie (attuali o passate) sovraniste.
In certi momenti (ma è un comportamento che vale in ogni contesto sui mercati) uno dei princìpi che un investitore non dovrebbe trascurare riguarda la capacità di non affezionarsi troppo ad un singolo mercato, sulla base di una (presunta) percezione di familiarità o vicinanza.
Francesco Casarella, responsabile per l’Italia di Investing.Com, sottolinea infatti come oggi «la capitalizzazione di mercato per l’Italia è meno dell’1% rispetto al valore globale delle azioni», per cui gli effetti di un’eventuale volatilità dei titoli italiani avrebbero una portata pressoché nulla su un portafoglio correttamente diversificato.
Ricordiamo, inoltre, che arriviamo da un bear market che ci sta accompagnando da diversi mesi, con l’indice FTSE MIB che incassa un -19,1% da inizio anno, una performance già decisamente negativa, che lascia (forse) minore spazio per ulteriori ricadute importanti.
Considerato il ribasso a cui abbiamo assistito negli ultimi 9 mesi, un eventuale ritocco dei minimi potrebbe anzi presentare un’ancor più appetibile opportunità di ingresso, specialmente, conclude Casarella, «su quelle piccole e medie imprese da sempre sinonimo di qualità per l’Italia».