categoria: Vicolo corto
Non solo stipendio, vincono i benefit come flessibilità oraria e formazione
Post di Daniele Bacchi, Ceo e Co-founder di Reverse, azienda internazionale di headhunting e Risorse Umane –
Da sempre, la prima domanda che ci si pone nel momento in cui si riceve una proposta di lavoro è “quanto guadagnerò?”. Le vicende degli ultimi due anni, in primis il lockdown e l’approccio forzato allo smart working, però hanno fatto emergere altre esigenze nelle persone che iniziano a non considerare più solo lo stipendio come unico criterio di scelta di un’azienda, ma pongono una nuova attenzione ai benefit e ai vantaggi “extra” per bilanciare al meglio lavoro e vita privata, nel tentativo di raggiungere un ottimale work-life balance.
Il periodo pandemico vissuto ha portato sempre più le persone a rimettersi al centro e rivalutare le proprie priorità, anche nel campo professionale e lavorativo. Ad oggi non conta più solo lo stipendio quindi, sono sempre di più le nuove voci inserite nelle liste di pro e contro che ognuno si trova a compilare in vista di un nuovo impiego. Non è un fenomeno ristretto ad una specifica area geografica o a determinati ruoli lavorativi, e non c’entra nemmeno troppo l’età anagrafica. Si tratta di un fenomeno trasversale che interessa tutta la Penisola e di cui le aziende non possono non tenere conto. Gli ultimi due anni ci hanno fatto riflettere e riconsiderare le condizioni che siamo disposti ad accettare, che siano lavorative o meno. Sempre più si valutano le conseguenze che il tempo dedicato al lavoro avrà sul tempo dedicato al resto della vita.
La conferma di questa tendenza arriva anche dalle istituzioni con il recente emendamento al decreto Aiuti bis che prevede di rialzare il tetto dei benefit aziendali detassati da 258 a 516 euro, come accaduto durante l’emergenza Covid.
Appare evidente quindi che i manager sempre più debbano entrare nell’ottica che un dipendente soddisfatto e appagato dal proprio posto di lavoro è un aspetto vincente sia per il candidato che per le imprese. Si tratta di uno scambio “win win”. Da una recente analisi condotta da Reverse è emerso infatti che per il 64% degli intervistati i benefit aziendali sono centrali per la scelta dell’azienda in cui lavorare. Un dipendente sereno è una risorsa che difficilmente lascerà l’azienda e che lavorerà in maniera più produttiva ed efficace.
Da questa analisi scopriamo che orari flessibili e formazione sono al primo posto tra i benefit preferiti dai lavoratori, entrambi importanti per il 90% degli intervistati. Degni di nota risultano poi i servizi di sostegno alla famiglia, importanti per il 74% degli intervistati, l’assistenza sanitaria, per 70%, buoni benzina, gift card e convenzioni per gli acquisti per il 74% e una mensa aziendale di alto livello per il 72%. Meno rilevanti del previsto sono invece risultate le feste, gli eventi aziendali e i benefit più appariscenti come palestra e frutta fresca in ufficio, apprezzate solo dal 29% degli intervistati.
Flessibilità oraria e formazione, proposti in maniera chiara e trasparente durante la negoziazione, risultano sempre più necessari per sperare di portare a bordo i profili più richiesti dal mercato e sperare di trattenerli il più a lungo possibile. I dati in nostro possesso confermano quanto già previsto da recenti ricerche scientifiche sulla motivazione al lavoro delle generazioni della nostra epoca, cioè che ciò che veramente rende felici e produttive le persone sono autonomia, desiderio di eccellere nel proprio campo e lavorare per un fine ultimo ben definito.
È bene specificare che lo stipendio non è improvvisamente scomparso, semplicemente la generazione attuale lo dà per scontato. Certo che si lavora ancora oggi per avere un guadagno, ma quando lo stipendio raggiunge un certo livello, sono le motivazioni intrinseche e non estrinseche, come bonus e paga, a produrre un acceleratore di performance e di fedeltà all’azienda. Ecco che allora non suona affatto strano il desiderio di orario flessibile, conseguenza della ricerca di autonomia lavorativa: avere obiettivi misurabili e condivisi con la propria organizzazione e avere l’autonomia di ingegnarsi per centrarli.
La forte esigenza formativa invece deriva dal desiderio di diventare un giorno i riferimenti nel proprio campo, raggiungere il grado ultimo di conoscenza e poter essere definiti Maestri. Per questa ragione le persone oggi cambiano anche spesso lavoro in base alla stima che hanno maturato nei loro futuri colleghi e in quanto questi possano insegnare loro l’eccellenza.