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Gli aumenti del gas colpiscono soprattutto i più deboli. Come contrastarli?
A partire dalla metà del 2021, abbiamo assistito ad aumenti energetici vertiginosi e senza precedenti. Le cause sono numerose e complesse, esacerbate successivamente dal conflitto Russo-Ucraino. Gli effetti hanno invece colpito tutta l’Europa, ma con intensità differenti tra Paesi. Un recente working paper dell’IMF analizza tali asimmetrie, provando anche a valutare gli interventi politici ed il loro grado di efficacia.
La connessione tra i prezzi del gas naturale e dell’energia
Innanzitutto, occorre considerare che il prezzo all’ingrosso del gas naturale è abbastanza uniforme in Europa. Ciò che varia, è l’utilizzo dello stesso per produrre energia. Ad esempio, sappiamo che solo il 3% dell’energia prodotta in Svezia ha come fonte il gas naturale. La stessa percentuale è ben più alta in Paesi come Italia e Germania.
Discorso diverso per i prezzi dell’energia, dove si registrano differenze più marcate. I prezzi sono più alti laddove è maggiore la dipendenza dal gas naturale e dove le infrastrutture di interconnessione sono più limitate (ad esempio in Italia, Irlanda, Spagna, portogallo e UK). Questo accade perché il prezzo dell’energia si forma secondo un sistema marginalista, che lo lega fortemente al prezzo del gas naturale (e sull’efficienza di tale sistema, andrebbe aperto un altro capitolo).
Gli effetti sull’inflazione e le categorie più colpite
Come noto, tali aumenti incidono altresì sull’inflazione, in misura asimmetrica, come si vede dal seguente grafico.
Ma quanto degli aumenti dei costi energetici arrivano a valle? Anche qui si notano diverse differenze tra i Paesi europei. Le cause delle asimmetrie dipendono da fattori intrinseci ai singoli mercati e da interventi regolatori tesi a limitare gli effetti degli aumenti stessi..
Una delle conseguenze maggiormente negative del rialzo dei prezzi dell’energia riguarda i suoi effetti regressivi. Infatti, colpiscono molto di più le fasce economicamente più deboli.
La situazione quindi è preoccupante, anche perché i rialzi potrebbero non essere terminati. Con tutto il rischio di tensioni sociali crescenti.
Come sta intervenendo la politica?
La politica è intervenuta e continua a farlo, spendendo diversi miliardi di euro. Lo fa attraverso diverse tipologie di misure, dai controlli dei prezzi a misure di sostegno per imprese e famiglie. I due grafici seguenti mostrano le scelte maggiormente utilizzate e i punti di PIL destinati a ciascuna voce. Prevalgono gli interventi tesi a limitare il ribaltamento dei costi a valle.
Quali sono le misure più efficaci?
Secondo gli autori del paper, le misure volte a limitare ex lege la corsa dei prezzi non sono molto efficaci. Ciò accade perché -oltre ad essere costose per la fiscalità generale- impediscono alla domanda di aggiustarsi spontaneamente (se pago di più l’energia, sarò più tendente a limitare i consumi). Questo, alla lunga, può causare ulteriori rally dei prezzi. Gli autori mostrano scetticismo anche nei confronti degli aiuti alle imprese, che dovrebbero essere limitati nel tempo e destinati solo ad evitare crisi di liquidità. Sono invece a favore di interventi diretti a sostenere i redditi dei consumatori meno abbienti.
In ogni caso, la soluzione di supportare chi si trova in maggiore difficoltà è stata poco utilizzata fin adesso. Secondo un articolo del The Economist, solo il 12% delle risorse impiegate dagli Stati Membri è stato utilizzato per tal fine. Ma quali sono, in concreto, le opzioni sul tavolo? Il paper ne elenca alcune.
Finché ci sarà domanda, i prezzi non caleranno. I politici vogliono che la domanda ci sia, per provare ad evitare la recessione. Si tratta di un gioco rischioso però. In ogni caso, frattanto, occorre effettuare delle scelte per alleviare gli effetti degli aumenti energetici per chi soffre di più, che siano imprese o famiglie. Aiutare tutti, indistintamente, può essere troppo oneroso, nonché controproducente.
Twitter @francis__bruno