categoria: Vicolo corto
Ponte sullo Stretto, si può fare? Ecco perché no e perché c’è di peggio
Post di Marco Ponti, Bridges Research Trust onlus –
Il tormentone del ponte sullo stretto di Messina sembra infinito, e val la pena di riprendere innanzitutto alcuni fatti tecnici non notissimi, che suscitano seri dubbi sulla possibilità di costruirlo. Innanzitutto esiste un recente e articolatissimo studio del 2021 che mette in luce che esistono quattro soluzioni ingegneristiche alternative. Quella sub-alveo (cioè un tunnel scavato sotto il fondale marino), non si può fare perché il mare è molto profondo, e le pendenze necessarie sarebbero proibitive, o lo sarebbero le distanze entroterra da cui il tunnel dovrebbe partire. Poi un tunnel semisommerso ancorato al fondo con dei cavi (noto come “ponte di Archimede”): non ne è mai stato costruito uno, quindi presenta moltissime incognite tecniche di stabilità e tenuta. Il terzo è quello sospeso a campata unica di 3 chilometri di luce, con pilastri a terra di 300 metri, che si dovrebbe per forza fare lontano sia da Messina che da Reggio Calabria, perché bisogna farlo nel punto meno esteso dello stretto, che si trova al suo estremo nord. Sarebbe scomodissimo per tutto il traffico locale, che continuerebbe a usare i traghetti perché più veloci. Inoltre presenta problemi sismici non trascurabili, e soprattutto, essendo una struttura molto flessibile, in tutti i giorni di venti forti, molto frequenti sullo stretto, non sarebbe probabilmente utilizzabile. Inoltre le abnormi fondazioni dei pilastri (i maggiori del mondo, cubi di quasi cento metri di lato) presentano incertezze sulle temperature che si generano in fase di presa del calcestruzzo, con conseguenze non del tutto note sui risultati della presa stessa.
La quarta soluzione è la più recente: si tratterebbe ancora di un ponte sospeso, ma molto più lungo, che collegherebbe direttamente le due maggiori città, e sarebbe a tre campate con due pilastri, meno impegnativi dei precedenti, ma appoggiati in mare sulle pendici del fondale dello stretto (che presenta una sezione praticamente a V). Questo però genererebbe severissimi problemi statici, perché quelle pendici non sembrano essere affatto geologicamente stabili.
Anche riguardo agli aspetti di traffico ed economici, lo studio citato si presenta molto articolato e approfondito. I dati del traffico attuale via traghetto sono per i passeggeri pari a circa 4,2 milioni annui (6,3 milioni sono i passeggeri per via aerea), e per le merci di circa 3,3 milioni di tonnellate annue attraverso lo stretto (altri 2,2 milioni di tonnellate viaggiano via navi di lunga percorrenza). Tuttavia non risultano previsioni di crescita quantificate.
Viene correttamente ipotizzato un radicale miglioramento del servizio traghetti, con risparmi di tempo rispetto al ponte (per diverse tipologie di questo) generalmente inferiori all’ora (il massimo risparmio sarebbe di 47 minuti). Lo studio non prevede alcun pedaggio per il ponte, ritenendo che comunque i ricavi sarebbero modesti rispetto ai costi totali dell’opera, costi che tuttavia non vengono quantificati nemmeno come ordine di grandezza. Forse per non essere indotti a formulare, a fronte di dati completi, imbarazzanti analisi del tipo costi-benefici sociali (ACB), pur prescritte dalle norme vigenti (il tono complessivo dello studio infatti fa pensare ad un orientamento generale degli autori molto favorevole all’opera, nonostante le difficoltà tecniche sopra illustrate).
Tali analisi economiche, anche approssimate, avrebbero avuto comunque un importante valore indicativo.
Tuttavia con quei dati è possibile valutare “a ritroso” l’ordine di grandezza della spesa che sarebbe giustificata dai benefici economici che genererebbe. Assumiamo parametri standard europei o italiani molto «ottimisti», cioè stimiamo quello che è verosimilmente il miglior risultato economico possibile per l’opera in questione. Sia il saggio sociale di sconto il 3%, il valore del tempo (che è il beneficio dominante) sia per le merci 100€/ora per ogni camion (cioè 10€/ora/tonnellata), e per i passeggeri sia 10€/ora il valore unitario medio del tempo risparmiato (arrotondato per eccesso a 1 ora ogni viaggio), e la crescita del traffico il 3% annuo.
Assumiamo infine che l’elasticità alla riduzione del tempo di viaggio di un’ora, sia per i passeggeri che per le merci, li faccia aumentare da subito del 20% circa, rispettivamente a 5 e 4 milioni (il ponte non determinerà forti spostamenti modali per i viaggi di lunga distanza. Per questi spostamenti, nave ed aereo rimarranno dominanti).
Per i risultati assumiamo il metodo «first year benefits», su cui qui non ci possiamo dilungare, ma che è ritenuto accettabile quando il saggio sociale di sconto sia coincidente con il saggio di crescita assunto per i benefici, entrambi il 3%. Ammontando i benefici al primo anno di apertura a circa 90 milioni, questi costituiscono il 3% (la redditività minima secondo gli standard europei) di un investimento limitato, dell’ordine di 3 miliardi. Siamo lontani dalle stime di costo che hanno informalmente circolato, mai inferiori a valori doppi di questo.
L’opera dunque non genera benefici socioeconomici (costituiti principalmente da risparmi di tempo) tali da giustificarla. Questo, con pedaggi nulli, cioè con i costi tutti a carico dei contribuenti. Se ci fossero pedaggi, il traffico e quindi i benefici socioeconomici sarebbero ancora inferiori (come accade sempre per i “monopoli naturali” quali sono le infrastrutture di trasporto).
Ma viva il Ponte, rispetto alla maggior opera infrastrutturale del PNRR! Questa è davvero fantastica: consiste nel raddoppio ad Alta Velocità della linea esistente tra Salerno e Reggio Calabria, in fase di velocizzazione e molto lontana dalla saturazione.
L’opera è prevista costare una cifra compresa tra i 22 e i 29 miliardi (tra 5 e 7 TAV, per intenderci) tutti a carico dei contribuenti, e farà risparmiare circa 40 minuti di tempo di viaggio, ritenuti con un volo di fantasia essenziali alla crescita del Sud. Lo studio di fattibilità, per sicurezza, è stato affidato allo stesso percettore dei fondi, le Ferrovie dello Stato, in clamoroso conflitto di interessi. Scommettiamo che i risultati delle analisi saranno ultra-positivi? Lo sono già per la prima tratta, tra Salerno e l’importantissimo centro di Praja a Mare (per i dettagli, si veda il sito di BRT onlus).
Questa linea in realtà sarà ancora meno utile del ponte, per euro pubblico speso. Ma per entrambe le opere, la netta impressione è che si tratti di soldi destinati a comprar voti, molto più che a far crescere il Mezzogiorno, che di cose molto diverse avrebbe bisogno.