categoria: Res Publica
Elezioni ora? Per il fronte Euro-Atlantista meglio adesso del 2023
Post di Giovanni di Corato*, Amministratore Delegato Amundi RE Italia SGR –
Nonostante ci sia stato ormai il tempo per metabolizzarla, resta ai più oscuro ciò che ha generato la recente crisi di Governo e soprattutto ciò che ha condotto al precipitare della situazione e alla conseguente interruzione della legislatura.
Le interpretazioni non mancano, sono molteplici e quasi tutte orientate alla ricerca di un colpevole della caduta dell’esecutivo. Ciò che resta del M5S, gli scissionisti del M5S, la Lega e Forza Italia, per alcuni lo stesso Presidente del Consiglio dimissionario. Fra queste ha anche preso piede l’idea che gli «errori» compiuti nella crisi da ciascuno degli attori, interagendo quasi casualmente fra loro, abbiano condotto la situazione fuori controllo fino a determinare un esito catastrofico.
Al di là della dinamica politica, prodotta dalle azioni e reazioni dei diversi attori, un punto rilevante è poi individuare, nel merito, ciò che ha condotto alla rottura irreparabile della maggioranza di unità nazionale che sosteneva l’esecutivo. Qui l’idea prevalente è che il punto di non ritorno sia stato raggiunto a causa della totale assenza di una possibile sintesi fra le posizioni delle diverse forze politiche sulla cosiddetta «agenda sociale», della quale i punti esplicitati dal M5S e portati, con enfasi e determinazione, all’attenzione del Presidente del Consiglio dimissionario rappresentano una declinazione di sinistra, indigeribile per la destra.
In tale contesto restano poi diverse domande connesse al dipanarsi della crisi e all’imminente campagna elettorale alle quali non è semplice trovare delle risposte minimamente ragionevoli o quantomeno, per trovarle, è necessario seguire logiche ben poco lineari. Perché il Presidente delle Repubblica non ha neanche provato a giocare una partita orientata alla formazione di un nuovo governo, data la rilevanza delle emergenze in campo, aprendo peraltro, cosa mai successa, una campagna elettorale “balneare”? Perché il Presidente del Consiglio si è dimesso, nonostante avesse raccolto la fiducia? Perché non si è indirizzato verso un rimpasto che avrebbe comunque ottenuto la maggioranza nei due rami del Parlamento, salvo la perdita del sostegno di ciò che resta del M5S? Perché il PD, in palese affanno elettorale, lavora ad una coalizione senza il M5S, in quanto forza politica “colpevole” della caduta del Governo, ma al contempo imbarca forze di sinistra che erano all’opposizione e peraltro dovrà “sfidare” una coalizione di destra che non ha espresso alcuna coerenza interna sul fronte del sostegno al governo dimissionario?
Sicuramente, tutti i partiti della coalizione di centro destra hanno lavorato con decisione affinché ci fosse uno sbocco elettorale della crisi, scommettendo su una vittoria nelle urne anticipata da sondaggi per essa decisamente lusinghieri. Tale linea d’azione, però, da sola, non sarebbe stata sufficiente, come non lo è stata in passato, per centrare l’obiettivo. Per produrre la fine anticipata della legislatura è stato, senza dubbio, necessario il concorso di altre volontà.
A fronte di questo scenario molto confuso una possibile lettura capace di mettere un po’ di ordine negli eventi e rendere sensate le scelte di molti attori della crisi potrebbe essere quella di pensare che la menzionata “agenda sociale” sia stata semplicemente il detonatore, ma che il carburante capace di produrre la deflagrazione della legislatura abbia molto a che vedere con la geopolitica e specificamente con l’evento bellico Russo – Ucraino.
Il presupposto è che il consenso rispetto alla linea rigorosamente Euro-Atlantista adottata dal governo dimissionario non sia decisamente maggioritario nel paese, come paiono indicare molti sondaggi. In aggiunta tale consenso appare orientato ad affievolirsi ulteriormente, qualora la crisi Russo – Ucraina non dovesse risolversi, come è pressoché sicuro, nell’immediato. Da ciò probabilmente discende l’urgenza di cristallizzare oggi e non fra un anno un consenso elettorale con la chiamata alle urne.
Ciò premesso, la sensazione è che il fronte politico, con il pieno supporto delle massime cariche dello Stato, che con più convinzione ha sostenuto la posizione Euro-Atlantista del Governo dimissionario e che risulta del tutto trasversale alla destra e alla sinistra ed alle stesse maggioranza e minoranza che lo hanno sostenuto, abbia scommesso con decisione sulle imminenti elezioni. L’obiettivo è chiaramente quello, indipendentemente dal fatto che il prossimo Governo, sia qualificabile come più o meno di destra o più o meno di sinistra, di marginalizzare le forze politiche, ridimensionandone pesantemente la rappresentanza parlamentare, con le posizioni più “eterodosse” rispetto al supporto militare all’Ucraina, alle sanzioni alla Russia e più in generale al posizionamento geopolitico Euro – Atlantista del paese.
Un centro destra, nettamente in testa nei sondaggi, ma pesantemente egemonizzato da Fratelli d’Italia, ed un PD che lavora per azzerare, a valle delle elezioni, ciò che resta del M5S, prefigura proprio un nuovo Parlamento in cui posizioni che mettano minimamente in discussione il posizionamento geopolitico del paese, abbiano scarsissima cittadinanza.
Il senso di tutto ciò è che la crisi Russo – Ucraina non sia un semplice conflitto bellico destinato comunque, prima o poi, a risolversi, ma l’evento che apre una nuova fase storica, rispetto alla quale, le forze oggi egemoni in Occidente stanno prendendo una posizione molto chiara e molto distinta sul rapporto da intrattenere con la Russia, la Cina e molti paesi un tempo emergenti ed oggi emersi. Posizioni che prefigurino anche soltanto un ruolo “terzo” dell’Europa nella dura dialettica tra gli Stati Uniti e più in generale il mondo anglosassone e questo blocco di paesi sempre più centrali nello scenario economico globale e congiuntamente caratterizzati da sistemi di governo scarsamente democratici se non autoritari non sono più ammesse e su tale priorità appare, in fondo ragionevole, che lo stesso Presidente del Consiglio dimissionario abbia sacrificato il proprio ruolo ed il proprio governo.
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