categoria: Vicolo corto
TikTok fa guadagnare più del Presidente della Repubblica. Giusto o no?
“Amore, che cosa vuoi fare da grande?”: è una domanda che parecchi genitori, nel tempo, hanno rivolto ai propri figli con orgoglio, quasi fosse l’apertura d’un rito di passaggio tanto potente quanto naturale, un prodotto linguistico-comportamentale cui nessuno prestava particolare attenzione. I bambini, opportunamente sollecitati e più o meno condizionati, erano soliti assumere immediatamente certi modelli: avvocato, medico, pilota o chissà cos’altro. In pratica, la risposta costituiva, già da sé, la dialettica d’un legame esistenziale tra la fantasia infantile e l’ufficio dell’adulto; la qual cosa può apparire scontata, di poco conto. Forse, lo era, in effetti; lo era, fino a quando nessuno ha messo in discussione il legame stesso. Oggi, non di rado, fin dalla tenera età, alcuni di loro sembrano ignorare i ruoli della borghesia costruttiva del XX secolo, scegliendo per attrazione: “TikToker”. Ne facciamo subito una questione morale e cominciamo a lamentarci della corruzione dei costumi? Nient’affatto! Occorre mantenere un po’ di freddezza analitica, per così dire, sebbene la tentazione sia cocente. I fatti, badiamo ai fatti, senza lasciarci fuorviare da quella voce interiore che, talora, urla ‘vendetta’!
Da un punto di vista strettamente economico, molti, almeno i più popolari, sono autentiche ‘macchine per fare soldi’: è inutile lambiccarsi il cervello per trovare espressioni nuove, brillanti, pur se molto più eleganti. Il circuito del business è presto fatto: Charli Grace D’Amelio, statunitense, 18 anni, più di 120 milioni di follower, lo scorso anno avrebbe guadagnato più di 17 milioni di dollari, ottenendo pure un ingaggio per ballare al Super Bowl. Sì, la D’Amelio, a differenza di tanti altri, ha iniziato offrendo un certo contenuto ai propri fan. Essendo una ballerina professionista, non ha fatto altro che interpretare i brani musicali più in voga: in poco tempo, i suoi ammiratori sono impazziti regalandole primati imprevedibili. Di lì, non si fa fatica a immaginare lo sviluppo dell’influencer marketing. Giocando coi paradossi, il Presidente degli Stati Uniti, il cui stipendio ammonta a 400.000 dollari l’anno, rispetto a lei, è un poveretto. Con ciò non s’intende dire che la gente non ha il diritto di guadagnare più di un Presidente di uno Stato, attenzione! Tuttavia, se consideriamo l’età di questi milionari e, inevitabilmente, il loro curriculum, ovverosia le fatiche fatte per arrivare al successo, ci troviamo innanzi – per lo meno – a un’insidia della logica. E non si pensi che i 17 milioni di dollari di Charli D’Amelio siano la cifra più alta mai guadagnata dai TikToker!
Chi scrive è un umile studioso della lingua italiana e – va detto – prova un certo sordo dolore nel raccogliere questi dati, giacché, com’è noto, un amante delle buone lettere vive spesso di stenti e, solo se gli va bene, non muore di fame. Una cattedrina universitaria e qualche pubblicazione scientifica, molto di frequente, appagano più lo spirito che i bisogni primari. Ci si consola, in parte, sapendo che Il nome della rosa è il romanzo italiano più venduto di tutti i tempi. I lettori, stando alle stime, avrebbero premiato Umberto Eco acquistandone 50 milioni di copie. Ci abbatte, invece, sapere che, se solo provassimo a chiedere a uno di questi ragazzi notizie su Guglielmo da Baskerville o Adso da Melk, quasi sicuramente non sarebbero in grado di associare sillaba e suono. È davvero così importante conoscere protagonista e deuteragonista dell’opera di Eco? Si può vivere in pace anche non conoscendoli, specie a 18 anni, per carità. Lo stesso può dirsi se, leggendo “nel mezzo del cammin di nostra vita”, si pensa al nulla e si sbotta in un’ingiustificata risata?
Insomma, questo è uno dei casi in cui trovare una buona misura, quella forma che non c’induca a giudicare frettolosamente il fenomeno, è difficile. Di certo, non si può negare che, in alcune circostanze, siano nati dei veri e propri personaggi, che non possiamo condannare solo perché esprimono il dominio della cultura media o medio-bassa. Voce stridula, ammiccamenti esasperanti, moine irritanti, gestualità affettata et cetera: se queste caratteristiche fossero state manifestate – come, di fatto, è spesso accaduto – da un personaggio dello Zelig delle origini, nessuno se ne sarebbe scandalizzato e, soprattutto, nessuno avrebbe indagato, di qua dal personaggio, il livello culturale della persona, per quanto sia risaputo che i personaggi di Zelig non hanno mai guadagnato cifre da capogiro. Il fatto è che non possiamo usare due pesi e due misure, come si suol dire. Di questo passo, infatti, sarebbe doveroso puntare lo sguardo, prima di tutto, sul nostro Parlamento, l’accesso al quale non pare sia mediato da grandi fatiche intellettuali. Tre anni fa, proprio su Econopoly, pubblicammo Il miracolo della politica in Italia, soldi e successo senza studio. In quell’occasione, provammo a riflettere proprio sulla relazione tra l’ascesa socio-economica e le competenze acquisite. E non facemmo molta fatica a richiamare alla nostra memoria le figuracce di Luigi Di Maio, di Matteo Salvini e di tanti altri capipopolo. Matteoli, Rutelli, Fedeli, Poletti, Lorenzin, Lezzi et alii sono solo alcuni tra coloro che, quantunque privi d’un solido percorso scolastico, hanno avuto incarichi incongruenti o, per lo meno, spropositati.
Adesso, però, il problema è un altro ed è rappresentato dalla rottura di quel legame esistenziale di cui abbiamo parlato in apertura. La generazione Z, questa la denominazione di categoria, si rispecchia unicamente in sé stessa, da sé stessa è influenzata e per sé propone modelli e codici linguistici. Parte della società si è autenticamente curvata su di essa; i grandi marchi ne sono stati materialmente risucchiati, offrendo contratti a sei zeri ai giovani influencer. I più famosi arrivano a chiedere addirittura 500.000 dollari per post alle aziende che scelgono di far leva sulla loro popolarità per pubblicizzare un prodotto.
Elisa Maino, tra gli antesignani in Italia per l’uso di TikTok, a 19 anni, ha già scritto tre libri, #Ops, Non ti scordar di me e Con Amore, uno dei quali, #Ops, solo nella prima settimana, ha venduto 50.000 copie, è stata protagonista di un film-documentario e, secondo stime approssimative, elaborate soprattutto sulla base dei milioni di follower che la rendono ricca, avrebbe introiti mensili per circa 50.000 euro. In pratica, Elisa Maino guadagna, in un anno, più di quanto guadagnano il Governatore della Banca d’Italia (poco meno di 500.000 euro), il Presidente della Repubblica (poco meno di 240.000 euro) e il Presidente del Consiglio (80.000). Brand come Dolce & Gabbana, Tommy Hilfiger, L’Oréal Paris e altri hanno affidato proprio a lei il ruolo di testimonial.
In materia di TikTok, Il nostro paese è balzato agli onori della cronaca anche per il caso di Khaby Lame, un ventenne di origini senegalesi, da più di vent’anni residente in Italia, che ha totalizzato quasi 150 milioni di follower, prendendo in giro gli influencer e mettendo in crisi non solo qualsiasi logica di sistema, ma anche i criteri esistenti dell’influencer marketing. Nel caso in questione, di fatto, a volersi pronunciare secondo un presupposto analitico, non si rileverebbero veri e propri contenuti, a meno di considerare l’annientamento dei contenuti quale fondamento della comicità da lui proposta. La stessa Ferragni ne è stata surclassata. Il mondo lo ha accolto quale nuovo idolo e, tenendo conto del fatto che è diventato modello di Hugo Boss e sponsor di Juventus, Barilla e altri ed è stato ospite della Mostra del Cinema di Venezia, adesso è davvero difficile calcolare il suo ‘stipendio’ mensile. Si sa per certo che, per un video promozionale, non chiede meno di 80.000 dollari.
Ciò che ci manca, in realtà, come s’è detto più volte, è il sentiero interpretativo da percorrere: si tratta ormai di un universo parallelo e di cui bisogna imparare il codice il più in fretta possibile o il collegamento tra ‘loro’ e gli ‘altri’ esiste già e noi, scioccamente, non lo abbiamo compreso appieno? I più tra gl’intellettuali, i teatranti e, più in generale, gli artisti, che hanno versato sangue negli studi, oggi, se ne dicono oltraggiati. Potrebbero non avere torto, ma i fenomeni sociali sono inarrestabili e così pure quelli economici: crescono silenziosamente fino ad assumere dimensioni incalcolabili. Pretendere di opporre i postulati di anima, mondo e Dio all’evoluzione della specie vuol dire farsi del male gratuitamente.
Non è escluso, allora, che talune piattaforme possano essere riqualificate e riscattate. Se gl’intellettuali abbandonassero il proprio sdegnoso isolamento e tentassero di comunicare in modo diverso, magari usando TikTok? La domanda non è affatto retorica e, di conseguenza, non presuppone una risposta, positiva o negativa che sia. È una domanda reale. Ciò che resta sullo sfondo è questo: lamentarsi della corruzione dei costumi è facile; ‘rosicare’ per i successi altrui lo è altrettanto. Proporre qualcosa di alternativo?