categoria: Distruzione creativa
Metaverso, la grande domanda: step evolutivo o regressione a ologrammi?
Post di Emanuele Ricco, fisico e trader quantitativo –
‘No time, no space, another race of vibrations. The sea of the simulation.’
Fermiamoci un attimo. Immaginiamo un mondo in cui la dimensione temporale non ha importanza, nella quale i processi biologici che determinino l’invecchiamento non esistano, ed i partecipanti rimangano ontologicamente perfetti senza ineluttabili trasformazioni fisiche.
Non siamo in una puntata di Black Mirror, né in un romanzo di Philip Dick, ma nella maggiore rivoluzione tecnosofica degli ultimi anni, un mondo virtuale del quale stiamo osservando la sua genesi come Artemide con i suoi piccoli nascituri; il metaverso. Questo termine così esotico, che ci richiama alla mente mondi lontanissimi e finzioni pirandelliane, descrive una realtà che non nasce in maniera estemporanea, ma seguendo un preciso percorso evolutivo che ha le sue origini agli albori della civiltà umana.
Circa 70 mila anni fa, l’Homo Sapiens subì la Rivoluzione cognitiva che gli permise di soverchiare l’Homo Neanderthal, dando inizio al mondo che conosciamo ancora oggi. Quale fu la causa primordiale di uno scombussolamento così rilevante nell’ecosistema preistorico? La maggior parte degli storici attribuisce la ragione di tutto ciò allo sviluppo della capacità di finzione, che permette ad una collettività di esseri umani la cooperazione per il perseguimento di un obiettivo seguendo un mito comune non tangibile.
Una delle caratteristiche intrinseche dell’essere umano è la sua tendenza ad attribuire poteri decisionali ad individui che abbiano dimostrato particolari capacità dialettiche o caratteriali, oppure possedenti ancestrali pseudo divini. Queste idealizzazioni sono state alla base dello sviluppo di tutte le società dall’età della pietra fino ad oggi, con un unico denominatore comune dettato dalle modalità di conferimento del potere, decise ‘ad libitum’ dall’essere umano.
Tali dinamiche, pur con ovvie trasformazioni dettate dall’evoluzione tecnologica, sono rimaste affini nel perdurare del tempo. Il ruolo di ‘pater familias’, capo assoluto del nucleo familiare romano, è stato assunto da guru della tecnologia come Mark Zuckerberg, trasponendo il concetto di identità reale nella possibilità di esistere solamente tramite un account su Facebook o altri social media. Arrivati a questo punto sorge spontanea una domanda: in un mondo totalmente virtuale come il metaverso in cui l’autocoscienza sarebbe totalmente obnubilata a favore di una omologazione culturale dell’individuo, il libero arbitrio avrebbe ancora senso?
‘Ed è bellissimo perdersi in quest’incantesimo’
Se Spinoza vivesse ai giorni nostri, probabilmente non criticherebbe la mera tecnologia in sé, intesa come lo sviluppo della scienza e della perizia umana per adattarsi ai progressi sociali, quanto il rapporto della stessa con l’uomo. Il filosofo olandese prende spunto dalla teoria della libertà stoica, basata sul concetto di dovere.
L’autodeterminazione risulta quindi fondamentale per il perseguimento dell’obiettivo ultimo della vita di ciascuno di noi, ovvero l’’eudaimonia’. Secondo la corrente filosofica greca lo scopo supremo di ciascun uomo diviene quello di raggiungere la condizione migliore di sé, tramite un processo basato sulla continua volontà che non termina mai, se non con la morte. Il metaverso potrebbe offrirci potenzialità mai pensate finora, dal turismo virtuale ad esperienze sensoriali dirette che sarebbero la panacea per persone affette da tetraplegia e paralisi. Si aprono però quesiti etici di difficile risoluzione.
In primis il metaverso, per come viene inteso oggi, è un mondo realizzato da società private con ovvio desiderio di profitto, in cui la stessa esistenza di un individuo è subordinata alla creazione di una sovrastruttura tecnologica immaginata da altri. Ha quindi senso definire una realtà solamente in virtù delle esperienze di chi la vive per poterne sfruttare i desideri? Il metaverso potrebbe essere la realizzazione ultima del mondo Hegeliano, secondo cui sussiste una continuità fra natura e l’essere umano. Il mondo virtuale diventa quindi Spirito e, citando le sue parole: ‘l’individuo stesso nella sua oggettività verità ed eticità in quanto membro del medesimo’.
Il mondo reale non necessita dell’essere umano per la propria sopravvivenza, a differenza del metaverso ed in generale delle varie tipologie di realtà virtuali. Si può quindi parlare di un mondo in cui le capacità tecniche dell’essere umano siano imprescindibili per la sua esistenza?
‘Perché ho bisogno della tua presenza. Per capire meglio la mia essenza’
Questa tematica molto spinosa è stata ampiamente discussa dal filosofo tedesco Immanuel Kant nel suo saggio ‘La Critica della Ragion Pura’, in cui lo spazio viene considerato come una rappresentazione necessaria a priori per la realizzazione di fenomeni interni. Probabilmente il ‘Web 3.0’ porterà una rivoluzione nel concetto stesso di realtà circostante in maniera simile alla rivoluzione copernicana di Kant. Possono quindi svilupparsi correnti di pensiero differenti, seguendo una visione distopica o meno del futuro, aprendo amplissimi temi di discussione riguardo l’influsso che il metaverso avrà nelle nostre vite. Fin quando il corpo e l’anima di un essere umano saranno inscindibili, esisteranno sicuramente dei processi metabolici e fisiologici come l’accorciamento nel telomero che non potranno essere sconfitti. L’appartenenza a questa realtà virtuale sarà quindi una libera scelta, oppure un obbligo sotteso come l’iscrizione ai social media odierni? E soprattutto esisterà l’unico metaverso, o saremo in balia di tanti diversi mondi in ognuno dei quali vi sarà il compimento di ciascuno dei nostri sogni più reconditi? Riusciranno le future generazioni ad essere sufficientemente distaccate da questo mondo virtuale, o sarà totalmente pervasivo nelle loro vite da non farli discernere fra realtà e immaginazione?
Tante domande, poche risposte. La ‘società liquida’ predetta da Bauman sta trovando sempre più riscontri nella realtà attuale, con un processo di continua creazione e distruzione di nuovi paradigmi. Riusciremo quindi a suscitare un ulteriore step evolutivo nella nostra specie, oppure regrediremo ad ologrammi senz’anima che vivranno in un mondo imperniato su una mera coscienza collettiva?
‘Ed il maestro mi insegnò come è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire’