categoria: Vicolo corto
Automotive Italia, è proprio vero che l’Europa ne ha decretato la fine?
Post di Alberto Stecca, CEO di Silla Industries –
Gli ultimi giorni ci hanno visti tutti in trepidante attesa di quella che è, oserei dire, una svolta storica per la nostra società moderna. Il Parlamento dell’Unione europea si è espresso a favore di una decisione determinata e coraggiosa. Una presa di posizione necessaria quanto auspicata, soprattutto da noi che abbiamo a cuore l’effettivo realizzarsi della transizione energetica. Dal 2035 si è decretato lo stop di produzione e vendita di automobili a motore endotermico. Naturalmente c’è chi si è espresso fortemente a sfavore della risoluzione Europea tanto che, diverse testate italiane, hanno intitolato le proprie prime pagine parlando di “fine dell’auto Italiana” o di “fine della nostra economia” riferendosi al settore automotive e non solo.
Opinioni che non posso certamente condividere, anzi, per contro dico una cosa volutamente provocatoria. Queste testate sono a conoscenza del fatto che vi sono produttori in Europa (Volkswagen, per esempio) che in due anni hanno convertito le loro linee produttive per passare dalla produzione di vetture endotermiche a vetture elettriche? Ebbene, se l’hanno fatto loro, perché non le aziende italiane? In cosa esattamente hanno perso tempo le nostre realtà produttive?
E poi… basta con questo stracciarsi le vesti per una presunta tragedia imminente: i dati di immatricolazione di aprile ci dicono che l’auto elettrica più venduta in Europa è la Fiat 500 elettrica, ed il gruppo Stellantis nelle vetture elettriche pure pesa più di Volkswagen. Quindi qualcuno che si sta preparando per tempo già c’è, anche se i volumi sono piccoli, gli altri hanno 13 anni di tempo per adeguarsi. Il 25 Maggio 1961 John Kennedy decise di far atterrare un uomo sulla Luna, e questo avvenne nel Luglio del 1969, solo 8 anni dopo! All’industria italiana davvero serve di più per innovare e cambiare?
Quello che succede all’industria Italiana dell’automotive è in realtà una diretta conseguenza della deliberata decisione di ignorare un processo di evoluzione e aggiornamento inevitabile e irreversibile. Si chiama progresso, si chiama restare al passo con le esigenze di un mondo che cambia e che non possiamo permetterci di ignorare. E ignorare l’evoluzione ed il progresso significa commettere un peccato contrario persino all’identità di sviluppo economico-industriale tanto caro ai detrattori della mobilità elettrica che forse, nei fatti, vogliono solo conservare lo status-quo a loro favore. Non c’è crescita senza aggiornamento. Non c’è crescita senza visione.
La decisione del capolinea 2035 è, come ho detto, un segnale forte ma attenzione è ancora insufficiente. Per non dare ragione a chi denigra ora serve la stessa determinazione per passare rapidamente a produrre energia in modo sostenibile, togliendo burocrazia al processo autorizzativo per impianti solari, eolici, geotermici. E nel contempo sostenere filiere italiane di economia circolare, a partire proprio da quelle “batterie” che possono essere prima riutilizzate al di fuori del mondo automotive e poi riciclate.
Il mondo è cambiato, Signori, buona giornata!