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Le sanzioni alla Russia spiegate bene e che cosa c’entrano vini e tartufi
Post di Giulia De Vendictis, laureata all’Università Luiss Guido Carli, lavora come Trade & Export Finance Officer presso Maire Tecnimont –
Mentre il mondo prova a riemergere dalla pandemia, la crisi Russia-Ucraina
minaccia il commercio internazionale. La guerra potrebbe far deragliare la ripresa
economica e creare ulteriori divisioni tra Paesi.
Il quadro sanzionatorio in continua evoluzione costringe gli operatori economici a navigare a vista. Per tutelarsi, occorre prestare la massima attenzione, analizzare le singole operazioni, studiare i codici Taric individuando i prodotti oggetto di restrizioni ed evitare i soggetti inclusi nella lista degli embarghi. Ne parliamo con l’avvocato Sara Armella, dello Studio Legale Armella & Associati, professore del Master di Diritto Tributario presso l’Università Bocconi di Milano. Il 24 febbraio 2022 ha avuto inizio l’invasione russa nei confronti dell’Ucraina.
Come conseguenza, sono stati adottati una serie di provvedimenti sanzionatori nei confronti della Russia e della Bielorussia da parte dell’Unione Europea. Cosa sono le sanzioni?
«In seguito all’invasione russa, l’UE e numerosi altri Paesi come USA, Regno Unito, Canada e Giappone hanno adottato diverse sanzioni economiche selettive nei confronti di Russia e Bielorussia. Tali misure hanno una duplice finalità: da un lato cercano di indebolire la capacità del Cremlino di finanziare la guerra, compromettendo l’efficienza bellica e dell’industria estrattiva, dall’altro impongono evidenti costi economici e sociali nei confronti dell’élite politica russa, mirando a indebolire il fronte interno. I provvedimenti sono strutturati in sanzioni individuali ed economiche (come i numerosi blocchi agli scambi internazionali), restrizioni nei confrontidei media russi e, infine, misure diplomatiche. Non bisogna tuttavia dimenticare che sono colpite da specifici regolamenti anche le zone autonomistendelle regioni di Donetsk e Luhansk e la Bielorussia, ritenuta corresponsabile dell’invasione dell’Ucraina».
Quali sono i divieti e quali i prodotti oggetto di queste specifiche misure sanzionatorie riguardanti l’interscambio con la Russia?
«Le restrizioni commerciali imposte dall’UE sono state limitate in un primo momento ai settori militari russi. Vista la dipendenza della Russia rispetto alle tecnologie occidentali, si è infatti deciso di vietare l’esportazione dei prodotti a duplice uso, ossia tecnologie e merci utilizzabili in ambito sia civile, sia militare. Sono dual use, ad esempio, i materiali nucleari, elettronici, i calcolatori o i sensori. La Commissione Europea ha poi disposto il blocco dell’esportazione anche dei cosiddetti beni quasi dual use, ossia una lista di prodotti non classificabili tecnicamente come a duplice uso, ma che possono essere utilizzati ai fini di difesa e sicurezza. Sono ricompresi in questo elenco – tra i tanti – i convertitori, le macchine a raggi X o i diversi circuiti integrati. L’UE ha inoltre disposto, tra fine febbraio e metà marzo, diversi divieti di esportazione verso la Russia di prodotti utilizzabili per l’industria petrolifera, per quella aeronautica e per la navigazione marittima, nella quale sono inclusi gli apparecchi di radiocomunicazione e di navigazione. Infine, il blocco alle esportazioni delle merci di lusso – come alcuni prodotti tipici del Made in Italy quali vini, tartufi, prodotti di abbigliamento e gioielli dal valore superiore a 300 euro, automobili dal valore superiore a 50.000 euro e motocicli che valgono più di 5.000 euro – risponde, invece, alla diversa esigenza di colpire selettivamente la classe dirigente e l’alta borghesia russa. Queste misure vanno a colpire i settori oggetto delle principali esportazioni dei Paesi UE in Russia, tenendo conto che due poste importanti per le importazioni russe sono individuate proprio nell’abbigliamento e nell’industria alimentare.
Le recenti restrizioni comprendono, inoltre, un nuovo blocco alle esportazioni per una serie di prodotti in grado di contribuire alla crescita industriale russa, in cui sono inclusi, tra gli altri, ossidi, nitriti, vernici, ma anche prodotti caratteristici del Made in Italy come piastrelle, tegole e i vetri temperati. Per quanto riguarda l’Import, è stato disposto invece un divieto di importazione dei prodotti siderurgici e in acciaio, e dei prodotti russi maggiormente tipici, come il caviale, gli pneumatici, i prodotti in legno e numerosi concimi, che sono i principali beni esportati dalla Russia insieme a petrolio e gas naturale. Con riferimento ai prodotti energetici, il “quinto pacchetto” di sanzioni vieta, infine, l’importazione in Unione europea del carbone e dei prodotti succedanei».
I divieti coinvolgono anche incassi e pagamenti o l’emissione di prodotti di Trade Finance ed Export Finance?
«Certamente. Al fine di indebolire il sistema economico russo sono state disposte importantissime sanzioni finanziarie. In primo luogo, è stato ristretto l’accesso ai mercati dei capitali primari e secondari dell’UE per alcune importanti banche e società russe. Tale misura è stata disposta unitamente al divieto di effettuare operazioni con la Banca Centrale russa, bloccando anche i depositi in euro e in dollari che la stessa possedeva nella Federal Reserve e nella BCE e paralizzandola, pertanto, rispetto alla possibilità di prendere misure volte a frenare il deprezzamento del rublo. Come noto, inoltre, alcuni importanti istituti di credito e finanziari russi sono stati esclusi dal sistema di pagamento internazionale SWIFT, impedendo di conseguenza ogni possibile rapporto con soggetti non russi.»
Ci sono differenze sostanziali tra le sanzioni europee e le sanzioni statunitensi in questo contesto?
«Le sanzioni UE e USA sono tra di loro allineate, ma non perfettamente coincidenti. Gli USA hanno delle liste di prodotti vietati che sono leggermente differenti: vietano, ad esempio, l’import dalla Russia di diamanti e prodotti ittici, che non sono ancora vietati in Europa. Dal punto di vista finanziario, inoltre, gli USA hanno introdotto misure restrittive verso alcuni istituti bancari non ancora oggetto di sanzioni da parte UE. La differenza più importante è, tuttavia, il blocco del gas e del petrolio russo – misura applicata negli USA, ma non ancora implementata da questa parte dell’Atlantico».
Secondo l’opinione di alcuni commentatori sarebbe possibile aggirare questi pacchetti sanzionatori. È davvero così? Quali sono le conseguenze dell’infrazione dei divieti?
«Le sanzioni UE alla Russia prendono esplicitamente in considerazione le ipotesi di aggiramento dei divieti in ogni singolo regolamento, rendendo punibili anche le triangolazioni con eventuali Paesi non allineati come per esempio la Cina, la Serbia o la Turchia. Ad essere vietati sono infatti tutti i trasferimenti dei prodotti oggetto di misure restrittive, che siano anche solo destinati ad essere utilizzati in Russia e diretti a soggetti russi (non solamente le formali esportazioni dirette, ma anche l’Export indiretto).Anche solo partecipare attivamente in triangolazioni è espressamente punito: sia gli operatori direttamente coinvolti, sia coloro che li aiutano consapevolmente ad eludere i divieti sono puniti – anche penalmente – dal D.lgs. 221/2017, che sanziona il mancato rispetto delle restrizioni commerciali disposte dall’UE. Concludere operazioni con la Russia nonostante i divieti può comportare, in particolare, pene come la detenzione da due a sei anni o l’irrogazione di una sanzione pecuniaria da 25.000 a 250.000 euro».
Quali sono le conseguenze economiche per persone fisiche e imprese italiane o europee che operano in Russia o Bielorussia? È possibile far valere le clausole contrattuali di forza maggiore?
«Le imprese che avevano concluso accordi con società russe prima dell’introduzione delle sanzioni potranno – nella maggior parte dei casi – effettuare in ogni caso le operazioni di esportazione o importazione. Quasi tutti i regolamenti che hanno istituito sanzioni prevedono infatti la cosiddetta “Grandfather Clause”, che riconosce la possibilità di derogare ai divieti per i contratti conclusi in precedenza a condizione che le operazioni si perfezionino prima del 27 maggio p.v. per i prodotti dual use, quasi dual use, petroliferi e dell’industria aereonautica. I prodotti definiti come strategici per l’industria russa sono ancora esportabili fino al 10 luglio 2022. Tale misura non vale, tuttavia, per i beni di lusso, dove questa clausola di salvaguardia non è prevista. Per le importazioni dei prodotti siderurgici, derivanti da contratti già conclusi, il termine ultimo previsto è, invece, il 17 giugno 2022, mentre per i prodotti carboniferi l’importazione, anche per contratti già conclusi, non può essere in nessun caso perfezionata oltre il 10 agosto 2022.
In ogni caso, se nei contratti di vendita internazionale è stata inserita una specifica clausola a tutela dell’inadempimento per forza maggiore, sarà sempre possibile la risoluzione del contratto. Al contrario, in assenza di una specifica statuizione, l’impresa venditrice italiana necessiterebbe di valutare specificamente la radicale impossibilità del perfezionamento dell’operazione (ipotesi certamente ricorrente nel caso in cui i
prodotti siano inclusi in uno dei divieti disposti dall’UE). Per quanto riguarda le persone fisiche, sono stati introdotti specifici divieti sia da parte UE, sia da parte statunitense verso alcuni soggetti ritenuti vicini al Cremlino, con blocchi ai visti e congelamento degli asset detenuti nei Paesi UE. Tali liste sono in continuo aggiornamento alla luce dell’andamento della guerra; occorre quindi prestare particolare attenzione alle controparti russe con cui le imprese italiane si interfacciano».
Quali sono le possibili strategie utilizzabili dalle imprese italiane per adeguarsi al nuovo scenario, affrontare le implicazioni doganali e ridurre al minimo gli impatti sull’operatività delle aziende coinvolte?
«In questo scenario, che vede coinvolto il mercato europeo e internazionale, le aziende con particolare esposizione commerciale nei confronti della Russia dovranno, in primo luogo, svolgere opportune verifiche con riferimento alla classificazione doganale dei prodotti e servizi importati o esportati, prevedere idonee misure di salvaguardia a presidio dei rischi di sanctions compliance e dotarsi di piani o programmi di conformità alle sanzioni, al fine di rispettare i regimi sanzionatori vigenti. A tal fine, occorre prestare particolare attenzione anche alle modalità di pagamento utilizzate e alle controparti russe, verificando che non si tratti di soggetti sanzionati. Nello specifico, al fine di mitigare il rischio di possibili contestazioni a posteriori e problematiche anche di natura penale, è consigliabile effettuare due diligence sia soggettive, sia oggettive inerenti alle merci e ai servizi forniti nei territori sanzionati. È utile, inoltre, verificare i contratti in essere e monitore le eventuali contro-sanzioni russe, applicate in
risposta alle misure unionali».
Anche la Federazione Russa sta adottando sanzioni nei confronti dell’Italia e degli altri Paesi Europei e sta richiedendo il pagamento del gas in rubli. Questo cosa comporta?
«La risposta della Russia alle misure UE e USA che ha avuto maggiore eco mediatica è stata, per l’appunto, quella di richiedere il pagamento del gas in rubli: una scelta finalizzata a frenare il deprezzamento del rublo, che era passato da un tasso di cambio pari a 85 al minimo storico di 145 rubli per euro. Sotto il profilo strettamente giuridico, la misura russa rappresenterebbe, tuttavia, un grave inadempimento ai contratti di fornitura di gas conclusi con le controparti europee. Pertanto, nel caso in cui la Russia imponga l’effettivo pagamento in rubli, l’UE sarebbe giuridicamente titolata a rescindere gli accordi, con contestuale aggravamento della crisi energetica e politica in atto».