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Immobiliare contro guerra e inflazione, cosa cambia per chi investe
Post di Cesare Rosati, imprenditore, investitore, creatore delle startup SalvaCasa e ReCredito ed esperto di formazione sugli investimenti immobiliari con IoInvesto Academy –
La guerra in Ucraina sta accelerando la crescita dell’inflazione. Se a febbraio è volata a +5,7% su base annua, un valore che non veniva riscontrato dal 1995, le stime di Confesercenti prospettano uno scenario ancora più preoccupante per i mesi a venire. Il costo delle materie prime importate e delle carenze energetiche, infatti, rischiano di spingere il tasso inflazionistico oltre il 6% su base annua nel 2022.
Le sanzioni economiche nei confronti della Russia, inoltre, avranno ricadute sistemiche e implicazioni di riflesso anche per l’Europa: Russia e Ucraina incidono per meno del 3% sul Pil mondiale, ma svolgono un ruolo strategico per diverse materie prime come petrolio, gas, metalli e grano.
Le ripercussioni di un’inflazione alta sono note: la principale è sicuramente un impoverimento generale di famiglie e lavoratori, che perdono potere d’acquisto, ma anche bollette e prezzi sempre più alti a fronte di stipendi e capitali erosi.
Come evolveranno, in questo scenario dalle tinte sempre più incerte, gli investimenti?
Veniamo da un lungo periodo di deflazione o comunque di inflazione molto bassa, di fatto stagnante. Oggi, con un aumento così importante, le logiche di investimento immobiliare impiegate negli ultimi 10 anni devono necessariamente cambiare.
Pensiamo ad esempio ai titoli di stato, i rendimenti sui btp che davano l’1%, fino a qualche tempo fa potevano essere una scelta interessante, ma con l’inflazione che galoppa, non lo sono più. Ancora oggi, inoltre, il mattone viene considerato erroneamente come un bene rifugio. Il settore immobiliare per generare ritorni interessanti sugli investimenti richiede la conoscenza di alcune regole ben precise.
Per prima cosa, nel breve periodo, gli investimenti immobiliari saranno ancora vantaggiosi: perché a fare da contrappeso a un’inflazione alta ci sono tassi di interesse ancora bassi. È certamente importante acquistare a un prezzo più basso rispetto a quello di mercato, ristrutturare e rivendere, generando un ritorno sull’investimento di almeno il 42% netto su base annua, tenendo conto dell’inflazione. Se invece si intende comprare per poi mettere in affitto, è necessario generare una rendita tale da poter coprire e superare l’inflazione odierna che si aggira intorno al 5%. In questo caso, quindi, il rendimento auspicabile è intorno al 10% netto.
Acquistare oggi con tasso fisso e mettere l’immobile a rendita inoltre è redditizio perché l’affitto si rivaluta anno dopo anno, grazie a contratti che prevedono un riallineamento su base ISTAT del canone. Più aumenta l’inflazione, insomma, più aumenta l’affitto.
Diverso sarà il discorso se compro una casa per un investimento sul lungo periodo: è vero che riparo i miei soldi dall’inflazione, ma se rapporto la capacità economica di rivendita di quello stesso immobile all’inflazione che ci sarà, rischio di non guadagnarci nulla.
Nel medio periodo, invece, la BCE dovrà ritoccare al rialzo i tassi di interesse per fronteggiare l’inflazione. Le rate dei mutui, quindi, saranno destinate a salire e peseranno molto di più sugli stipendi, il cui potere d’acquisto sarà già eroso dai continui aumenti dei prezzi.
Questo meccanismo comporterà un rallentamento fisiologico delle compravendite, com’è già successo in tempi non sospetti.
Stiamo sicuramente fronteggiando un periodo particolare, influenzato da due anni di pandemia che hanno bloccato la produzione di un elevato numero di prodotti e materie prime, causandone scarsità. A queste problematiche, in Italia almeno, si sommano gli effetti degli incentivi statali, come il bonus 110%, utili certamente a riqualificare energeticamente il parco immobiliare energivoro italiano, ma che hanno generato una fortissima domanda di interventi, aggravando la già nota scarsità di alcuni beni e materie prime. Infine la guerra che porta con sé un’impennata del prezzo di gas e petrolio, un’ulteriore incidenza sulla crescita dell’inflazione, e genera un impatto schiacciante sulla scarsità di alcune materie prime. Tutti questi fattori renderanno inevitabile l’intervento della BCE per alzare i tassi d’interesse.
Il settore immobiliare, quindi, tra qualche mese si troverà tra l’incudine e il martello: sarebbe auspicabile l’immissione di nuova liquidità per arginare la crisi, ma l’inflazione odierna richiede allo stesso tempo un aumento dei tassi per calmierare i prezzi che non accennano a diminuire.