categoria: Res Publica
Orientamento scolastico mirato a lavoro e carriere: abbiamo i dati?
Nei primi mesi dell’anno si è parlato molto di orientamento scolastico. Ragazzi e famiglie hanno scelto le scuole superiori, una decisione importante, ma anche difficile. Infatti le famiglie non conoscono completamente ciò che le singole scuole e i diversi percorsi offrono. Inoltre, seppur sulla carta l’accesso a università o professioni non sia condizionato al percorso di scuola secondaria, di fatto la scelta precoce del percorso d’istruzione influenza il successivo percorso formativo e lavorativo.
Accanto all’orientamento scolastico, anche l’orientamento universitario e lavorativo durante le scuole superiori gioca un ruolo altrettanto chiave. Tortuga ha analizzato questo tema in un recente report pubblicato assieme a FAWLTS, da cui emerge che quando l’orientamento non funziona correttamente, gli studenti non acquisiscono competenze di qualità e non sempre compiono autonomamente e consapevolmente scelte di studio e di lavoro.
Ma che percorsi realizzano le diverse scuole? Per rispondere a questa domanda possiamo utilizzare i dati del Sistema Nazionale di Valutazione del Ministero dell’Istruzione. Infatti, ogni anno le scuole sono tenute a compilare un “Rapporto di autovalutazione” con domande standardizzate a livello nazionale. Alcune di queste domande, come quelle riferite alla tipologia delle azioni realizzate per l’orientamento, permettono di valutare lo stato dell’arte in materia di orientamento negli istituti scolastici di tutta Italia (con l’eccezione di Valle d’Aosta e Trentino Alto-Adige). Utilizzando quindi i dati riferiti allo scorso anno scolastico per 2533 scuole statali fra licei, istituti tecnici e professionali, abbiamo analizzato la variazione geografica dell’offerta di orientamento universitario e lavorativo.
Che cosa sono i Rapporti di autovalutazione?
I Rapporti di autovalutazione hanno tre principali finalità, rilevanti per la nostra analisi: fornire ai futuri studenti e alle loro famiglie informazioni sulle scuole del loro territorio; permettere alle singole istituzioni scolastiche di confrontare la propria azione rispetto a quella di istituti simili; dare un quadro d’insieme sul sistema scolastico italiano (i Rapporti descrivono infatti tematiche varie, che non si limitano ai percorsi di orientamento).
Per quanto riguarda l’orientamento, i Rapporti ci permettono di sapere che la gran parte delle scuole presenta agli alunni i diversi corsi di studio universitari e post diploma. Tuttavia, le caratteristiche dell’offerta dei percorsi di orientamento variano notevolmente tra le scuole. Per esempio, solo 6 scuole su 10 organizzano iniziative focalizzate sullo studente e volte alla comprensione di sé e delle proprie inclinazioni.
Per comprendere meglio questa eterogeneità abbiamo svolto un’analisi geografica, considerando come unità territoriale i sistemi locali del lavoro: una divisione del territorio sulla base del pendolarismo dei lavoratori che è quindi adatta per analizzare le caratteristiche locali dell’accesso al mondo del lavoro. Infatti, l’orientamento svolto alla fine della scuola terziaria ha come obiettivo quello di indirizzare i giovani al mondo del lavoro, sia direttamente dopo l’esame di stato, che indirettamente attraverso un ulteriore percorso formativo (come l’università o corsi specialistici). Per questo motivo, l’orientamento universitario e lavorativo potrebbe mostrare una variazione a livello di sistemi locali del lavoro e una relazione con alcune caratteristiche di questi ultimi, per esempio la loro dinamicità e centralità, aspetti che sono strettamente legati alla dimensione formativa e lavorativa del territorio.
L’indice orientamento
I Rapporti di autovalutazione sulle attività di orientamento contengono otto quesiti ai quali le scuole possono rispondere affermativamente (sì, equivalente a 1) o negativamente (no, equivalente a 0):
• Attivazione di percorsi di orientamento per la comprensione di sé e delle proprie inclinazioni
• Collaborazione con soggetti esterni (consulenti, psicologi, ecc.) per le attività di orientamento
• Utilizzo di strumenti per l’orientamento (es. test attitudinali)
• Presentazione a alunni/studenti dei diversi indirizzi di scuola secondaria di II grado/corsi di studi universitari e post diploma
• Monitoraggio di alunni/studenti dopo l’uscita dalla scuola (es. rilevazione degli esiti al termine del primo anno)
• Organizzazione di incontri individuali di alunni/studenti con i docenti referenti per l’orientamento per ricevere supporto nella scelte del percorso da seguire
• Predisposizione di un modulo articolato per il consiglio orientativo da consegnare agli alunni (solo per le scuole del I ciclo)
• Organizzazione di attività di orientamento al territorio e alle realtà produttive e professionali (solo per le scuole del II ciclo)
Per procedere all’analisi, abbiamo creato un “indice orientamento” definito come la somma delle risposte positive alle otto domande. E’ importante sottolineare che questi indicatori si basano su autovalutazioni, per cui le risposte date dalle scuole potrebbero essere non sempre precise. Allo stesso tempo, le risposte possibili da parte delle scuole sono esclusivamente duali, “sì” o “no”, e questo non permette di catturare differenze più sottili tra le caratteristiche dell’orientamento di ciascuna scuola.
Nella prima mappa in figura 1, abbiamo rappresentato la media di tale indice per sistema locale del lavoro, ponderata per il numero di studenti di ogni istituto (i risultati non cambiano se utilizziamo altri pesi riferiti alla popolazione giovane residente nei diversi comuni). Notiamo che l’indicatore non segue tendenze territoriali dettate dalla divisione amministrativa del territorio, ma vi è una significativa variabilità interna alle regioni, tra sistemi locali del lavoro. Sempre nella stessa figura, nelle altre tre mappe, distinguiamo invece gli istituti per tipologia di scuola e il risultato che otteniamo è una diversa variazione territoriale a seconda che consideriamo licei, istituti tecnici o professionali.
Figura 1: Indice Orientamento per Sistema Locale del Lavoro (fonte: rielaborazione Tortuga su dati Snv).
Come spiegare la variabilità?
Possiamo avanzare e testare alcune ipotesi per spiegare la variazione territoriale osservata. Utilizzando correlazioni non possiamo definire relazioni causali, ma solo associazioni fra alcune variabili. Una prima ipotesi è che vi sia associazione fra la dinamicità del territorio e le attività di orientamento: un territorio centrale, la cui economia produce molto valore aggiunto e la cui popolazione in età lavorativa è relativamente maggiore offre più opportunità e risorse per l’orientamento. Allo stesso tempo, la relazione inversa potrebbe essere più importante: dove ci sono più opportunità l’orientamento potrebbe risultare meno necessario data la maggiore facilità nel trovare un lavoro o un percorso formativo. In figura 2, possiamo osservare la variazione geografica di un indice di centralità e perifericità per sistema locale del lavoro (costruito a partire dalla classificazione dei comuni dell’Agenzia per la coesione territoriale sulla base della presenza di collegamenti ferroviari, ospedali e scuole secondarie superiori): più è alto l’indice, maggiore è la centralità dei comuni nel sistema locale. Nella stessa mappa, sono evidenziati i comuni con almeno un’università: maggiore la dimensione del punto arancione, maggiore il numero di università. Nella medesima figura possiamo osservare anche la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) e il valore aggiunto in migliaia di euro.
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Figura 2: Mercato del lavoro e centralità dei Sistemi Locali del Lavoro (fonte: rielaborazione Tortuga su dati Mef, Istat e Miur)
La tabella 1 mostra le correlazioni tra l’indicatore orientamento e le caratteristiche del sistema locale del lavoro. La correlazione fra queste tre variabili di dinamicità del territorio e l’indicatore sull’orientamento è positiva, ma non significativa, solo per gli istituti tecnici, mentre negativa per licei e istituti professionali. Se guardiamo alla correlazione senza distinguere tipologia di scuola, il dato è sempre positivo anche se non significativo. Notiamo invece che la presenza di università è associata positivamente alle attività di orientamento nei licei. Il fatto che queste correlazioni non siano significative potrebbe suggerire che le domande non siano abbastanza precise: potrebbe essere importante avere domande più focalizzate per ciascuna tipologia di scuola.
Tabella 1: correlazioni tra l’indicatore orientamento e caratteristiche del sistema locale del lavoro
Le attività di orientamento supportano l’accesso al mercato del lavoro?
I Rapporti di autovalutazione presentano anche alcuni indicatori circa l’immatricolazione e la prosecuzione degli studi nelle università e l’inserimento nel mercato del lavoro. Focalizzandoci su quest’ultimo aspetto analizziamo la percentuale di diplomati che hanno lavorato almeno un giorno tra il 15 settembre e il 15 ottobre del primo anno successivo a quello del diploma. In figura 3 possiamo osservare una chiara divergenza Nord Sud, anche considerando le differenze fra licei, istituti tecnici e professionali. Inoltre, questo dato non è nel suo complesso correlato con le attività di orientamento che presentano invece una maggiore variazione intra-regionale.
Analizzando però la correlazione a livello di singola tipologia di istituto scolastico e considerando eventuali differenze nell’accesso al mercato del lavoro per singoli sistemi locali, si nota che la correlazione è positiva per i professionali ma negativa per tecnici e licei, anche se non significativa in entrambi i casi. Questo è spiegabile in parte con il fatto che le attività di orientamento sono volte a favorire l’accesso immediato al mondo del lavoro maggiormente negli istituti professionali rispetto ad altri tipi di scuole. Nell’analizzare queste relazioni, bisogna però sempre tenere presente che gli indicatori utilizzati – tratti dai Rapporti di autovalutazione – potrebbero essere imprecisi.
Figura 3: accesso al mercato del lavoro (fonte: rielaborazione Tortuga su dati Snv)
Migliorare i dati per migliorare l’orientamento
Nell’ambito dell’analisi qui presentata, è emerso il potenziale valore aggiunto dell’utilizzo di dati a livello di singolo istituto scolastico, per l’analisi economica e per famiglie e studenti alle prese con la scelta della scuola superiore. Al contempo, dalle analisi dei rapporti di autovalutazione non emerge un quadro chiaro su quali siano le determinanti dell’offerta di percorsi di orientamento. Un evidente limite è rappresentato dalla bassa qualità dei dati forniti: gli indicatori sono soggettivi e le attività a cui fanno riferimento sono formulate in maniera poco precisa. Ciò non permette di comprendere appieno la relazione tra le azioni di orientamento scolastico intraprese dalle scuole e l’andamento di altre variabili importanti per l’accesso al mercato del lavoro.
Tuttavia, la capacità di comprendere l’andamento dell’orientamento universitario e lavorativo è fondamentale per affrontate i problemi dei Neet, della disoccupazione giovanile e mismatch tra competenze dei giovani e competenze richieste nel mondo del lavoro. Una migliore conoscenza delle attività di orientamento svolte gioverebbe anche al Ministero dell’Istruzione stesso nella fase di formulazione dei bandi dei fondi europei. Per esempio, nel bando PON 2017 per le attività di orientamento, i criteri di selezione dei progetti erano basati su due pilastri principali, cioè il contesto territoriale e la qualità dei progetti. Avere dati che permettano di comprendere quali siano i territori più bisognosi di attività di orientamento e soprattutto di definire quali siano le attività che portano a maggiori risultati consentirebbe di allocare in maniera migliore le risorse, fra cui anche quelle del Pnrr.
Non è la prima volta che, come Tortuga, sottolineiamo la gravità dell’assenza di dati frequenti, chiari e fruibili relativi al mondo della scuola. Per quello che riguarda i Rapporti di autovalutazione, sarebbe importante impostarli utilizzando domande più specifiche, per permettere di raccogliere dati migliori e di svolgere analisi più robuste. Un esempio potrebbe essere la domanda già presente e relativa alla percentuale di ex studenti che hanno svolto almeno un’ora di lavoro nel mese di riferimento. Allo stesso tempo, sarebbe importante permettere alle scuole di dare risposte più precise di un semplice “sì/no”, per esempio introducendo una scala che vada da 1 a 5, e dove i numeri siano rappresentati da una quantità concreta, come il numero di ore dedicato ad una precisa tipologia di orientamento. Inoltre, all’autovalutazione si potrebbe pensare di affiancare un dato relativo alla soddisfazione di studenti e famiglie, che potrebbe essere misurato direttamente attraverso questionari oppure indirettamente attraverso la partecipazione a specifiche attività.
Questo articolo è il primo di una serie redatta a partire dal brief report “Neet e Orientamento” scritto in collaborazione con FAWLTS, una community di circa 2000 professionisti, con l’obiettivo di creare una rete di esperti da tutti gli ambiti che aiutino a capire meglio quali opportunità esistono per i giovani e integrino i programmi scolastici con temi chiave per formare i cittadini consapevoli di domani.
Ha collaborato all’articolo:
Maddalena Conte – dottoranda in economia spaziale e del lavoro presso CREST, Institut Polytechnique de Paris. È senior fellow del think tank Tortuga, tramite il quale pubblica questo contributo.