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OK Bloomers, a Milano i talk per parlare di economia responsabile ed equa
Post di Azzurra Rinaldi, responsabile della School of Gender Economics e del corso di laurea in Economia del turismo all’università di Roma Unitelma Sapienza –
Sapete cosa significa YOLO? É l’acronimo di You Only Live Once, ovvero si vive una volta sola. È un principio che sta ispirando sempre più giovani appartenenti alle generazioni Y (millennials, 26-41 anni) e Z (fino ai 25 anni) e che sta orientando le loro scelte anche in ambito lavorativo, esprimendo una consapevolezza rara e mettendo in qualche modo in discussione quelli che erano i desideri e le ambizioni delle generazioni precedenti.
Vi è mai venuto il dubbio che possano aver ragione loro?
Il Covid e tutto quello che ne è conseguito hanno aiutato molte persone a fermarsi a riflettere sulle proprie vite e sulle proprie giornate. Sull’uso del proprio tempo. E a ristabilire le priorità, a partire dal proprio benessere. Le aziende più lungimiranti ne stanno tenendo conto. BVA Doxa, nel settembre del 2021, ha condotto per Mindwork una ricerca il cui focus era proprio sul benessere dei lavoratori. I risultati della ricerca, condotta su 301 persone tra dirigenti, quadri ed impiegati sono inequivocabili: l′85% dei rispondenti ha affermato che il proprio benessere psicologico generale è collegato al benessere sul lavoro e viceversa. Svelandoci un tema che forse sinora non abbiamo voluto affrontare, ovvero che (soprattutto per lavori che richiedono di metterci in gioco) è difficilissimo separare gli ambiti e mostrare sul luogo di lavoro solo una porzione di sé, aprendo e chiudendo cassetti di competenze e desideri a seconda del contesto. Ma che molto più frequentemente, se sul posto di lavoro viviamo situazioni di disagio questo si traduce non solo sulla nostra produttività, ma anche sulla nostra serenità nella vita privata.
Cosa sta accadendo quindi ai giovani? E perché stanno abbracciando la YOLO economy? I dati ci dicono che, con l’obiettivo di salvaguardare la propria salute mentale, il 49% dei lavoratori e delle lavoratrici con età inferiore ai 34 anni ha lasciato il proprio posto di lavoro almeno una volta e che nel 2021 questa tendenza si è acuita, aumentando del 5%. Se non si sentono riconosciuti, valorizzati, liberi di esprimersi, preferiscono lasciare il posto di lavoro. È forse legittimo farsi venire il dubbio che ci stiano dicendo qualcosa. Forse se ne vanno anche perché non si trovano in questo sistema che noi abbiamo disegnato per loro. Del resto, non possiamo dire che sia un sistema inclusivo.
Perché bisogna ricordarlo: questo non è un paese per giovani. Così come non è un paese per donne. La rielaborazione dei dati INPS pubblicata da INAPP sulle nuove tendenze sul mercato del lavoro pone in evidenza un peggioramento degli impatti della crisi sulla forza lavorativa femminile. INAPP ha lavorato sui dati dell’Osservatorio INPS sul precariato relativi ai primi 6 mesi del 2021. In questo periodo di tempo, sono stati assunti oltre 2 milioni di lavoratori e poco più di 1,3 milioni di lavoratrici. Il 30% circa di questi nuovi posti di lavoro, però, sono in part-time. E, non ne sarete stupiti, perlopiù riguardano le donne e perlopiù sono involontari. Nel dettaglio, ha firmato un contratto in part-time il 49,6% delle nuove assunte a fronte del 26,6% dei nuovi assunti.
Un sistema non inclusivo, dicevamo. Ed un tema tutto italiano, stando ai dati OCSE: la forza lavoro femminile in part-time involontario si ferma al 6% nell’UE a 28, è il 4% in Germania, il 9% in Francia e l’11% in Spagna. E in Italia? Siamo al 18%, ovvero tre volte tanto la media europea. Richiamerei qui anche il dato Istat sull’incremento occupazionale registrato nel mese di ottobre 2021. Un incremento di 35.000 occupati e qui non uso il maschile prevalente: nella rilevazione si precisa che l’aumento dell’occupazione “ha riguardato solamente gli uomini”.
Ma può mai dirsi economicamente efficiente un sistema che non valorizza tutte le sue risorse? E a noialtre e noialtri che non siamo uomini bianchi, etero, cisgender (persone che si riconoscono nel sesso con cui sono nate) e sopra i 60 anni cosa rimane?
La possibilità di parlarne e di immaginare un sistema che sia non solo più giusto, equo ed inclusivo, ma che ci prometta maggiore benessere sia individuale che aziendale e perfino collettivo. E che, partendo dalla complessità, consenta a tutte e tutti di fiorire. Perché i paradigmi, come ormai leggiamo da due anni, si cambiano nei momenti di crisi.
E questo è proprio quello che avverrà nella serie di talk OK Bloomers, che si terranno a Milano nello spazio 21WOL. Gli incontri vedranno alternarsi ospiti, personalità, professioniste e professionisti che sapranno dare voce alla pluralità di soggetti che rimangono ancora poco ascoltati e con i quali immaginare come far sbocciare le potenzialità che rimangono ancora inespresse.
Non è un caso che tutto questo si svolga nella cornice di 21WOL: il progetto di ospitalità ibrida, partito a Milano proprio all’alba della pandemia, è in qualche modo oggi una sorta di osservatorio sui suoi effetti sociali: “A distanza di due anni, al netto degli ovvi problemi legati alle varie restrizioni, il nostro concept sta riscuotendo un grande interesse e la partecipazione è molto incoraggiante: i macro trend che avevano ispirato il progetto sono stati ulteriormente accelerati e la nostra formula che mescola hotel, coliving, coworking bistrot ed eventi aperti al pubblico sembra interpretare il bisogno di spazi diversi, inclusivi, che oltre ai servizi mettono al centro gli incontri e le connessioni.” dice Nicola Accurso, managing director di 21WOL.
“Crediamo fortemente nella necessità di conversazioni come quelle di OK Bloomers, anche perché racconterà molto del percorso, a metà tra il personale e il professionale, che stanno facendo tanti dei nostri ospiti. Ma soprattutto crediamo nella necessità di portare valore a questa conversazione mettendo a disposizione voci autorevoli e storie che permettano di arricchire le prospettive di tutti: per questo siamo molto contenti della collaborazione con Azzurra Rinaldi, che unisce alla competenza specifica la capacità di mettere in comunicazione mondi diversi, giovani, istituzioni, sul digitale e sui canali tradizionali, che è in fondo la missione di 21WOL” conclude Gaël Moscarà, direttore Marketing di 21WOL.
A cosa serve l’economia, se non a leggere le nuove tendenze ed a suggerire soluzioni più eque ed efficienti? Ormai sappiamo che questo non è il migliore dei sistemi economici possibili. Che un sistema produttivo che dimentica il senso di responsabilità e quello di cura può essere aggressivo e dare risultati nel breve periodo, ma non sarà mai efficiente nel lungo periodo, perché perde di vista il benessere collettivo. Questo sistema è stato storicamente creato e rafforzato da un gruppo di persone sempre uguale a sé nel corso dei secoli. Ed ecco che, da qui, emerge l’esigenza di ascoltare voci nuove, di dare spazio alle soluzioni che possono proporre. Mettersi in ascolto ed agevolare lo scambio. E questo è l’obiettivo di OK Bloomers.
Twitter @laprofrinaldi