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L’effetto Draghi sul turismo non si è visto e il Bel Paese aspetta Godot
L’autore di questo post è Luca Martucci, consulente ed esperto di marketing di destinazione –
Il 2021 sarà ricordato come il secondo anno della pandemia, ma anche per le vittorie italiane nello Sport, all’Eurovision e perfino ai campionati di pasticceria. Grazie al cosiddetto effetto Draghi l’Italia sarebbe diventata la locomotiva d’Europa, il PIL starebbe crescendo più degli altri paesi, il miglior vino del mondo è italiano, etc etc. Nel tripudio generale l’Economist ha proclamato l’Italia Country of the year 2021 ed anche il brand del Bel Paese avrebbe scalato le classifiche internazionali.
Peccato che per quanto riguarda il turismo l’effetto Draghi non si sia visto, se non per l’istituzione di un ministero dedicato. Almeno così sembra di capire in base alle statistiche ufficiali.
I dati provvisori delle statistiche nazionali
Che il turismo Internazionale in Italia e nel mondo stia soffrendo una crisi gravissima ormai lo sanno anche i bambini. Secondo i dati di Banca d’Italia Il confronto con il 2019 è drammatico, ma è la scarsa ripresa rispetto al 2020 che colpisce di più. La spesa dei turisti stranieri è aumentata solo di un misero mezzo miliardo di euro grazie all’incremento dei valori di spesa e permanenza media.
I dati provvisori di ISTAT sono sicuramente più incoraggianti sia per il turismo nazionale per ovvi motivi, che per quello dall’estero. Rimane come sempre la perplessità su certe differenze tra le due statistiche ufficiali. Nonostante si tratti di rilevazioni con oggetto e modalità diverse, una maggiore coerenza tra le due sarebbe utile per capire davvero come vanno le cose.
L’effimera medaglia d’argento dell’Italia nel 2020
La scarsa ripresa verso il primo anno di pandemia risulta evidente dal confronto con i risultati di altre destinazioni. Nel 2020 l’Italia, come avevamo previsto un anno fa, è stata la seconda destinazione mondiale per arrivi di viaggiatori alle frontiere e la prima in Europa per presenze di turisti internazionali negli esercizi ricettivi. Un risultato tanto eclatante quanto ignorato dal mainstream, anche perché non consacrato dal tradizionale ranking della UNWTO, la cui ultima pubblicazione risale al 2018.
Mentre la Francia continua indisturbata ad insistere sul suo primato mondiale, la non celebrata medaglia d’argento dell’Italia è stata effimera. È prevedibile che quest’anno lo Stivale sarà superato non solo dalla solita Spagna, ma anche da Messico e Turchia. D’altra parte il nuovo ministro ha più volte menzionato il fatto che all’inizio dell’anno l’Italia è la più cliccata, per poi finire al quinto/sesto posto nelle classifiche.
È logico che Turchia e Messico, tra i paesi con le frontiere più aperte, abbiano scalato la classifica, nella quale “sulla fiducia” abbiamo riservato il solito primo posto ai cugini transalpini. Rispetto al 2019 la Turchia ha registrato fino a settembre una flessione degli arrivi pari al 51% contro -71% della Spagna e -65% dell’Italia, ma è di nuovo il confronto con l’anno scorso che fa riflettere. Una cosa è certa: l’estate in Italia è stata davvero fiacca se comparata a quella dei due paesi concorrenti.
A parte i limiti di queste autocertificazioni dei vari paesi, ci sembra che Banca d’Italia sia stata tanto generosa nei suoi conteggi per il 2020 quanto troppo pessimista per l’anno in corso. Vale la pena ricordare che lo scorso anno la Spagna ha preferito azzerare del tutto il contatore degli arrivi per aprile e maggio, calcolandone solo 200 mila per giugno, a fronte dei 3,8 milioni contabilizzati a totale dello stesso trimestre dall’Istituto di Via Nazionale.
Ma la vera domanda è: che cosa il Bel Paese sta facendo davvero per sviluppare uno dei suoi asset principali e recuperare competitività ? La risposta è che nonostante gli allarmi reiterati da operatori, hotel ed altri addetti ai lavori e a fronte di previsioni di vera ripresa solo tra un paio di anni, si continua ad aspettare Godot!
Aspettando Godot
Niente di meglio della metafora di Samuel Beckett per descrivere la situazione nelle stanze che contano. Godot non sono i turisti internazionali che ingrossano le statistiche e che prima o poi torneranno, ma quelli ideali, immaginati e modellati nei vari convegni. Godot sono quei viaggiatori colti di spirito, che viaggiano solo per fare esperienze, improntate a quella sostenibilità diventata ormai una vera e propria fissa.
Sono quei turisti che tutte le volte che bevono un bicchiere di buon vino o provano con piacere le specialità locali, diventano automaticamente turisti enogastonomici. Quelli che anche se vengono dall’altra parte del mondo e visitano il Bel Paese per la prima volta, dovrebbero far contenti assessori e destination manager evitando Roma o Venezia , per soggiornare in qualche sperduto quanto delizioso paesino dell’entroterra, ora detto anche “area intima“.
Godot è il frutto dell’illusione del Pensiero Dominante che punta con ossessione ad un turismo bello e politicamente corretto quanto marginale dal punto di vista di sistema e di economia del settore.
È la convinzione che segmenti di nicchia, dei quali per ignoranza, superficialità o prevalenza di interessi particolari viene esaltato a dismisura il potenziale, possano dare all’Italia grandi soddisfazioni non solo qualitative , ma anche quantitative. Sono i “milioni di milioni “ di turisti delle radici o islamici.
Per quasi 30 anni il Godot per eccellenza è stata l’aspettativa di un ministero del turismo. Oggi l’Italia è l’unica potenza europea del turismo ad avere un dicastero dedicato, ma gli effetti ancora non si vedono ed il peggioramento nel ranking mondiale suona quasi paradossale.
Il nuovo ministero, vicino al suo primo compleanno, non ha ancora completato la sua organizzazione. L’ impressione è che finora abbia operato più per gestire ristori e indennizzi (se bene o male lasciamolo dire ai beneficiari) che per rilanciare davvero il settore sia per i flussi incoming, che outgoing. Vediamo vídeo e campagne della Farnesina o del ministero del Sud , perché niente del nuovo ministero?
Neanche una minima campagna di controinformazione verso i media che secondo il ministro sono i responsabili dell’ingiustificato allarmismo che fa paura ai mercati esteri. Il tutto con una certa confusione nella gestione di aperture e chiusure, spesso non motivata dalla situazione epidemiologica del paese, come nel caso del Brasile, mercato importante per i flussi da e per l’Italia tuttora inspiegabilmente chiuso .
Di certo il ministero si giocherà tutte le sue carte nella già famosa messa a terra del PNRR, i cui benefici attesi per il settore rischiano di diventare il nuovo Godot per eccellenza. Continua anche l’attesa per ENIT che verrà, dopo il nuovo assetto con la nomina di un’amministratore delegato (anzi due, visto che il primo è rimasto in carica solo qualche mese) e soprattutto per l’attesissimo hub digitale.
Godot è anche l’illusione che l’atavico conflitto stato-enti locali si possa risolvere con un gentlemen agreement e senza la riforma del titolo V! Lo dimostrano il proliferare di discutibili promozioni locali come Fly to Milano, See Sicily o per il Lazio “Più Notti, Più Sogni, + Experience” (uff!) o la partecipazione delle regioni alle fiere internazionali ancora in ordine sparso.
Aspettano Godot anche quelli che credono che la neonata ITA Airways con queste dimensioni possa essere un fattore di successo per il turismo italico. Infine anche restare in attesa che scenda dal cielo la famosa “destagionalizzazione“ è l’ennesimo aspettare Godot .
Aspettando il Revenge Travel, lunga vita anche al turismo urbano!
Una delle teorie dominanti nel dibattito nazionale è che il turismo lento, all’aria aperta e nei luoghi meno visitati, già in tendenza da anni, abbia subito un’accelerazione a causa della pandemia. Teorie condivisibili solo se viste nell’attuale contesto che speriamo possa finire al più presto. I più radicali sostengono addirittura che questo sarà l’unico turismo che sopravviverà!
Noi aspettiamo, invece, e vediamo come una grande opportunità il cosiddetto Revenge Travel. Tradotto in italiano i “Viaggi di Vendetta”, intesa questa come reazione alle privazioni subite durante la pandemia e vorace recupero del tempo perduto. Voglia di viaggiare per evadere dalla routine, per divertirsi, vedere le bellezze artistiche e paesaggistiche, ma anche festeggiare, ballare, fare l’amore o spendere come mai fatto. In luoghi sperduti ed isolati e nelle città, come da sempre.
Il turismo urbano, termine ignorato dal vocabolario della nomenclatura nostrana che insiste sul concetto di città d’arte, continuerà a ricoprire un ruolo importante. Non solo per viaggi di vacanza, soprattutto brevi, ma anche per eventi, congressi, lavoro, vita notturna ,shopping, corsi di studio e visite a parenti e amici che non si vedono da anni.
Piuttosto che insistere solo su borghi e villaggi , che comunque (e per fortuna!) hanno un limitato potenziale di crescita, ci si dovrebbe preoccupare del perché tra le top 100 città destinazioni nel mondo secondo questo interessante report di Euromonitor l’Italia sia presente solo con le solite 4 big e Verona .
Il turismo Italiano ha bisogno di cose semplici, buon senso, pragmatismo e di una visione più industriale, più audace, senza troppe elucubrazioni che privilegiano l’approccio “bucolico” a tutti i costi, a volte quasi “francescano” come quando ENIT ci dice che “il turismo di lusso in Italia diventa emotivo e spirituale”.
Non dovrebbe essere difficile, nonostante pastoie politiche, burocrazia, campanilismo e atavici problemi del settore. È necessario tornare ai fondamentali, ascoltare chi sta sul campo, in Italia come all’estero guardare alla concorrenza e superarla, visto che partiamo già favoriti da un’attrattività unica .
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