Fare ripartire l’Italia? Puntiamo su cultura, collaborazione, strategia

scritto da il 01 Dicembre 2021

Post di Azzurra Rinaldi, responsabile della School of Gender Economics e del corso di laurea in Economia del turismo all’università di Roma Unitelma Sapienza –

A seguito della crisi economico-finanziaria del 2009, era chiarissimo a tutte e tutti noi: nulla sarebbe mai più stato come prima. Il crollo del mercato finanziario che aveva travolto l’economia americana e, a distanza di poco, moltissime altre economie nazionali, avrebbe creato un punto di non ritorno. Finalmente, l’avevamo compreso: l’accumulazione compulsiva non era lungimirante, ci aveva condotti sull’orlo del baratro, occorreva riportare al centro l’etica. E necessitavamo di un nuovo paradigma.

Avevamo ragione. Peccato aver sottovalutato un particolare: i nuovi paradigmi non si impongono da sé. Occorre lavorarci, costruirli e, ancor prima, definirli e saperli narrare. E infatti, abbiamo aumentato i controlli sul settore bancario, alcune ed alcuni di noi hanno modificato i propri comportamenti di investimento, magari. Ma il paradigma, ovvero il modello di riferimento, alla fine è rimasto lo stesso.

Nuova crisi, nuova opportunità. Stavolta, una crisi economica che deriva da una crisi pandemica, quella che stiamo sperimentando a livello mondiale. Con effetti devastanti: stando al World Economic Outlook Report pubblicato dal Fondo monetario internazionale nell’aprile del 2021, nel 2020 il PIL mondiale si è contratto del 3,5%, con una perdita relativa del 7% rispetto alle previsioni di crescita del 3,4% elaborate nel mese di ottobre del 2019. E con alcuni settori più colpiti di altri. Perché questa crisi economica, la cui matrice non è finanziaria, ma pandemica, ha impattato su settori diversi rispetto a quelli tradizionalmente colpiti dalle crisi a cui, nei paesi ricchi del mondo, siamo abituate e abituati. Tra questi, ad esempio, il turismo. Il crollo del turismo internazionale che è stato determinato dalla pandemia da Covid-19 rischia di causare una perdita di oltre 4.000 miliardi di dollari sul PIL globale per gli anni 2020 e 2021, stando al Report rilasciato congiuntamente da United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD) ed United Nations World Tourism Organization (UNWTO) del 30 giugno.

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E in Italia? Secondo il Conto Satellite del Turismo pubblicato da ISTAT, nel 2020, il numero dei pernottamenti dei turisti stranieri in Italia si è contratto del 54,6%. Complessivamente considerate, le flessioni registrate nell’attività turistica hanno determinato oltre un quarto della perdita di valore aggiunto del paese. Ma il settore turistico rappresenta solo una parte della storia: il PIL del nostro paese, nel 2020, si è contratto dell’8,9%.

Ed è stato l’intero tessuto produttivo del paese a risentire fortemente della crisi, a partire dalle Piccole e Medie Imprese che ne rappresentano l’ossatura. Il Report “Deloitte Connect for Europe: Next Generation EU” riporta dati che fanno riflettere: nel 2020, le PMI italiane in media hanno visto contrarre il proprio fatturato del 10,6%, con un calo dei margini operativi lordi pari al 22,8%. Un ulteriore elemento di riflessione ci giunge poi dai fattori sui quali Deloitte ci suggerisce di puntare per il rilancio, a partire dalla trasformazione digitale (che come sappiamo, accanto alla transizione verde, è uno dei due pilastri su cui poggia l’intero impianto del PNRR).

Il PNRR che dovrebbe essere reale strumento di trasformazione del paradigma per il nostro paese. Ma che, accanto alla transizione verde ed alla transizione digitale, dovrebbe puntare su un terzo pilastro: la transizione culturale. A partire dallo spirito imprenditoriale. Anche quest’anno, il nostro paese mostra il più basso tasso di Total early-stage Entrepreneurial Activity (TEA), ovvero di attività imprenditoriale complessiva nella fase iniziale, secondo il Global Entrepreneurship Monitor. Oltretutto, con una tendenza al declino, dal momento che questo tasso era pari al 2,8% nel 2019 ed è arrivato all’1,9% nel 2020. Basti pensare che tra le 43 economie nazionali analizzate dal Global Entrepreneurship Monitor, solo la Polonia mostra un tasso di nuove imprese inferiore al 5%. Dato confermato dalla percentuale di adulte e adulti che intendono avviare un’attività imprenditoriale nei prossimi tre anni. Anche in questo caso, la percentuale (già bassissima) è anche in decrescita, passando dal 5,4% del 2019 al 4,5% del 2020. Si tratta del secondo dato peggiore, dopo l’Austria, tra i paesi GEM considerati. E di transizione culturale il nostro paese ha tanto bisogno anche quando si affrontano i temi dei divari territoriali tra Nord e Sud, del lavoro delle donne, del riconoscimento dei diritti di tutte le persone.

Questi sono alcuni degli argomenti che sono stati affrontati anche durante la conferenza “Restart Italy. Da dove partire per rilanciare il paese?”, organizzata dall’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza, a cui hanno preso parte, oltre al Magnifico Rettore Antonello Folco Biagini ed alla Direttrice di Dipartimento Rosella Castellano, ospiti del calibro di Cecilia Valmarana (Vice Direttrice RAI Gold e Responsabile RAI Movie), Luca Rufini (CEO e Direttore Creativo Dare Studio), Federica Roncato (Marketing Manager Baulificio Italiano Sorelle Roncato), Chiara Modìca Donà Dalle Rose (titolare Politeama e direttrice BIAS) ed Enrico Verga (analista e consulente per imprese ed istituzioni).

Immaginare nuovi paradigmi è possibile? E come rappresentarli al grande pubblico? Secondo Cecilia Valmarana “Il cinema può essere precursore di futuro (Soderbergh con Contagion o Moretti con Habemus Papam, solo per citare due casi eclatanti). Questo per dire che il mondo della creatività, delle arti tutte, spesso vede cose che devono ancora accadere e quindi guardiamolo con attenzione per trovare nuovi spunti per un rilancio del paese”. Sulla stessa linea Chiara Modìca Donà Dalle Rose: “Riflettendo sul tema Restart Italy, la mia mente rimbalza al lontano 1964, ai tempi della prima commissione Franceschini, ed al celebre cahiers de doleances da cui nacque, nel dicembre del 1974, il Ministero della Cultura italiano. Credo che si debba ripartire proprio da lì e da un movimento di “restaurazione” e valorizzazione della cultura italiana a 360°, promuovendo progetti che mettano in concreta connessione, come nel passato, il mondo artistico ed architettonico con la formazione universitaria”. Ripartire dalla cultura per rilanciare il paese. È quanto emerge anche dalla collaborazione dell’agenzia di comunicazione Dare Studio con il brand veneto di valigeria Ciak Roncato, come ha raccontato Luca Rufini parlando, appunto, di nuovi paradigmi e del progetto del documentario “Viva Venezia”, realizzato con Ciak Roncato: “Volevamo trovare qualcosa di diverso rispetto alle classiche campagne pubblicitarie con modelli/e messe in primo piano a trascinare una valigia su qualche splendida location. Proprio per questo abbiamo pensato di raccontare il territorio dove Ciak Roncato è nata e prosegue la sua attività di generazione in generazione, ovvero il Veneto e, ancor più, Venezia. Il documentario “Viva Venezia” ha voluto rimettere i veneziani, le maestranze locali, i rappresentanti della cultura in primo piano così da poter stilare un “nuovo manifesto del turismo”.

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Lo ha confermato anche Federica Roncato: “Sono convinta che la crisi economica che stiamo vivendo si debba e si possa superare investendo in primis nella cultura. Il cambiamento può avvenire più velocemente grazie all’unione ed alla sinergia tra imprese: fare sistema attraverso un’unione collaborativa tra imprese del nostro paese può realmente rappresentare una strategia vincente”. Strategia, quindi. Come ha sottolineato anche Enrico Verga: “Prima di tutto c’è da comprendere se e come i denari europei verranno effettivamente impiegati nel sistema delle Pmi. In seconda linea, si ricordi che gli investimenti infrastrutturali dovranno essere monitorati e allineati a quelle che sono le domande. In terza linea, non si dimentichi la formazione dei giovani, il reskilling di manager che decidono di uscire dal mondo corporativo. Egualmente penso alla seniority di molti manager che escono dalle grandi aziende per creare un miglior Life work balance e possono essere un valido strumento per la crescita delle Pmi, penso per esempio a nuovi paradigmi della managerialità condivisa come il fractional executive. Ultimo ma non meno importante una politica energetica che valorizzi le nuove tecnologie senza dimenticare che il phaseout delle energie fossili dovrà avvenire sì velocemente, ma senza strappi”.

Cultura, collaborazione, strategia. Ricordando che, se veramente vogliamo che il paradigma cambi, dobbiamo impegnarci nel costruirlo.