categoria: Vendere e comprare
Esportare una quota importante del genio italico (sì, insomma, i servizi!)
Secondo un recente rapporto di Sace (vedi foto), presentato anche in occasione della discussione del Report trimestrale dell’Osservatorio del Terziario Manageritalia, l’export italiano è tornato a crescere ed è destinato a tornare i livelli Pre-Covid entro il 2021-22. La sfida vera, come ribadito da Draghi, sarà mantenere un trend in crescita una volta finiti i soldi del PNRR e le altre facilitazioni che ogni nazione nel mondo (in quanto Occidentale) ha attivato, per supportare piani infrastrutturali, operazioni straordinarie ed economia reale.
Come possiamo vedere dall’infografica di Sace, esiste differenza tra esportare servizi e prodotti. I primi, spesso, sono più complessi da esportare rispetto ai secondi. Le ragioni sono ovvie: l’esportazione di un prodotto richiede, per lo più, normative, definizioni di logistica e relazioni strutturate tra compratore e venditore… l’esportazione dei servizi ha un percorso più lungo, dove i rapporti e le relazionali interpersonali hanno un peso, nella gestione del progetto, continuo e vitale. Spesso l’esportazione di servizi implica, per aziende e/o professionista, una continua relazione con il cliente (sia digitale che in loco).
L’Unione europea ha creato una guida per definire standard, prassi e approcci vincenti per esportare i servizi, tuttavia resta pur sempre un vademecum che “si vende” per ogni stagione. Ogni servizio esportato è un caso a sé, e il suo successo (tradotto portare a casa i soldi e magari un nuovo contratto) si basa su una ricetta che ogni azienda e solopreneur deve elaborare da solo, magari plasmandola sulle sue competenze e criticità.
I servizi e il network
“I dati sull’esportazione sono positivi, se paragonati all’anno 2020, ma ancora ben lontani dal trend in crescita del 2019”, mi spiega Enrico Pedretti di Manageritalia, l’associazione che raccoglie tutti i manager del terziario. “Un aspetto sul quale c’è ancora molto da lavorare è l’esportazione dei servizi. Se ci paragoniamo alla Germania possiamo osservare che abbiamo una forte esportazione di servizi turistici, una cosa naturale se consideriamo le risorse italiane. Tuttavia, rispetto alla Germania (si vedano i grafici in basso), c’è molto spazio per crescere in merito all’esportazione di servizi di attività professionale: finanza, ingegneria, architettura, comunicazione etc..
L’Italia è una nazione cresciuta negli anni grazie anche ad una forte competenza e professionalità nei servizi. Poveri di materie prime ci siamo specializzati nella processazione di materie prime importate e un’industria dei servizi valida, ma ancora non del tutto modernamente strutturata. In tutto questo, l’export degli stessi appare molto sfidante, e ancora ridotto, escludendo il turismo, se paragonato alle maggiori economie europee”, conclude Pedretti.
Escludendo l’esportazione di servizi turistici che, pur necessitando una radicale evoluzione, sono pur sempre un settore dove l’Italia produce risultati rilevanti, ho pensato di andare a cercare settori dove siamo meno efficaci, per comprendere come crescere meglio. Il settore dei servizi professionali analizzato nell’infografica precedente ci da solo un 25%, rispetto alla Germania che sta a quota 35%.
Per capire come aumentare questa quota, prendendo spunto dall’Expo di Dubai 2020 ho fatto due chiacchiere con gli italiani che hanno esportato i loro servizi laggiù, per capire come muoversi in un ambiente extra Ue dove stili di vita, linguaggio, consuetudini lavorative sono differenti dalle nostre.
“Quando si opera all’estero è vitale conoscere usi, costumi, abitudini di vita”, mi spiega Alessandro Mancini della Mancini Worldwide, che opera nel settore Turismo e grandi eventi b2b. “Quando ho seguito Expo2015 ho avuto modo di costruire relazioni personali e rapporti lavorativi con differenti nazioni, agenzie governative ed aziende pubbliche statali straniere. Quei contatti li ho poi valorizzati nei successivi Expo come quello di Astana del 2017 in Kazakhstan e oggi a Dubai.”
Expo2015 è stato un’opportunità di crescita e network anche per Matteo Gatto dell’omonimo studio di architettura e Michele Maddalo ingegnere edile fondatore di Mosae (Milano Open Studio Architecture and Engineering).
“Ho seguito Expo2015 come responsabile della progettazione del sito espositivo nel suo complesso, esclusi quindi i padiglioni nazionali. Poi mi è stato chiesto di seguire anche i padiglioni dei paesi in via di sviluppo: i cluster. Molte di queste nazioni avevano necessità specifiche ma, mancando di risorse umane in loco, a Milano, hanno preferito affidarsi ad Expo. È stata un’opportunità per stringere rapporti con differenti stakeholder internazionali che operano nel settore dei grandi eventi.”
Dubai 2020 e l’export di servizi
L’evento è stato inaugurato alcune settimane fa, con l’obiettivo di attrarre oltre 25 milioni in presenza e fino a 100 online, in prevalenza dalle nazioni limitrofe. Lo scopo è di creare sinergie e focalizzare gli sforzi della comunità globale su differenti temi vitali quali la lotta al cambiamento climatico, lo sviluppo sostenibile, l’inclusività etc. Il tema rilevante di questi eventi, al netto dello show b2c è il business: le aziende valorizzano la loro presenza a questi eventi per mostrare le loro ultime tecnologie, di solito prototipi, e fare lobby commerciale agli stakeholder istituzionali.
“La nostra presenza in Expo ci ha permesso di valorizzare tutti i contatti costruiti durante l’expo di Milano”, mi spiega Matteo Gatto. “Ci è stato chiesto di gestire i contenuti di 39 padiglioni nazionali, in modo da poter supportare tutte quelle nazioni che avevano una competenza e una cultura importante, ma erano meno preparate sul come comunicare la loro visione ad un pubblico amplio e internazionale”, conclude Gatto.
Pubbliche relazioni
Uno degli aspetti più vitali nell’esportazione dei servizi è rappresentato, come detto prima, dalle relazioni umane. “Il mio ruolo è stato di facilitatore, durante tutto il periodo del contratto. Sembrerà una cosa semplice ma tenere i rapporti con stakeholder istituzionali, provenienti da culture e stili di vita differenti da quello italiano, è sfidante. Si va da cose banali, come il rispetto delle festività religiose alle scelte alimentari ad esse legate”, mi spiega Mancini. “Purtroppo, molte Pmi italiane hanno una visione locale del mondo, con un approccio al dialogo che spesso si limita a discussioni prettamente lavorative. Ogni cultura ha regole specifiche, persino nelle trattative commerciali. Dove i cinesi apprezzano un dialogo che includa aspetti legati alla famiglia e agli affari personali, gli inglesi sono più minimalisti e si focalizzano subito sul business. Noi italiani, che abbiamo l’ambizione di lavorare molto fuori Europa, dobbiamo essere coscienti di queste differenze”.
Se questi aspetti possono sembrare scontati il video di Alipay, uno dei colossi dei pagamenti cinese, ci conferma che la Cina non è da prendere sotto gamba. Non è da meno l’area medio orientale.
“La penisola arabica è un mondo complesso, per noi occidentali spesso vissuto, culturalmente, come un monolite. Tuttavia convivono qui due religioni come quella ebraica e islamica. All’interno di queste due religioni differenti visioni e approcci non differenti dalla cornucopia di credi che compongono la religione cristiana. Sunniti, sciiti, sufi, sono solo i primi 3 macro gruppi all’interno della religione islamica. A questi elementi si devono sovrapporre la cultura e le tradizioni che hanno definito l’evoluzione, durante gli ultimi duemila anni, di queste genti. Dai capaci architetti e ingeneri persiani, ai mercanti arabi che solcavano il Golfo persico sino all’India. Ognuna di queste culture, nel tempo, si è concentrata in un piccolo territorio come Dubai, dove oggi convivono tutte insieme in pace, prosperando”, chiarisce Mancini.
Far business senza farti fregare
“La regola base è sempre avere un anticipo dei pagamenti, anche se si tratta di servizi”, mi spiega Michele Maddalo. “Esportare servizi implica un continuo rapporto con il cliente. Da un lato è un aspetto utile per costruire una relazione, plausibilmente, una strategia più elaborata, basata anche sulla fiducia reciproca. Dall’altro, non è stato il nostro caso, esiste il rischio che il cliente possa approfittare delle relazioni personali costituite per avere sconti o ritardare i pagamenti. Una parte della relazione commerciale, specialmente nei paesi non occidentali, vede sempre una scontistica e una trattativa molto lunga. Dal Medio-oriente alla Cina, passando per tutto il Centro Asia, parliamo della cosiddetta Via della Seta, una tradizionale via commerciale vecchia di secoli, con popoli adusi a trattare e mantenere relazioni commerciali basate sulla fiducia e il rispetto”, conclude Maddalo.
Al rispetto e alla fiducia, tuttavia, serve un supporto operativo. Una reportistica strutturata, quando si parla di servizi, è vitale. Pur se vero che i paesi non europei hanno uno stile commerciale differente, hanno una tradizione nella rendicontazione dei risultati. In questo senso è sempre utile avere un approccio molto pratico quando si tratta di definire ogni singolo passaggio, o milestone, a cui far seguire una fatturazione, se prevista da contratto.
“Contrariamente all’Italia, all’estero i pagamenti sono rispettati, nel raggio di 30-60 giorni massimo dalla fatturazione”, mi spiega Mancini. “Esiste tuttavia una prassi consolidata di due diligence che il compratore del servizio, il cliente, è uso praticare per assicurarsi che il prestatore del servizio non abbia precedenti di progetti mal gestiti. Specialmente quando si parla di operazioni di grande visibilità come gli Expo o altri eventi B2b”, conclude Mancini.
Da poco si è concluso il G20, e il B20, quest’anno ospitati dall’Italia. Due eventi che hanno ulteriormente posto l’attenzione del mondo sull’Italia e la nostra capacità creativa e progettuale. Se l’export di prodotti è sicuramente fondamentale per la bilancia commerciale, sono i servizi l’asset su cui si dovrà investire molto nei prossimi anni.
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