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Business multimilionario. Ecco come crescono gli influencer in Italia
Post di Vincenzo Cosenza, CMO di Buzzoole –
Il termine Influencer è ormai entrato nel vocabolario corrente e, negli ultimi anni, la curiosità nei confronti di questa categoria di protagonisti della rete è aumentata a dismisura. I nomi più noti, da Chiara Ferragni a Khaby Lame, passando per Benedetta Rossi e Clio Zammatteo, rappresentano solo la parte visibile di un fenomeno, quello dell’Influencer Marketing, che in Italia vale oltre 272 milioni di euro, in crescita del 12% rispetto al 2020 (stime UPA).
Il perché del successo di questa giovane leva di marketing non è difficile da immaginare: gli influencer sono ideali connettori tra le aziende e quei pubblici meno attenti alla comunicazione tradizionale che sono diventati difficili da intercettare e coinvolgere.
Questa loro caratteristica è emersa con forza durante la crisi pandemica del 2020 quando, in un momento di grande bisogno di vicinanza, gli influencer hanno saputo costruire, meglio dei brand, un rapporto più intimo con le persone attraverso eventi in diretta, corsi di formazione, momenti di intrattenimento. Non a caso il 77% degli italiani che usano la rete dichiara di fidarsi degli influencer quando promuovono un prodotto/servizio e l’83% quando trattano tematiche di carattere sociale (Nielsen, 2020).
Gli italiani e gli influencer
Oggi sono circa 20 milioni gli italiani tra i 18 e i 54 anni che seguono almeno un influencer sui social media (ricerca Mondadori Media, Buzzoole, InfoValue, 2021). Il 37% dichiara di sbirciare i loro profili ogni giorno, mentre un altro 37% ogni 2/3 giorni.
Ma perché questo interesse così spiccato? Quale ruolo hanno gli influencer nel processo d’acquisto?
Per il 54% degli intervistati hanno il compito di spiegare come utilizzare al meglio un prodotto, una motivazione citata in particolare dagli appassionati di beauty e food. Per il 47% devono far conoscere un nuovo prodotto in uscita (con accentuazioni tra gli amanti della tecnologia e del beauty). Il 41% cita il compito di dare indicazioni utili sugli acquisti (dove e quando comprare un prodotto), vero soprattutto per i viaggiatori e per chi segue il mondo dei motori. Ma l’influencer viene anche apprezzato perché indica come avere il prodotto ad un prezzo minore (38%), perché confronta prodotti senza dare giudizi (38%) o perché segnala novità senza spingere una marca particolare (27%).
Nel 2020 circa la metà degli intervistati ha comprato una media di due prodotti o servizi consigliati dagli influencer sui social media: beauty, food, fashion e tecnologia sono le categorie in cui lo shopping viene condizionato maggiormente.
L’approccio delle aziende all’Influencer Marketing
L’altra faccia dell’Influencer Marketing è quella rappresentata dalle aziende, che oggi hanno un approccio molto differenziato, come emerge da una recente ricerca svolta da Buzzoole/Koniqa. Tre sono le tipologie prevalenti:
• young: sono quelle in una fase sperimentale, che provano a fare qualche azione di coinvolgimento degli influencer, ma senza grande convinzione. Tendono a spendere poco e a delegare le campagne alla propria agenzia. Rappresentano il 46% del mercato, in decrescita di 7 punti rispetto a due anni fa;
• mature: sono quelle che hanno già chiara l’utilità di questa leva di marketing. Qui il brand ha un ruolo attivo nella supervisione della strategia e di coordinamento di più fornitori, necessari allo sviluppo di campagne più complesse: centro media, agenzia di comunicazione, agenzia di pubbliche relazioni. Rappresentano il 26% del mercato, in crescita di 2 punti;
• sophisticated: sono quelle che fanno un uso strategico dell’influencer marketing e si dotano anche di un team interno a ciò dedicato. Fanno campagne di medio-lungo periodo e preferiscono coinvolgere creator che fungano da ambassador. Rappresentano il 28% del mercato, in crescita di 5 punti rispetto a due anni fa.
Al di là del livello di maturità, va registrato che l’87% delle grandi aziende italiane dichiara di voler usare l’influencer marketing nei prossimi 12 mesi e lo farà ipotizzando progetti non saltuari, dai settori più avvezzi alla comunicazione visiva, come il fashion e il beauty, fino a quelli più cauti, come l’energia e il farmaceutico.
Per i manager è arrivato il momento di utilizzare l’Influencer Marketing con convinzione e con rigore, ossia ricorrendo al “marketing aumentato”, che usa consapevolmente l’innovazione come amplificatore di abilità e possibilità strategiche. Nel caso delle attività con gli influencer vuol dire ricorrere a dati e tecnologie. I primi servono, ad esempio, ad orientare la selezione dei creator per scegliere quelli che hanno le migliori performance reali a parità di brand affinity. Le seconde possono essere molto utili per ottimizzare tempi e costi dell’intero ciclo di gestione degli influencer (dall’individuazione all’ingaggio, passando per il processo di approvazione dei contenuti e il reporting dei risultati).
Twitter @vincos
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