categoria: The Economiste
Il Nobel per l’economia ha contribuito (anche) all’analisi del gender gap
Il premio Nobel per l’Economia 2021 è stato assegnato a David Card (per l’analisi degli effetti del salario minimo, dell’immigrazione e dell’istruzione sul mercato del lavoro) e, congiuntamente, a Joshua D. Angrist e Guido W. Imbens (per i loro apporti metodologici all’analisi delle relazione di causa ed effetto, secondo cui è possibile rispondere alle domande sulla causazione utilizzando gli esperimenti naturali).
Il primo dei tre (David Card) ha anche contribuito all’analisi e alla comprensione del gender gap, ad esempio riguardo ai premi retributivi corrisposti dalle aziende, alla sindacalizzazione, all’ambito STEM e, più in generale, nella ricerca economica (su Econopoly ne abbiamo parlato qui).
Card ha analizzato anche i processi di pubblicazione dei contributi alla ricerca scientifica per verificare se (e in quale misura) sono presenti dei pregiudizi di genere.
In tutte le riviste scientifiche di alto livello è prevista infatti una peer review, ovvero una valutazione degli articoli presentati che viene effettuata da esperti del settore (i referee), individuati dall’editore stesso. I referee analizzano gli articoli prima dell’eventuale pubblicazione e possono considerarli idonei oppure possono respingerne l’ipotesi di pubblicazione oppure, ancora, possono richiedere all’autore delle integrazioni al testo. Tutto questo ha lo scopo di garantire che le pubblicazioni scientifiche siano di qualità metodologica e di rilevanza scientifica.
Cosa risulta dagli studi di Card in proposito?
In un contributo realizzato con colleghi, partendo dalle evidenze emerse nella letteratura scientifica dell’esistenza di una sotto-rappresentazione femminile nell’economia e anche di pregiudizi che emergono in occasione delle conferenze scientifiche e delle promozioni accademiche, Card si è domandato se -invece- i referee e gli editori in ambito economico sono neutrali dal punto di vista del genere. Così, ha analizzato le presentazioni di articoli (paper) a 4 importanti riviste di economia (Quarterly Journal of Economics, Review of Economic Studies, Journal of the European Economic Association e Review of Economics and Statistics) nel corso di un decennio (dal 2003 al 2013).
È risultato che non esiste una piena neutralità.
In particolare, le ipotesi analizzate in proposito da Card e colleghi hanno riguardato tre aspetti.
Prima domanda: i referee di genere femminile e maschile valutano lo stesso documento allo stesso modo?
Risultati: Rispetto agli articoli di autori maschili, gli articoli di autori di genere femminile hanno 7 punti percentuali in più di probabilità di essere assegnati a un referee di genere femminile, ma i dati suggeriscono che il genere di un referee non ha importanza dato che, dall’analisi empirica, non risulta influire sulla valutazione di articoli di autori maschili o di gruppi di autori di sole donne (né di articoli di genere misto). In sintesi, agli autori non dovrebbe importare se i loro articoli vengono inviati a referee di genere maschile o femminile.
Seconda domanda: agli autori di genere femminile e maschile è richiesto lo stesso standard?
Risultati: Sebbene i referee di genere femminile e maschile valutino lo stesso documento in modi simili, ciò non implica necessariamente che i referee stabiliscono lo stesso livello per gli articoli di autori maschili e di genere femminile. È possibile, infatti, secondo Card e colleghi, che i referee di entrambi i generi mantengano pregiudizi a favore o contro articoli di autori di genere femminile. Intuitivamente, se i referee valutano in modo imparziale i documenti in base alla loro qualità, le caratteristiche dell’autore come il genere non dovrebbero incidere sulle citazioni successive da parte di altri autori (le citazioni sono una misura della qualità che la comunità scientifica accorda ad una pubbblicazione), perché il caso contrario significherebbe che il giudizio dei referee è poi in parte rivisto dalla totalità comunità scientifica. D’altra parte, se gli articoli di autori di genere femminile che sono condizionati alle integrazioni richieste dai referee accumulano poi più (o meno) citazioni rispetto ai contributi di tutti gli uomini, allora potremmo sostenere che i documenti di autori di genere femminile affrontano uno standard più alto (o più basso) nel processo di pubblicazione. In proposito, Card e colleghi hanno rilevato invece che i paper di autori di genere femminile ricevono circa il 25 per cento in più di citazioni rispetto ai documenti osservabilmente simili di autori di genere maschile. Ciò è coerente con la conclusione che le ricercatrici affrontano un livello più alto di standard nel processo di pubblicazione e che i referee sotto-valutano il potenziale di citazione degli articoli di autori di genere femminile.
Terza domanda: gli editori considerano allo stesso modo le valutazioni dei referee di genere femminile e maschile?
Risultati: una parte importante del processo editoriale è costituita anche dalla decisione finale dell’editore, che sentiti i referee, opta per la pubblicazione o meno dell’articolo presentato.
È interessante quindi capire come gli editori utilizzano le informazioni fornite dai referee di genere maschile rispetto ai referee di genere femminile. In proposito, prioritariamente, Card e colleghi hanno valutato l’informatività dei referee (ovvero la relazione tra le valutazioni dei referee e le citazioni future del documento). I referee di genere maschile e femminile non sembrano differire nella loro informatività, e nemmeno gli editori attribuiscono loro un valore diverso. In sintesi, Card e colleghi hanno concluso che gli editori sono neutrali dal punto di vista del genere nel valutare i consigli dei referee maschi e femmine.
In conclusione, i pregiudizi di genere (che, vista la loro pervasività in tanti ambiti lavorativi, ci si potrebbe aspettare di riscontare anche nei processi di pubblicazione dei risultati di ricerca nelle riviste scientifiche di alto livello) effettivamente non esimono completamente nemmeno gli editori e i referee, però grazie al lavoro di Card e colleghi, si tratta di aspetti ora identificati e quantificati in modo compiuto e, così, potrebbe essere possibile (finalmente) superarli.
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Leggi anche: Il Nobel all’economia 2021 a Card, Angrist e Imbens (dal Sole 24 ORE)
David Card, il Nobel che ha ribaltato le certezze sul salario minimo (dal Sole 24 ORE)
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Riferimenti bibliografici (estratto)
Card D. et al., 2020, Unions and wage inequality: The roles of gender, skill and public sector employment, CJoE, 11, 140-173
Card D. et al., 2015, Bargaining, Sorting, and the Gender Wage Gap: Quantifying the Impact of Firms on the Relative Pay of Women, TQJoE, 131, 2, 633–686