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Giustizia, tempi inaccettabili e anacronistici: urgono nuove leggi
L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –
La notizia più calda, a ridosso del ferragosto, non è stata la temperatura africana che ha avvolto il nostro paese, bensì il trasferimento del giudice che indaga sul caso Grillo Jr.
Il trasferimento veloce della dottoressa Laura Bassani da Tempio Pausania al Tribunale dei minori di Sassari, per i modi e i tempi che l’hanno accompagnato, pone dei dubbi, delle riflessioni, sulla opportunità di eseguirlo in questo momento. Diceva un politico navigato come Andreotti “a pensare male è peccato, ma il più delle volte si indovina”. È vero che il trasferimento è stato chiesto dall’interessata e quindi nulla quaestio, però lascia qualche dubbio ai più, il fatto di averlo eseguito così velocemente rispetto ai normali tempi e malgrado la presenza di una richiesta di proroga, avanzata al CSM dal procuratore capo Dr Capasso “per gravi coperture di organico al tribunale di Tempio Pausania”.
Ora occorre individuare un nuovo magistrato cui affidare l’indagine delicata su Grillo, attendere ulteriore tempo, dopo i 2 anni già passati, per conoscere la convinzione del giudice sulla colpevolezza o meno di Grillo Jr su un reato così grave come quello oggetto di indagine.
Ma questa vicenda mi interessa solo per affermare, come già sostenuto in precedenti articoli, la necessità di riformare veramente la giustizia, attraverso piccole ma sostanziali novità, che permetterebbero un riavvicinamento della gente alla giustizia, in questo periodo in caduta libera nei sondaggi quotidiani.
Non servono grandi riforme strombazzate ed irrealizzabili né tantomeno il referendum, ma servono cose pratiche e facilmente realizzabili con leggi parlamentari. Cercherò di essere più chiaro. Tutti i magistrati, come gli statali – perché non dobbiamo dimenticare mai che i giudici sono “impiegati dello Stato” – hanno diritto ad essere trasferiti: ciò è sacrosanto. Ma, aggiungo io, soltanto dopo aver svolto il proprio dovere e portato a termine i propri compiti (quindi lo smaltimento dei fascicoli e dei processi loro assegnati).
Nella mia esperienza di giudice onorario, presso il Tribunale di Latina, ho emesso centinaia di sentenze civili relative a cause con una anzianità di 15 e anche di 17 anni. Questo perché le cause in questione erano state interessate da molteplici trasferimenti dei giudici assegnatari: quando avviene ciò, il nuovo giudice a cui viene assegnato il procedimento riparte sostanzialmente daccapo ed è facile immaginare come ciò comporti una dilatazione incredibile dei tempi dei processi. Argomento su cui si dibatte da anni, eppure una delle sue principali cause (quella appena evidenziata) non viene mai menzionata. In sostanza, bisognerebbe prevedere che gli assegnatari dei fascicoli portino comunque a termine tutti i procedimenti a loro assegnati, per evitare questi rimpalli che fanno perdere un mucchio di tempo.
In questa sede non intendo parlare di responsabilità oggettiva (o assenza) di ispettori ministeriali o dei Presidenti di Tribunale chiamati a vigilare sull’operato dei magistrati, bensì la necessità di affrontare la questione a monte, a livello normativo, perché in questo modo non si rende un servizio efficiente cittadini, con la conseguenza di allontanarli dalla giustizia e sfiduciarli rispetto alla stessa. Queste situazioni, cui ho dovuto far fronte, io come tanti altri colleghi che popolano le aule di tribunale, vanno moltiplicate per tutti gli uffici giudiziari italiani, assumendo delle proporzioni gigantesche, con il risultato di accentuare la dicotomia tra paese legale e paese reale. È possibile, mi chiedo, che le Istituzioni restino inermi rispetto al problema?
Ho sempre pensato che le leggi vadano fatte ascoltando, coinvolgendo ed utilizzando gli addetti ai lavori, che hanno svolto ed acquisito esperienze nei vari settori lavorativi. Negli anni 70 ho iniziato la mia attività lavorativa nella giustizia come cancelliere, per terminare da un anno come magistrato onorario. Ebbene, umilmente e sommessamente, ritengo che per risolvere i problemi della Giustizia, basti una norma che disponga che i processi penali vadano a conclusione dopo 2 anni dal rinvio a giudizio, che i processi civili vengano definiti dopo 3 anni dall’atto di citazione, comminando per i giudici che non ottemperino a tali direttive delle sanzioni disciplinari ed economiche (pur con le dovute eccezioni). Perché non è più tollerabile, anzi è anacronistico, che vengano “indicati” termini di 120 giorni per il deposito delle sentenze, ma senza però disporre delle conseguenze in caso di inottemperanza.