categoria: Distruzione creativa
Startup innovative vincenti: istruzione al top e un buon mix di squadra
In un prececedente post pubblicato su Econopoly, a partire da un’analisi realizzata da Sifted su base europea, abbiamo introdotto l’esistenza di una correlazione positiva tra l’Ateneo frequentato e la successiva probabilità di fondare una startup innovativa di successo (o il mitico unicorno nel mondo della finanza).
Anche alcune rilevazioni nazionali confermano che, tra i fondatori di startup, uno dei fattori chiave per la riuscita dell’impresa è proprio la qualità dell’istruzione universitaria ottenuta e, più in generale, della propria formazione.
Una ricognizione realizzata dall’Istat sul livello di istruzione degli startupper mostra ad esempio che il 72,8 per cento ha conseguito almeno una laurea e il 15 per cento è titolare di un dottorato di ricerca. Un alto livello di formazione si riscontra anche tra i soci operativi che, nella maggioranza dei casi, risultano in possesso di un titolo post-diploma afferente a diversi ambiti a seconda del settore, ma complessivamente coerente con l’attività svolta (88 per cento dei casi), con un prevalenza di titoli post-lauream (master o dottorato) nelle startup che svolgono attività di Ricerca e sviluppo. Dal punto di vista del genere, invece, le donne, nonostante possiedano in media un titolo di studio più elevato (il 78,9 per cento ha ottenuto almeno una laurea e il 21 per cento ha conseguito un dottorato di ricerca), sono poi meno presenti nelle startup, a conferma di una loro minore propensione al rischio (in proposito lo studio delle cause realizzato da Yezers pubblicato su Econopoly).
Una indagine realizzata da Polis in Lombardia (la regione che ospita oltre un quarto di tutte le startup italiane secondo l’ultimo report trimestrale del MISE) individua anche i corsi di studi che sembrano maggiormente prodromi nella formazione di uno startupper di successo e che attengono soprattutto alle aree “tecnico/scientifiche” (il 48 per cento dei casi) o “affari, finanza e marketing” (il 24,5 per cento). Più in dettaglio, è possibile osservare che anche i team delle startup sono composti in maggioranza da ex studenti che hanno frequentato e concluso l’università (nel 70 per cento dei casi).
Tra gli startupper, altri fattori determinanti e direttamente conseguenti alla frequentazione di un Ateneo sono poi la possibilità di un’esperienza operativa nel settore, lavorando in un’azienda o come libero professionista (per oltre l’80 per cento dei casi), oppure svolgendo un’attività di ricerca presso un’università o un centro di ricerca (15 per cento). Tra le attività “formative” si trova anche un tentativo pregresso di fondare una startup (39,3 per cento dei casi).
Come l’insieme dei founder, anche i team imprenditoriali risultano principalmente composti da membri dotati di esperienza nel settore della startup (nel 79 per cento dei casi) e i componenti in possesso di una maggiore esperienza pregressa risultano aver già svolto attività nel settore mediamente per 10,4 anni.
In linea con le rilevazioni empiriche, le dichiarazioni dei rispondenti confermano l’importanza delle esperienze pregresse dei componenti del team, sia per la fondazione che per lo sviluppo della startup. Per il 37 per cento del campione, la conoscenza trasferita dai membri del team è considerata infatti fondamentale e il 45 per cento riconosce anche l’importanza delle competenze apportate da componenti che hanno svolto una pregressa attività come ricercatori.
Oltre ad un’esperienza nel settore, risultano positivamente correlate al successo dell’impresa anche la presenza di esperienze manageriale (riscontrata in oltre la metà delle startup censite) e la possibilità di combinare capacità complementari (tecniche/commerciali).
Quindi gli studi e la formazione contano e ripagano, perché consentono alla propria startup di ottenere risultati potenzialmente superiori (anche fino al 220 per cento in più secondo una ricerca di First Round Capital e perché permettono di suscitare maggiore interesse da parte dei finanziatori (in proposito gli Startup Genome Report ad esempio confermano che gli investitori optano più facilmente per progetti che sia originano da un promotore laureato, sia detengono un capitale umano dall’elevato livello di formazione).
Le conoscenze acquisite tramite l’istruzione universitaria e l’apprendimento lavorativo rientrano nel più vasto concetto di capitale umano, un insieme unico ed intrinsecamente elaborato a partire dalle competenze e dalle abilità acquisite, come definito da Treccani.
Visto quanto è dirimente questo aspetto per il successo di una startup innovativa, come si può ulteriormente corroborare? Ad esempio, migliorando le proprie abilità personali, posto che ad esempio da uno studio della Fondazione Human Plus risulta che gli startupper di successo mostrano livelli significativamente più elevati sia per quanto riguarda i fattori motivazionali (autoefficacia, bisogno di realizzazione, passione imprenditoriale, propensione al rischio), sia per quanto riguarda i tratti di personalità (locus of control interno, resilienza, stabilità emotiva, autoregolazione).
Il capitale umano di una startup aumenta poi anche assicurandosi che le competenze facciano squadra e interagiscano all’interno del gruppo di lavoro (su quali siano le caratteristiche di un team vincente ha ad esempio indagato il progetto Aristotele di Google). Le startup che risultano più performanti hanno infatti team eterogenei, che si dimostrano più completi in termini di capacità e presentano complessivamente una maggiore esperienza (sia nel settore di riferimento che in ambito manageriale e in precedenti statup), grazie appunto alla profondità e all’eterogeneità del capitale umano (Pinelli et al., 2018).
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