categoria: Distruzione creativa
Quali sono (e perché) i migliori posti di lavoro per i Millennials?
Great place to work, a partire da un’indagine su 57.975 dipendenti, ha individuato le 15 aziende italiane in cui i Millennials (o generazione Y, composta dalle persone nate tra il 1982 e il 1996) considerano auspicabile poter lavorare. Si tratta soprattutto di imprese attive nell’Information technology e nei servizi professionali e, su un ideale podio, si collocano Bending Spoons S.p.A., CASAVO e R-Everse.
Secondo il Trust Index utilizzato da Great place to work, un clima lavorativo ottimo si ottiene investendo in 5 direzioni (credibilità, rispetto, equità, orgoglio e coesione) che sono sostanzialmente sintentizzabili nella fiducia con il management e i colleghi, indipendentemente dalle caratteristiche personali, dal ruolo ricoperto in azienda e dalle mansioni svolte.
Un ranking basato sui luoghi di lavoro può suscitare a livello individuale una certa curiosità o, a seconda dell’interesse personale, anche uno spirito di competizione (in questo caso, per partecipare alla selezione, è stato anche possibile auto-candidarsi). La medesima classifica può essere però anche utilizzata in ottica allargata, come bacino di informazioni od occasione per isolare gli elementi dirimenti nell’attrarre i collaboratori più giovani e beneficiare, così, del contributo che possono offrire alle singole organizzazioni ma anche al sistema Paese (su come e perché fermare la fuga di cervelli e l’emorragia di talenti abbiamo parlato su Econopoly).
Quindi, partendo dal presupposto che ogni luogo di lavoro dovrebbe offrire condizioni e retribuzioni appropriate (come ad esempio previsto nell’ottavo obiettivo dell’Agenda Onu 2030), quali sono le esigenze specifiche manifestate dai Millennials in tema di occupazione?
Uno studio condotto su 19.000 Millennials mostra anzitutto, tra i più giovani, un elevato livello di realismo riguardo la probabilità che il percorso lavorativo si presenti ondivago, mutevole e non continuativo (84 per cento del campione) e mostra anche un certo ottimismo (il 62 per cento, in caso di interruzione lavorativa, ritiene di poter trovare un impiego ugualmente buono o anche migliore nel tempo di tre mesi).
Dalla stessa ricerca risulta anche che l’aspetto più importante per i Millennials è la possibilità di avere accesso ad una formazione continua (93 per cento casi): esaminando una nuova proposta di lavoro, il principale fattore che viene considerato è appunto l’opportunità di poter apprendere nuove abilità (per 4 rispondenti su 5) .
L’orientamento dei più giovani ad affrontare sfide e cambiamenti si nota anche nell’atteggiamento rispetto alla durata considerata opportuna per permanere nella medesima posizione (che è inferiore ai 2 anni per i due terzi dei rispondenti e inferiore ai 12 mesi per un quarto degli stessi). Dai dati risulta anche una certa considerazione e sicurezza nelle proprie capacità (metà dei Millennials intervistati è pronta a lasciare il lavoro attuale in caso manchino l’apprezzamento e il riconoscimento dei propri risultati).
A prescindere dal genere, viene attribuita molta importanza al tempo da dedicare a se stessi (4 rispondenti su 10), un aspetto che potrebbe risultare non velleitario ma necessario, posto che il 73 per cento degli intervistati dichiara di lavorare oltre 40 ore settimanali (un quinto anche oltre 50 ore) e il 26 per cento svolge due o più lavori.
In linea con il Trust Index, secondo i dati raccolti, per i Millennials è poi molto importante il valore delle persone con cui si lavora e l’orientamento socialmente responsabile posseduto dal datore di lavoro (per 8 rispondenti su 10).
Anche dal Report Millennials Ambassadors Forum risulta una conferma alla concretezza: il 64 per cento dei Millennials intervistati ritiene di dover ancora acquisire molte competenze necessarie per far fronte alle criticità del mercato del lavoro attuale ed è consapevole di dover attivare una ricerca del lavoro lungo differenti canali, anche informali.
Coerentemente con altre rilevazioni emerge anche qui l’importanza di sapere che il proprio lavoro abbia uno scopo e un impatto positivo (per il 67 per cento dei rispondenti il senso di engagement è direttamente proporzionale all’importanza della mission aziendale), anche al prezzo di una certa adattabilità (43 per cento dei rispondenti) o del prolungamento dell’orario di lavoro (30 per cento).
Anche la Deloitte Global Millennial Survey condotta in 13 Paesi conferma l’ancoraggio nei più giovani ai valori sociali. La propensione alla collettività e al contesto ambientale di riferimento infatti, con la pandemia per Covid-19, si è rafforzata accrescendo nei Millennials la responsabilità individuale, nonostante il sensibile peggioramento delle loro condizioni di vita (secondo le rilevazioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, tra i lavoratori sono stati proprio i giovani ad essere maggiormente colpiti, in tutte le regioni e in tutti i gruppi di reddito).
Dallo studio di Deloitte emerge, in più, una forte lealtà o fidelizzazione aziendale per le imprese che rispondono alle esigenze dei dipendenti o aderiscono a principi di diversity, inclusione e sostenibilità verso obiettivi alti e impegnati.
Un ulteriore aspetto che contraddistingue i Millennials è poi anche la creatività e la capacità di problem solving. Secondo il Report con dati strutturali elaborato dal Ministero dello sviluppo economico infatti in Italia le startup innovative a prevalenza giovanile (under 35) sono il 18,1% del totale, ovvero un valore quattro punti percentuali superiore rispetto a quantoriscontrato tra le nuove aziende non innovative, In più, le aziende in cui almeno un giovane è presente nella compagine sociale rappresentano il 41,1% delle startup, contro il 31,9% delle altre imprese.
Una survey su 190.000 rispondenti in 34 paesi del mondo ha individuato infine che i fattori che rendono maggiormente attrattiva un’azienda per i più giovani attengono in primo luogo al work-life balance, un aspetto che, con oltre il 60 per cento delle risposte, evidentemente non è più un tema sensibile solo per il genere femminile (riguardo l’apprezzamento da parte delle dipendenti per le aziende attive nei progetti family friendly abbiamo parlato su Econopoly).
Capire come attrarre e far pemanere i Millennials all’interno delle organizzazioni non è solo un’esercizio di stile, ma una necessità, perché il mercato del lavoro ne ha bisogno. Secondo uno studio di Oxford Economics condotto in 21 Paesi, infatti per ottenere performance organizzative e gestionali elevate (con aumenti del fatturato e degli utili fino al 76 per cento) saranno sempre più necessari figure come il digital leader, ovvero un giovane capace di introdurre nelle aziende un approccio digitale, trasparente ed inclusivo. Allo scopo, vi sono delle formule (note come reverse mentoring), grazie alle quali si promuove lo scambio di conoscenze tra figure junior e senior e, così, si ottiene l’aggiornamento e l’empowerment nelle organizzazioni.
Se risulta quindi necessario dare una risposta alla ricerca di un posto di lavoro che non assolva solamente ad una funzione economica, ma sia fonte di autorealizzazione, espressione delle proprie potenzialità, contributo costruttivo alla collettività e opportunità di collaborazione e crescita professionale e personale (aspetti che appunto contraddistinguono i più giovani), dalle ricerche citate si possono ritrarre anche alcuni consigli pratici per attrarre (e ritenere) i Millennials, come dimostare loro che l’impegno all’interno dell’azienda favorirà progressi e miglioramenti nelle abilità e nelle potenzialità di occupazione e, anche, creare opportunità di partecipazione a progetti diversi con team differenti, per tradurne l’interesse a progredire in valore reale.
________________________________
Leggi anche: Benefit graduati in base all’età per motivare i collaboratori