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Sconforta l’alfabetizzazione assicurativa, ma non tutto è perduto
Gli indici sintetici sulle competenze in ambito assicurativo degli italiani sono piuttosto sconfortanti. È quanto risulta dai dati elaborati da IVASS-Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e pubblicati in maggio, a partire dall’analisi “Conoscenze e comportamenti assicurativi degli italiani” che ha analizzato il comportamento assicurativo di 2.053 intervistati per ottenere una rappresentazione della conoscenza assicurativa e dell’alfabetizzazione al rischio.
Su una scala 0-100, infatti l’indice di conoscenza assicurativa è pari a 30,4, un valore contenuto soprattutto per l’influenza di bassi livelli nelle conoscenze di base e dei prodotti assicurativi e negativamente correlato con la residenza al Centro-Sud e una minore scolarizzazione.
Anche il genere e l’età rendono più o meno critica la situazione. Le donne raggiungono difatti punteggi medi di 32.5 rispetto alla conoscenza di base e di 18,5 riguardo la conoscenza di prodotti assicurativi, contro un equivalente maschile pari a 49,3 e 22,4). All’interno delle diverse fasce di età, poi, si riscontra un andamento ondulatorio (le conoscenze sono maggiori dopo i 35 anni, ma decrementano a partire dai 65 in poi).
In più, risulta che tra la popolazione italiana non sono solo le conoscenze assicurative a differenziarsi per livello di istruzione, genere, età e localizzazione. Accade lo stesso anche per i comportamenti concretamente attuati a riguardo: ad esempio, l’avversione al rischio è più marcata nei giovani e nei casi di alti livelli d’istruzione, mentre la capacità di individuare i corretti collegamenti logici tra concetti di ambito assicurativo è più elevata tra gli uomini e nelle età centrali della vita (18-54 anni).
Ancor più preoccupante è la divergenza osservata tra la conoscenza auto-attribuitasi dai rispondenti e la conoscenza reale risultante dalla correttezza delle risposte. Il 60 per cento dichiara infatti di possedere una conoscenza assicurativa che però, empiricamente, si riscontra solo nel 13,9 per cento dei casi.
Se la conoscenza assicurativa degli italiani necessita quindi di essere fortemente corroborata, oltre a promuovere la diffusione di opportunità formative in proposito e, più largamente, in ambito finanziario (su Econopoly ne abbiamo parlato qui e qui), potrebbe essere utile riflettere e informare anche sui motivi che concorrono a condurre gli individui a scelte per il futuro non ottimali.
Riprendendo l’indagine IVASS citata nell’incipit, dalle risposte ottenute è possibile isolare alcuni aspetti, tra cui ad esempio che il 35,4 per cento confonde rischio e incertezza; che oltre il 40 per cento dei rispondenti ritiene più o meno probabile il possibile manifestarsi di un secondo sinistro entro un anno dalla manifestazione del primo e che il 61,5 per cento viene influenzato dalla focalizzazione negativa di un’offerta assicurativa.
Questi elementi poggiano su alcuni errori cognitivi o bias della scelta che comportano la preferenza per opzioni di fatto meno valide.
Ad esempio, nutrendo aspettative ottimistiche (ma di fatto irreali) riguardo le proprie conoscenze, si incorre nell’over-confidence. Oppure, credendo (erroneamente) di essere in grado di valutare le alternative in modo totalmente indipendente e senza lasciarsi influenzare, si incappa nel bias di autonomia. In più, la scarsa conoscenza della statistica può comportare una situazione di fallacia dello scommettitore (sui piccoli numeri, ad esempio, ogni ripetizione di un evento mantiene intatte le probabilità medie della serie statistica) o di azione dell’effetto emozionale sulla stima (quando la percezione soggettiva delle probabilità è inficiata dal valore affettivo che l’individuo associa agli esiti attesi) o ancora di sconto temporale (preferenza a scommettere che eventi avversi non avverranno nel futuro e posticipare il costo del danno nel futuro) e infine di avversione all’ambiguità (propensione a preferire soluzioni costanti nel tempo anche se di fatto possono essere meno convenienti).
Nonostante l’economia tradizionale postuli il decisore come un ideale homo oeconomicus del tutto informato e in grado di prendere le decisioni migliori in assoluto (anche se i dati mostrano tutt’altro), i bias decisionali sono inevitabili ma -conoscendone l’esistenza- è possibile auto-monitorarsi e ri-orientarsi (con un processo di debiasing).
In più, nonostante sia necessario molto lavoro per innalzare le competenze assicurative di un Paese eterogeneo per diversi aspetti, si può riflettere in conclusione almeno su due aspetti positivi.
Da un lato, è interessante notare dai dati IVASS che le decisioni assicurative vengono prese in termini non solo prettamente individuali ma anche condivisi con figure di fiducia (40 per cento dei casi) e ciò è predittivo di un orientamento ad informarsi e ricercare fonti eterogenee.
D’altro lato, i risultati ottenuti dai rispondenti in tema di logica assicurativa sono alti (la capacità deduttiva di derivare conclusioni corrette da premesse concettuali illustrate è pari a 63.7 su 100) e da ciò si può auspicare che -con programmi che accompagnino le persone a maturare conoscenze adeguate- sia effettivamente possibile rafforzare l’autonomia di giudizio dei cittadini e rendere loro accessibili scelte più efficaci per il benessere personale e collettivo.
ll concetto scientia potentia est attribuito a Thomas Hobbes ricorda l’importanza di conoscere una disciplina in modo fondato, per poterne così realizzare il miglior utilizzo. Si tratta di un assunto valido per ogni contesto e andrebbe ricordato e rimarcato per lo meno negli ambiti del quotidiano (come appunto gli aspetti finanziari e assicurativi), per poter così ottenere un miglior livello di qualità di vita in modo generalizzato.