categoria: Vicolo corto
Transizione ecologica: è finito il tempo delle favole
L’autore del post è Enrico Mariutti, ricercatore e analista in ambito economico ed energetico. Founder della piattaforma di microconsulenza Getconsulting e presidente dell’Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG). Autore di “La decarbonizzazione felice” –
L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha pubblicato un rapporto esplosivo (Net Zero by 2050) che ha scatenato gli entusiasmi della comunità ambientalista.
Secondo molti analisti e attivisti, infatti, il rapporto sancisce la fine dell’era dei combustibili fossili e spiana la strada a un modello di sviluppo a emissioni zero.
Alla base di questo giudizio, però, c’è una lettura superficiale del documento, che ha tratto in inganno molti commentatori.
L’errore più frequente è stato considerare il rapporto come un pacchetto di prescrizioni, di linee guida. In realtà, come specifica il direttore esecutivo dell’agenzia, Fatih Birol, l’obiettivo del documento non è fornire la ricetta della decarbonizzazione ma far capire ai governi le conseguenze pratiche degli accordi che sottoscrivono alle Conferenze sul Clima (COP).
Un altro errore molto frequente è stato definire gli obiettivi più eclatanti del rapporto come “radicali”, “ambiziosi”, “coraggiosi”. Più semplicemente, si tratta di target palesemente irrealizzabili e questo ha un preciso significato politico, almeno per chi vuole vederlo. Prendiamo l’obiettivo che è finito sulle pagine di tutti i quotidiani: a partire da quest’anno stop all’apertura di nuovi pozzi petroliferi e metaniferi, a nuove miniere di carbone e a nuove centrali a carbone.
Un nobile proposito ma, solo l’anno scorso, le compagnie petrolifere hanno investito 30 miliardi di dollari nella ricerca di nuovi giacimenti di gas e petrolio che, presumibilmente, entreranno in produzione nei prossimi 2/5 anni (esclusi i pozzi non convenzionali, che hanno tempi più rapidi). E non parliamo di Eni, Shell o Total (che ha deciso di cambiare nome e logo, sarà TotalEnergies) ma, per la maggior parte, di compagnie petrolifere nazionalizzate, che rispondono a Stati sovrani come l’Arabia Saudita, l’Iraq, la Russia o l’Iran, Paesi che fanno orecchie da mercante alle Conferenze sul Clima (COP) e su cui la comunità internazionale non ha alcun potere.
Fonte: IEA, Oil 2021
La Cina, dal canto suo, ha già programmato l’installazione di almeno un centinaio di nuove centrali a carbone per i prossimi anni e, nella sola provincia dello Shanxi, è stata calendarizzata l’apertura di 40 nuove miniere di carbone. Il giorno dopo l’uscita del rapporto, esattamente il giorno dopo, il governo indiano ha annunciato di aver assegnato le concessioni per 41 nuove miniere di carbone. Più in generale, i prezzi bassi e la crisi economica stanno facendo ripartire prepotentemente l’industria del carbone a livello globale, persino negli USA di Joe Biden si prevede un marcato aumento della domanda durante i prossimi due anni.
Anche l’orizzonte di questo rapporto non è risultato chiaro a tutti evidentemente. In tanti, infatti, hanno scritto che la IEA sprona le economie avanzate a fare di più per compensare i ritardi delle economie emergenti e dei Paesi in via di sviluppo. Per gli aspetti più problematici della transizione, però, la roadmap non prevede una tabella di marcia differenziata per le economie avanzate, per quelle emergenti e per i Paesi in via di sviluppo. Per esempio, quando leggiamo che per centrare i target climatici entro 10 anni il 60% delle auto vendute dovranno essere elettriche non si intende in Danimarca, in Europa o in Occidente, si intende in tutto il mondo. E non potrebbe essere altrimenti, visto che nel 2030 USA + Europa rappresenteranno solo il 30% del mercato automobilistico mondiale. Quindi, per centrare questo target, poco meno della metà delle automobili vendute nelle economie emergenti e in quelle in via di sviluppo dovranno essere elettriche. È realistico pensare una cosa del genere per Paesi dove il 10/20/30% della popolazione non ha ancora l’elettricità in casa? Giudicate voi.
Fonte: IEA, Net Zero by 2050 (cliccare sull’immagine per ingrandirla)
Alla luce di queste considerazioni, il rapporto cambia completamente aspetto e prende la forma di un’operazione-verità rispetto alla narrativa ambientalista. Intento che è stato dichiarato esplicitamente da Fatih Birol, ma che evidentemente in tanti non hanno capito o hanno fatto finta di non capire.
Fonte: IEA, Net Zero by 2050
Mentre ci sentiamo ripetere ossessivamente che le energie rinnovabili sono competitive e l’auto elettrica entro pochi anni sarà più economica di quella tradizionale la IEA ci avverte che la transizione energetica costerà 5.000 miliardi di dollari l’anno, stima che ipotizziamo da oltre due anni su Econopoly, attirandoci feroci critiche dalla galassia ambientalista. Tanto per intenderci, una tassa universale da 650 dollari a testa l’anno. È credibile immaginare che, dopo una pandemia che ha devastato l’economia globale causando milioni di morti e mentre le tensioni internazionali schizzano alle stelle, il mondo inizi a investire sulla tutela ambientale più di quello che spende in Salute e più del doppio di quello che spende in Difesa?
Mentre il risparmio energetico ci viene venduto come una rassicurante lotta agli sprechi la IEA ci avvisa che ci dovremo rassegnare a vivere in case fredde d’inverno (riscaldamenti massimo a 19-20 gradi) e calde d’estate (condizionatori massimo a 24 gradi).
Fonte: IEA, Net Zero by 2050
Mentre la pubblicità ci descrive la transizione energetica con scenari da Mulino Bianco la IEA, più prosaicamente, ci avvisa che per azzerare le emissioni le auto di proprietà e i voli aerei dovranno tornare appannaggio pressoché esclusivo dei ricchi, i limiti di velocità in autostrada dovranno scendere al di sotto di 100 km/h e tra qualche anno dovremo cambiare tutti la caldaia, perché quelle a gas, a legna o a gasolio bisognerà metterle fuorilegge entro il 2025 (spoiler: riscaldarsi con l’elettricità costa molto di più).
Fonte: IEA, Net Zero by 2050
Mentre assistiamo a campagne stampa sempre più aggressive contro i presunti incentivi ai fossili la IEA chiarisce che l’abbandono di gas e petrolio comporterà una riduzione del gettito fiscale superiore a 700 miliardi di dollari l’anno. Solo per fare un esempio, in un Paese con un sistema fiscale ipertrofico come l’Italia, le accise su benzina e gasolio valgono 40 miliardi di euro l’anno, poco meno del budget per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca. Tutto questo, in un momento in cui i governi hanno disperato bisogno di soldi da investire per far ripartire l’economia.
Fonte: IEA, Net Zero by 2050
Mentre siamo bombardati da continui richiami all’equità e alla solidarietà la IEA mette nero su bianco che i cittadini di alcuni dei Paesi più poveri del mondo, come l’Angola o la Nigeria, dovranno contribuire alla transizione energetica con una sovrattassa di circa 1.000 dollari a testa l’anno, perché i loro Stati si reggono sulle rendite petrolifere. Anche in questo caso, un tema approfondito quasi alla nausea su Econopoly che non riceve mai risposta, al contrario di quando si parla di prezzi delle rinnovabili o del fabbisogno di materiali dell’auto elettrica.
Fonte: IEA, Net Zero by 2050
L’unica cosa che il rapporto non ci dice, però, è dove sarebbero gli elettori pronti a votare queste misure. Perché appena qualcuno spiegherà ai leader mondiali cosa c’è scritto nel rapporto non c’è dubbio che la transizione ecologica diventerà il nemico numero uno della politica. Chi spiega scelte di questo genere all’elettorato? All’elettorato americano, all’elettorato europeo ma a maggior ragione a quello indiano, a quello brasiliano, a quello kenyota. E per di più, all’indomani della prima pandemia da oltre un secolo. Ma stiamo scherzando?
Oltretutto, almeno tra le righe, il rapporto offre delle alternative. Per questo è, a tutti gli effetti, una polpetta avvelenata.
Nello scenario previsto dalla IEA, infatti, circa un quinto delle attuali emissioni verranno controbilanciate, non azzerate. Come? Con la cattura del carbonio, all’emissione (Carbon Capture) o in atmosfera (Direct Air Capture).
Tra l’altro su questo tema, ampiamente dibattuto in ambito specialistico, il rapporto mette due punti fermi fondamentali:
1) senza cattura del carbonio la transizione energetica costerebbe 15.000 miliardi di dollari in più. Con buona pace di chi sostiene che si tratti di una soluzione costosa.
Fonte: IEA, Net Zero by 2050
2) la cattura diretta in atmosfera della CO2 sarà disponibile su scala industriale entro pochi anni. Saremo in grado di succhiare la CO2 dall’aria ben prima di riuscire a riciclare tutti i materiali strategici di una batteria al litio, tanto per essere chiari. Anche in questo caso un tema su cui qui a Econopoly cerchiamo di fare luce da anni, attirandoci le ire del mondo ambientalista.
Fonte: IEA, Net Zero by 2050 (cliccare sull’immagine per ingrandirla)
Tuttavia, questa opzione tecnologica – come il nucleare – non è trattata come una vera e propria alternativa al modello rinnovabili + mobilità elettrica. Perché? Per motivi politici, chiaramente. Come ha precisato Birol, la IEA non è l’agenzia internazionale del clima ma quella dell’energia. Di conseguenza, ha adottato i paletti ideologici imposti dall’agenzia internazionale del clima, l’International Panel on Climate Change (IPCC), riducendo al minimo il ricorso alla cattura del carbonio e all’energia atomica.
Però, chiaramente, queste due opzioni tecnologiche pendono come una spada di Damocle sul modello rinnovabili + auto elettrica: se tra qualche anno nessun governo avrà messo al bando le caldaie termiche, se le vendite di auto elettriche non sfonderanno quota 10%, se i Paesi in via di sviluppo continueranno a installare centrali a carbone, inevitabilmente, saremo costretti a ricorrere a un piano B.
Quindi, in sostanza, il rapporto della IEA mette la narrativa verde con le spalle al muro: dopo decenni di pianti gli ambientalisti si trovano la tavola apparecchiata dai poteri forti. Ora basta raccogliere il consenso politico e la transizione ecologica è servita.
Vedremo cosa saranno capaci di fare.
Twitter @enricomariutti