Covid-19, come lo smart working ha cambiato il controllo aziendale

scritto da il 28 Maggio 2021

Post di Gianluca F. Delfino, dottorando in Management presso la IE Business School di Madrid* – 

Come ha cambiato lo smart working la maniera con la quale i manager esercitano controllo sui dipendenti? E come hanno reagito i dipendenti davanti a questi cambiamenti? Queste sono le due domande a cui abbiamo cercato di rispondere in una serie di interviste avvenute tra maggio e giugno del 2020 ad un gruppo di giovani consulenti di varie società di auditing e di consulenza italiane. Anche se con delle interviste non è possibile generalizzare all’intera “popolazione” di lavoratori italiani, di seguito vi presentiamo quello che abbiamo scoperto.

Big brother ti osserva
La conseguenza più ovvia dello smart working è stata l’impossibilità da parte dei manager di poter osservare direttamente i dipendenti lavorare. La routine nel lavoro è stata fortemente destabilizzata, e questo ha portato alcuni manager a rivedere radicalmente la loro maniera di gestire i dipendenti. Il primo cambiamento che documentiamo è un aumento di (video) chiamate, percepite da molti dipendenti come inutili e improduttive. Alcuni dipendenti ci raccontano che hanno la sensazione che queste chiamate vengono fatte per far sì che i manager si assicurino che stanno lavorando. Per esempio, Barbara ci racconta che ha una chiamata fissa tutti i giorni alle 9 del mattino e che crede che questa sia una perdita di tempo: “Capisco che queste call vengono fatte per coordinarci meglio sul lavoro da fare, ma certe volte ho la sensazione che vogliano assicurarci che iniziamo a lavorare a quell’ora. Molto spesso non c’è niente di cui discutere che meriti una chiamata”.

Ciò che ha reso la situazione peggiore è stato l’utilizzo di software come MicrosoftTeams e SkypeForBusiness. Infatti, questi strumenti permettono a chiunque di poter vedere quando un dipendente è online da quando è offline. Inoltre, tramite questi software, è possibile attivare un pulsante di notifica sul cambiamento dello status del dipendente. Dunque, non è raro che i consulenti ricevano una chiamata nel secondo esatto in cui cambiano il loro status (da offlineonline). Alcuni lamentano che si sentono costantemente monitorati. “Devono controllarti sempre” ci dice Ivana, una consulente con 3 anni di esperienza.

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La pressione sulla performance è aumentata
Secondo me alcuni manager si sentono messi sotto pressione fino al punto in cui credono che un maggior monitoraggio renderà magicamente l’output migliore” commenta Giorgia. La “pressione” di cui ci parla questa consulente ha due fonti: i partner delle società, a cui rispondono in linea gerarchica i manager, e i clienti. Quest’ultimi, soprattutto nelle prime settimane dall’inizio della quarantena, sembravano aver timore che le società di consulenza non avrebbero saputo mantenere i ritmi e rispettare le tempistiche. “Una buona parte del mio lavoro è far vedere al nostro cliente che stiamo lavorando per lui, anche in quarantena”, commenta Gianfranco, manager di un team di 5 consulenti. La conseguenza è che alcuni consulenti sentono di dovere essere a disposizione 24 ore su 24.

Laura, giovane consulente, ci racconta la sua esperienza: “Adesso sia il manager che il cliente chiedono [al team] di fare molto di più allo stesso tempo, perché tanto sanno che sei a casa, che non hai problemi a lavorare. In realtà, è un problema per noi essere sempre a loro disposizione per loro“. Questo atteggiamento è confermato dallo stesso Gianfranco, che ci racconta: “Dato che a casa non sono più controllati, non do per scontato che rispetteranno le scadenze. Quindi ho introdotto delle “mini-chiamate” per assicurarmi che continuino a lavorare durante il giorno.” Che sia per mancanza di fiducia nei confronti del suo team o di una pressione esterna, questo manager ammette di chiamare di più per paura che i suoi dipendenti non stiano lavorando.

Connessi…e sconnessi
Una delle cose che questa crisi ci ha mostrato è che è molto più semplice controllare le attività dei dipendenti oggi di quanto lo fosse nel passato. Infatti, tramite le sopracitate tecnologie di monitoring, chiunque sa se un collega è in riunione, o in una call, o semplicemente in pausa pranzo. Se la quarantena fosse avvenuta nel passato, sarebbe stato impossibile ottenere queste informazioni in tempo reale.

Anche la percezione della gerarchia sembra essere cambiata. Alcuni giovani consulenti ci hanno raccontato che, mentre prima della crisi avevano molte responsabilità, adesso le loro attività si sono ridotte drasticamente. Per esempio, Diletta, giovane consulente, ci racconta che “dall’inizio della quarantena la gerarchia è più severa. Infatti, mentre prima il mio capo mi delegava tutto il lavoro (tra cui anche il contatto con il cliente), adesso non mi lascia interagire con il cliente”. La relazione tra consulente e manager sembra essere cambiata, e diventata più formale. Manuela ci racconta: “Con la quarantena mi sento meno connessa con il mio manager. Adesso ci sentiamo solo per discutere del progetto”.

Non tutti hanno vissuto un peggioramento della gerarchia. In una società di consulenza più piccola, dove il rapporto tra manager e dipendente è più informale, alcuni ci hanno raccontato del contrario. “Sento la struttura meno gerarchica” ci racconta Luca, “il mio partner mi coinvolge di più, e sento che la mia opinione viene ascoltata di più rispetto a prima della quarantena”. Sareste sorpresi nel sapere che nella società di consulenza di Luca non si utilizzano software di monitoring?

Darsi eccessivamente da fare
La cosa più sorprendente che documentiamo è che molti dipendenti hanno iniziato a darsi eccessivamente da fare. Non potendo andare da nessuna parte, e con un’economia sempre più deteriorata, alcuni hanno sentito il bisogno di lavorare molto per essere “visti” dai propri manager. Per esempio, alcuni hanno iniziato a “mostrare” che lavoravano di più: “Adesso inizio a lavorare alle 8,30 per mostrare ai miei capi che inizio a lavorare prima delle 9 [orario in cui dovrei iniziare a lavorare]”, ci racconta Laura. Altri, ammettono di inviare email tardi o la mattina molto presto, per far vedere ai capi che lavorano duramente. Questo ci è confermato da un’altra consulente, che ci racconta che è meglio rispondere subito ai messaggi in chat del proprio capo, o quest’ultimo potrebbe pensare che in quel momento si è online anche se non si sta attivamente lavorando.

Il “mostrare” è un atteggiamento spinto da un desiderio di dare un’impressione favorevole ai capi che, tramite i software sopra-citati, sanno che il dipendente sta lavorando. Tuttavia, la conseguenza di voler mostrare costantemente di stare lavorando, è che le persone sentono meno libertà di prendere delle meritate pause. Per esempio, non è raro sentire che si saltano le pause pranzo e le pause caffè per paura di risultare offline.

Purtroppo, nel mondo della consulenza, non è minimamente pensabile di parlare con il proprio capo. “Questi argomenti sono molto sensibili qui da noi. Ne parlo solo con dei colleghi [al mio stesso livello], ma non mi sognerei mai di parlarne con il mio capo. Potrebbe pensare che non ho voglia di lavorare. Questa cosa mi fa uscire fuori di me!” ci racconta Giulio, un giovane consulente.

In molti ci hanno confessato di controllare attivamente Linkedin, per cercare nuove occasioni di lavoro. Tuttavia, con la crisi, le imprese hanno smesso di cercare nuovi talenti, e quelli che vogliono cambiare lavoro si trovano senza una valida alternativa.

I manager che danno più libertà ai dipendenti sembrano essere i più apprezzati dai nostri intervistati. Luigi, consulente da 4 anni, ci racconta che l’unica cosa che conta per il suo capo sono i risultati: “Posso sempre fermarmi, correre fuori un’ora, e ritornare a lavorare. Nessuno mi chiederebbe che fine ho fatto. I miei capi controllano solo i risultati”. Se, apparentemente, questa situazione sembra ideale, anche l’eccessiva libertà potrebbe essere considerata un problema. Dipendenti eccessivamente motivati rischiano di cadere nello stesso atteggiamento sopra menzionato: si lavora di più per compensare della libertà ricevuta (per mostrare che si sta lavorando duramente). Questo atteggiamento può portare ad un aumento dello stress e – nel lungo termine – in una situazione di burnout.

Conclusioni
Intensificare il monitoraggio sulle attività dei dipendenti e utilizzare costantemente i software come MicrosoftTeams e Skype sembra aver avuto un effetto negativo sulla loro motivazione. Anche se è difficile discernere quanto è dovuto alla condizione di quarantena per sé e quanto alle nuove condizioni di lavoro, documentiamo un aumento dello stress dei dipendenti per via dell’aumento del monitoring e del bisogno di sentirsi sempre disponibili. Gli unici che sembrano aver reagito positivamente allo smart working sono quelli che hanno autonomia sufficiente per potersi auto-gestire la giornata.

*Questo è un estratto di un articolo pubblicato recentemente sulla rivista Accounting, Auditing & Accountability Journal scritto da Gianluca F. Delfino e dal Professor Berend van der Kolk dell’Università IE di Madrid.

email: gianluca.delfino@student.ie.edu