categoria: Vicolo corto
La nuova Bauhaus europea leva per la sfida della sostenibilità
Post di G. Tiziana Gallo, progettista e pianificatrice esperta di rigenerazione urbana, e Luca Jahier, già Presidente del Comitato Economico e Sociale Europeo –
Oggi il termine sostenibilità è parola stra-abusata ma su cui l’intera Europa e finalmente anche Stati Uniti e Cina si stanno impegnando. Ora che la crisi climatica è veramente conclamata e incombente, accompagnata anche da crisi pandemica, con evidenti nessi rispetto alla crisi economica, un progetto che non si occupi anche delle dinamiche economiche e sociali, è nei fatti sostenibile?
La risposta è NO.
Va ricordato infatti che la sostenibilità è tridimensionale:
• sociale
• economica
• ambientale
e fra queste vi deve essere intersezione ed equilibrio.
Ognuna non può essere determinata senza valutare le ricadute sulle altre due.
È per questo che dobbiamo comprendere, che è il nostro modo di progettare deve cambiare, acquisendo nuove variabili, sia in fase di input, e modificando sostanzialmente le risposte da mettere a disposizione dei decision maker in fase di output.
In particolare per quanto riguarda il rapporto costi/benefici, non è più possibile, tanto per il pubblico che per il privato fermarsi al dato economico, senza considerare dal punto di vista dei costi la generazione di servizi ambientali e sociali e il loro impatto economico nel ciclo di vita dei manufatti o di qualsiasi parte del progetto.
Oggi più che mai appare evidente che la dimensione “costruita” della città, va riqualificata e immaginata avendo al centro la “città viva” quella delle persone, delle loro necessità, dei loro bisogni, delle loro prospettive di futuro, ma soprattutto di quelle delle nuove generazioni.
Su questo l’enciclica di Papa Francesco, la “Laudato si”, è uno dei testi più visionari e tecnicamente incisivo, perché ha uno sguardo olistico e integrato sui problemi e mette in evidenza come i cambiamenti climatici, provocati da un eccessivo sfruttamento delle risorse non rinnovabili e inquinanti, sia strettamente connesso a una forte disparità socio-economica fra i Paesi ricchi (maggiori utilizzatori di risorse e sfruttatori) e i Paesi Poveri (ricchi di risorse e sfruttati).
Tutto questo è assolutamente insostenibile, se l’obiettivo è lasciare un mondo più giusto e sano per le future generazioni.
Se da una parte vi è un BISOGNO DI GIUSTIZIA PLANETARIA che sottende LO SVILUPPO SOSTENIBILE, dall’altra vi sono vere e proprie criticità di sistema del cosiddetto “mondo occidentale ricco”.
L’Europa infatti, e in particolare l’Italia, sta avendo una recessione demografica senza precedenti e l’affrontare e risolvere le tematiche legate all’accoglienza, al razzismo, alla tutela dei più deboli e più fragili e dei cambiamenti climatici, diventano tematiche centrali, anche per garantire un equilibrio dei bilanci dei governi. Perché riduzione della popolazione attiva, significa riduzione di capitali a disposizione del sistema del welfare e del pagamento di servizi e persone.
Un altro tema che a tal fine diventa centrale è il tema è quello della robotizzazione del sistema di produzione.
Esso, come è sempre stato nel passato, può portare indubbi vantaggi, in determinati contesti e permettere alle persone di mettere a valore quel “capitale umano” che sarà sempre più la cifra del valore di una impresa, soprattutto sui mercati internazionali.
Ma dobbiamo porci allo stesso tempo un tema molto importante per l’Italia, la cui struttura economico-produttiva è composta di piccole e medie imprese.
Siamo in grado di garantire una “transizione sostenibile” in tal senso ossia che permetta alle imprese di adeguarsi e sostenere l’inevitabile innovazione tecnologica e conseguente perdita di posti di lavoro?
Una transizione sostenibile deve appunto fare analisi di scenario che ponga in equilibrio i tre fattori economico-sociale e ambientale e fare in modo che vengano bilanciate le giuste spinte all’innovazione, con la possibilità delle imprese, di partecipare a tale transizione senza provocare un’immediata perdita di posti di lavoro non bilanciata da un sistema formativo e di sostegno economico, per chi inevitabilmente si troverà fuori dal mercato del lavoro, magari per questioni anagrafiche.
Va evidenziato che la perdita di posti di lavoro, non è solo una tragedia personale o familiare, privata, è una perdita sociale (perché dove non c’è lavoro non c’è libertà né dignità – presidente Pertini) e non vi è più un contribuente che paga le tasse (i dipendenti sono quelli che assolutamente non evadono), ma che anzi diventa una persona da aiutare e che andrà a gravare inevitabilmente sulle casse dello Stato.
Come sostenere una transizione ecologica, su cui sono stati impostati a livello europeo sia Piani strutturali di finanziamento 2021-2027 e Next Generation EU, che nazionali PNRR, che locali, con le azioni dirette sulle città in maniera tale che sia anche una “transizione sostenibile”?
L’unica soluzione è occuparsi di sviluppare una vera CULTURA DELLA SOSTENIBILITÀ che affianchi un rilancio ambientale e tecnologico dello sviluppo, alle giuste decisioni, che pongano al centro il valore della collettività e del bene comune, come faro di ogni azione.
Questo processo si inserisce nel più grande e straordinario impegno su cui l’Europa si era già vincolata agli inizi di questa legislatura, con il mandato della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e che ora, dopo la pandemia, ha visto una decisa accelerazione, con il piano di ripresa e resilienza, chiamato non a caso Next Generation EU, un piano di 750 miliardi, che si aggiungono agli oltre mille miliardi del bilancio pluriennale, per spingere in modo deciso su una rivoluzione verde, una transizione energetica, dei trasporti e del rinnovamento dell’insieme del patrimonio immobiliare del continente, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e una riduzione delle emissioni di almeno il 55% entro il 2030. Cui si accompagnano investimenti per la transizione digitale, una nuova politica industriale per una sovranità strategica dell’Europa e un rafforzato pilastro sociale, perché nessuno sia lasciato indietro in questa ripresa post-pandemica e in questa transizione dei nostri modi di produrre, consumare, organizzare i nostri trasporti e i nostri spazi di vita e lavoro.
Questo piano economico e sociale senza precedenti intende dare il via ad una ondata di rinnovamento che tocchi ogni ambito della vita degli europei, facendo diventare la nostra Unione leader dell’economia circolare. Ma questo non può essere solo un progetto economico o ambientale, ma deve anche essere un nuovo progetto culturale per l’Europa. Perché questa sfida tocchi davvero la vita di ogni cittadino e di ogni comunità, è infatti necessario un cambio di mentalità e la mobilitazione di passioni, creatività, innovazione, partecipazione.
Per questo, Ursula von der Leyen ha lanciato un programma di co-creazione su larga scala, denominato “New European Bauhaus”.
È un chiaro richiamo al progetto lanciato dall’architetto Walter Gropius e che operò in Germania dal 1919 al 1933, nel contesto storico culturale della Repubblica di Weimar, in un tempo di ricostruzione dopo una guerra devastante, purtroppo chiuso brutalmente dall’avvento del nazismo. Non fu solo una scuola internazionale, ma il punto di riferimento di tutti i movimenti di innovazione nel campo del design e dell’architettura, legati al funzionalismo e al razionalismo. Coinvolse figure di primo piano della cultura europea. Quella esperienza ebbe profonde influenze nel dibattito cruciale tra tecnologia e cultura, con influssi fino ai giorni nostri.
Ecco, la Commissione europea ritiene che l’urgenza del cambio di paradigma in tema di sostenibilità e le accelerazioni progettuali che conseguono possa trovare in questo progetto per una Nuova Bauhaus Europea una leva straordinaria per quel processo di Rinascimento europeo che si è messo in moto in questo ultimo anno. Una felice intuizione generativa, che in pochi mesi sta rapidamente prendendo piede e suscitando interesse e coinvolgimento a macchia d’olio, anche nel nostro paese e certamente oltre il mondo del design e degli architetti.
Albert Einstein disse che: “La logica vi porta da A a B. L’immaginazione vi porta ovunque. Solo l’immaginazione ha il potere di determinare quel salto di paradigma necessario a disegnare il futuro”. Per questo non possiamo non ricordare i tre principi del famoso architetto romano Vitruvio, per il quale l’architettura non era solo una questione di geometrie, ma aveva direttamente a che fare con il disegno delle relazioni umane, negli spazi privati e pubblici. E per questo Vitruvio diceva che ogni opera doveva essere sia durevole che utile, ma anche bella, capace così di accrescere il benessere e innalzare gli spiriti.
La New European Bauhaus ci invita oggi e muoverci secondo le direttrici del bello, del sostenibile, per una transizione davvero inclusiva.
L’Europa della sostenibilità ha bisogno di una nuova narrazione, condivisa e capace di mobilitare. Il New European Bauhaus può diventare davvero il nuovo storytelling di questa Europa che vogliamo, processo generativo di una nuova #rEUnaissance, che si muova dalla grande diversità delle comunità e dei territori.
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