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La sospensione della riscossione è una bomba a orologeria
L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, già giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –
Come era immaginabile, la riscossione delle cartelle esattoriali, vecchie e nuove, è in odore di un nuovo (ennesimo) rinvio. Dobbiamo riavvolgere il nastro ad oltre un anno fa, tornando al famoso Decreto “Cura Italia”, per trovare la prima sospensione delle cartelle esattoriali, a partire dall’8 marzo 2020 e sino al 31 maggio 2020. Di certo, all’epoca in pochissimi si sarebbero immaginati che oggi, ad oltre un anno di distanza, quella misura sarebbe stata non solo ancora in piedi, ma anche in procinto di essere ulteriormente prorogata.
Ma tant’è e, del resto, la ripresa della riscossione mal si concilierebbe con la congiuntura economica (nonché sociale) attuale, nella quale facciamo ancora i conti con il coprifuoco.
Tornando al provvedimento, con lo stesso non soltanto sono state bloccate le notifiche delle nuove cartelle esattoriali, ma soprattutto sono stati sospesi i versamenti delle dilazioni di pagamento in essere a quella data. Proprio questo secondo profilo rappresenta l’aspetto più critico della vicenda e, nell’attuale configurazione normativa, si pone come una vera e propria bomba a orologeria, pronta ad esplodere e a far danni incalcolabili.
La regola vigente sin dalla prima sospensione, quella dell’8 marzo 2020, è che i pagamenti sospesi dovranno essere effettuati entro il mese successivo al periodo di sospensione, in un’unica soluzione. Si, avete capito bene: in un’unica soluzione.
Facendo un po’ di conti alla mano, chi aveva un piano di dilazione acceso prima del 2020 si troverebbe ad aver saltato (potenzialmente) 15 rate, partendo da quella di marzo 2020, per arrivare a quella di maggio 2021. Queste 15 rate, ipotizzando che la sospensione finisca il 31 maggio 2021, dovranno essere versate per intero, tutte insieme, entro il 30 giugno 2021. E se la sospensione andrà avanti ancora, l’arretrato da versare aumenterà ulteriormente. Per utilizzare i numeri, una rata mensile di mille euro, si tradurrebbe nell’onere di versare quindicimila euro in un’unica tranche.
Non ci vuole un genio per capire che è una soluzione assolutamente non percorribile e che la situazione va affrontata tempestivamente e con cautela.
Non basta, in tal senso, il paracadute introdotto con il Decreto Rilancio, che ha esteso a dieci rate non pagate (anche non consecutive) il cuscinetto per mantenere in piedi la dilazione. In altri termini, fino a 9 rate saltate, il beneficio rateale resta comunque in piedi.
Ma la questione non cambia di molto, visto che le rate accumulatesi per le varie sospensioni sono ben più delle 9 previste dal cuscinetto. Cosa succede a chi non paga le rate? Si decade dal beneficio rateale, con l’impossibilità di accedere ad un nuovo piano di dilazione e il conseguente onere di dover assolvere il debito per intero in un’unica volta. Altrimenti, l’agente della riscossione da corso alle varie procedure (pignoramenti, ipoteche, ecc.).
La situazione è veramente critica e va affrontata in qualche modo. Provo ad individuare un po’ di soluzioni pratiche, partendo da quella più fantasiosa e utopistica, per giungere ad altre più plausibili. Una fantastica soluzione potrebbe essere quella di abbonare le pendenze maturate in questo drammatico periodo e ricominciare da zero. Già, vi piacerebbe! Purtroppo la gomma da cancellare non si può usare e quindi passiamo ad ipotesi più veritiere.
La prima soluzione potrebbe essere quella di estendere il cuscinetto di tolleranza delle rate scadute, in presenza delle quali la rateazione rimane comunque in piedi. In altri termini, quel limite di dieci rate attualmente previsto dovrebbe essere aumentato quantomeno in questa misura: numero mesi di sospensione + 5.
Il senso è che, prima della pandemia, la soglia di tolleranza per i piani di dilazione era fissata a cinque rate non pagate. Ad oggi, per ripristinare una sorta di status quo, si potrebbe ampliare la predetta soglia mantenendo inalterate le 5 rate, a cui aggiungere i mesi del periodo di sospensione. Tornando all’esempio secondo cui la sospensione potrebbe ipoteticamente finire al 31 maggio, il nuovo cuscinetto di rate non saltate potrebbe essere esteso a 20 (15 mesi di sospensione + 5). In questo modo, pur non versando tutte le rate saltate nel periodo di sospensione entro il mese successivo alla scadenza della sospensione stessa, il beneficio rateale rimarrebbe comunque in piedi e i contribuenti potrebbero riprendere a pagare la rata mensile.
Sulla stregua della soluzione precedente (anzi, forse più facile e migliore) si potrebbe considerare il periodo di sospensione come uno spostamento in avanti delle scadenze, con il rinvio automatico di tutte le rate scadute e la ripresa dei piani di dilazione al termine del periodo di sospensione stesso. In altri termini, se il contribuente si trovava a dover pagare la rata 8, nel marzo 2021, ripartirebbe dalla rata 8 nel giugno 2021.
Una terza via potrebbe essere quella di consentire ai contribuenti che hanno un piano di dilazione, di ridiscutere una nuova rateazione del debito residuo, che riparta dalla fine del periodo di sospensione. Così accedendo ad un nuovo piano rateale, riparametrato su nuovi importi e nuove scadenze.
Ultima soluzione, quella che a me sembra la meno efficace, ma anche quella che mi aspetto come più probabile, prevedere che le rate arretrate possano essere regolarizzate in ulteriori pagamenti rateali, anziché in un’unica tranche. Questa alternativa, tuttavia, porterebbe un aggravio eccessivo per le tasche del contribuente, il quale si troverebbe a pagare la rata corrente, oltre ad un’ulteriore rata per regolarizzare il pregresso.
Tutte queste possibili alternative devono fare i conti con i soliti problemi di budget. A meno che la soluzione non venga trovata in una misura definitoria (una nuova pace fiscale) che venga incontro anche alle esigenze di gettito.