categoria: Vicolo corto
Le imprese e la fatica pandemica. Cosa fare per non soccombere
Post di Paolo Raineri, Chief Digital Officer presso Yumi.network e corsista dell’Executive MBA Ticinensis –
Uno dei migliori giocatori della storia del calcio una volta disse: “La pressione va esercitata sul pallone, non sul giocatore” (J. Cruijff). Da qui vorrei partire per ricordarci quanto il supporto agli individui sia importante, ancor più in questo periodo pandemico, se si vogliono ottenere risultati.
Durante il 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha studiato le condizioni psicologiche e comportamentali delle persone nel mondo. Ne sono derivate varie analisi che riportano tutte allo stesso tema: la fatica pandemica, il burnout pandemico, la demotivazione pandemica. aka pandemic fatigue. Secondo gli studi condotti dall’OMS ad ottobre 2020, più del 60% dei cittadini europei si troverebbe oggi in condizioni di pandemic fatigue.
Questa cosiddetta “fatica pandemica” è già stata ampiamente accettata come un dato di fatto ed un potenziale problema per la resilienza di ogni paese, non solo in Italia. Gli ultimi studi della Società Italiana di Psichiatria (SIP) segnalano che un italiano su tre ne sarebbe coinvolto.
Ma cosa si intende per pandemic fatigue?
Il termine è ormai conosciuto e ampiamente discusso, ma vale la pena ricordarne il significato: la “fatica pandemica” è definita dall’OMS come la “sensazione naturale di stress, stanchezza e sfinimento dovuta a uno stato di crisi prolungato”. È la generale demotivazione, lo sconforto, la fatica che si provano a dover affrontare le difficoltà di una pandemia mentre si cerca di mettere in atto i comportamenti richiesti dalle autorità – e dal buon senso, ndr – per proteggere noi stessi e gli altri dalla diffusione del virus Covid-19.
Cosa chiede l’OMS
In un documento diretto a tutti i governi europei [0] l’OMS chiede chiaramente ai decisori politici di compiere al più presto 4 azioni concrete per affrontare questa problematica. Pena una coda lunga di ripercussioni psicologiche a lungo termine su molti dei cittadini (come riportato ad esempio da una revisione sistematica della Società Italiana di Psichiatria (SIP) [1]).
Le azioni richieste sono:
Understand People: capire le persone. Raccogliere ed analizzare quanti più dati possibili per comprendere questo fenomeno e le sue ricadute;
Engage People: fare sentire le persone parte della soluzione e non parte del problema;
Let them live: fare in modo che le persone possano vivere la loro vita contenendo i rischi, dando loro modo di non doversi sentire “in gabbia” (l’azione indubbiamente più complessa per un governo).
Acknowledge: riconoscere e sciorinare la fatica pandemica, non solamente parlandone, ma facendo sì che ogni cittadino sia conscio della propria condizione – in fin dei conti il primo passo per uscire dal burnout è riconoscere di essere in burnout;
In aggiunta a queste attività ritenute una priorità assoluta per poter uscire dall’impasse, l’OMS spiega anche quali sono i principi (i “cross-cutting principles”) che dovrebbero essere sottesi ad ogni iniziativa pubblica o privata. Questi principi, se applicati, aiuterebbero a ridurre considerevolmente lo stress pandemico:
• Trasparenza
• Onestà
• Consistenza
• Coordinazione
• Prevedibilità
Se questi erano i principi da adottare, non si può certo dire che i governi li abbiano applicati pedissequamente, sino ad ora.
Immagine presa dal documento Pandemic fatigue – reinvigorating the public to prevent COVID-19. Policy framework for supporting pandemic prevention and management.[0]
Va da sé che il tema riguardi ogni persona, in ogni ambito della vita. Risulta però fin troppo evidente anche che la fatica pandemica sta avendo ed avrà un fortissimo impatto soprattutto in ambito lavorativo.
In un adattamento dello studio di D. Myers e L. M. Zunin [2], eseguito da McKinsey a novembre 2020 [3], si evidenzia l’andamento tipico delle condizioni psicologiche di un lavoratore durante una situazione di crisi esterna. In seguito ad un crollo psicologico iniziale ed una repentina “risposta eroica” ad una situazione di crisi, la risposta psicologica subisce una demotivante fase di disillusione da cui, poi, è complesso ed estenuante riprendersi. Questa ultima “fase” di ripresa lenta è il periodo su cui attecchisce facilmente la fatica pandemica.
La pandemic fatigue nel mondo del lavoro: sfide e opportunità
In un articolo di novembre 2020 [3] gli analisti di McKinsey hanno provato ad evidenziare come grinta e perseveranza non possano essere sufficienti per far fronte alla demotivazione della comunità lavorativa. Non bastano per ottenere una ripresa, sia dal punto di vista delle performance che dal punto di vista relazionale. Pensare che la situazione si risolva da sola non è una buona strategia. Immaginare che le condizioni della propria comunità lavorativa non incidano sull’andamento dell’azienda è quanto meno anacronistico. L’analisi delinea cinque pillars che ogni organizzazione dovrebbe mettere al centro della propria strategia per poter supportare l’impresa:
1. Gestire bene l’antidoto alla disillusione: l’ottimismo concreto
2. Ascoltare con cura i “segnali deboli” di fatica e altre tipiche risposte allo stress
3. Sviluppare capacità di adattamento e resilienza in maniera scalabile
4. Puntare su Cura, Connessione e Benessere
5. Rilasciare l’energia positiva adattando le operations
La sfida per ogni impresa, dunque, è quella di riuscire ad andare oltre il mero conto economico e resistere alla tentazione di apportare solo tagli ai costi, trovando il modo per “portare a bordo” la propria comunità lavorativa, facendo sì che ci sia comunione di intenti e di “modus operandi”. La grande opportunità che si aprirà a chi saprà coglierla, sarà quella di operare un reale cambiamento evolutivo della propria organizzazione. Unico vero vaccino – autoprodotto e gratuito – che un’impresa possa somministrarsi.
Leggendo decine di articoli come questo e discutendo con molte medie e grandi imprese italiane rimane, però, un retrogusto di occasione mancata. O forse, più onestamente, si ha la percezione di un cambiamento in divenire che ancora non ha maturato una sua reale forma.
Questo articolo mette una lente di ingrandimenti sulla fatica pandemica. Senza spostare troppo il focus di questa riflessione, possiamo provare ad affiancare per un momento a questo tema quello del cambiamento digitale nel mondo del lavoro: un’altra grande questione non relativa al contesto psicologico, che ha conquistato la scena con prepotenza durante lo scorso anno pandemico. Questi due macro temi, quello dell’adozione di strumenti e mentalità digitali e quello della fatica pandemica, nel contesto lavorativo sono, a mio avviso, due chiavi di lettura perfette. Ideali per definire quello che per il momento vediamo solo come un piccolo, fragile, promettente germoglio: un nuovo rapporto tra lavoratore ed impresa.
Qualche driver e motivazione a supporto di questo cambiamento
• Gestire la cultura di squadra e supportare le proprie persone è stata la principale preoccupazione di un manager moderno lo scorso anno. Uno studio di Microsoft in autunno 2020 ha riportato che il 61% dei manager da loro intervistati poneva il supporto dei team e il mantenimento di una cultura di squadra come le principali priorità dell’anno.
• I lavoratori si aspettano di vivere nell’uso degli strumenti di lavoro, la stessa user experience – esperienza utente – che hanno nell’utilizzo quotidiano degli strumenti digitali. Gli ultimi report di Josh Bersin [4] delineano che il mondo People nelle aziende si sta spostando da una cultura del controllo ad una del design dell’esperienza del lavoratore (le cosiddette employee experience technologies)
• L’area People dovrà essere tesa al raggiungimento della massima velocità e qualità di risposta ai bisogni (personali e professionali) dei lavoratori. In questo modo è facile generare grandi benefici per ogni individuo, aumentare il coinvolgimento – engagement – verso l’azienda e, di conseguenza, migliorarne la produttività. Come ben delineato nel libro “The progress principle” di Amabile T e Kramer S.[5]
Si renderà sempre più evidente, dunque, un nuovo modo di relazionarsi tra colleghi, tra dirigenti e personale operativo, tra impresa e comunità lavorativa. Un nuovo patto, un new deal tra individuo e organizzazione, come lo ha ben definito Massimiliano Saccarelli in un Matinales della CCI France Italie a maggio 2020.
In ultima analisi, lo scoppio di questa pandemia ha acceso i riflettori sulla portata dei problemi già presenti nei più diffusi modelli di impresa. Lo sforzo che si dovrà fare per affrontare questioni come la fatica pandemica ed il necessario cambio di comportamenti – behavioural change – nel mondo del lavoro potrà creare molto valore per tutte le economie del mondo. Sembrerebbe chiaro che il Taylorismo stia per concludere la sua era. Ha, di fatto, inserito nelle organizzazioni dei “difetti di fabbrica” che ci hanno portato a non essere sufficientemente resilienti, o comunque a non essere sufficientemente antifragili [7], quando ci siamo trovati ad affrontare una pandemia. Si è aperta una nuova strada che mette a stretto contatto l’area People, con le Operations e con l’IT. Strada che, se ben studiata, permetterà alle imprese di agire in modo differente e di supportare i propri lavoratori per uscire vincenti da questa enorme sfida.
Albert Einstein fu molto concreto quando disse: “Non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”.
Twitter @PaoloRaineri
NOTE
[0] Pandemic fatigue – reinvigorating the public to prevent COVID-19. Policy framework for supporting pandemic prevention and management. Copenhagen: WHO Regional Office for Europe; 2020. Licence: CC BY-NC-SA 3.0 IGO.
[1] Trauma da pandemia, a rischio 1 italiano su 3, ANSA 2021.
[2] D.Myers e L.M.Zunin, Training manual for human service workers in major disasters, US department of Health and Human Services, 2000.
[3] Overcoming pandemic fatigue: How to reenergize organizations for the long run. Aaron De Smet, Laura Tegelberg, Rob Theunissen, and Tiffany Vogel. McKinsey, 2020.
[4] HR Technology 2021 Now Published: Shattering Changes In The Market. Josh Bersin, 2021.
[5] Amabile, Teresa M., and Steve J. Kramer. The Progress Principle: Using Small Wins to Ignite Joy, Engagement, and Creativity at Work. Harvard Business Review Press, 2011
[6] State of the Global Workplace. Gallup, 2017.
[7] Antifragile. Nassim Nicholas Taleb, 2012.
[8] Johan Cruijff – calciatore.