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Anche tu, Biden! Stretta protezionista americana sugli appalti pubblici
Come anticipato su queste colonne, l’Amministrazione Biden è prontamente intervenuta in materia di appalti pubblici, emanando lo scorso gennaio l’ordine esecutivo 14005, Ensuring the Future Is Made in All of America by All of America’s Workers che restringe le maglie della concorrenza e che potrà impattare considerevolmente sul procurement pubblico internazionale, dal momento che gli Stati Uniti sono il più importante appaltatore del mondo, con oltre 500 miliardi di dollari di soli appalti federali gestiti ogni anno.
L’ordine esecutivo rafforza la corsia preferenziale per le imprese nazionali negli appalti pubblici finanziati con fondi federali contenuta nel Buy American Act, che è una legislazione protezionistica, risalente al 1933 e in diverse occasioni rivista, volta a restringere l’accesso al mercato delle commesse pubbliche americane agli operatori stranieri, favorendo l’acquisizione di prodotti e materiali domestici, mentre l’ordine esecutivo è uno strumento nelle mani dei Presidenti americani per favorire l’attuazione dell’indirizzo politico del governo, in questo caso in materia commerciale.
Il Buy American Act promuove il Made in America imponendo prezzi di preferenza per beni intermedi e finiti forniti da imprese statunitensi negli appalti pubblici federali. La regola generale è che i prodotti siano interamente ottenuti negli Stati Uniti ovvero che il costo dei componenti ottenuti sul territorio nazionale ecceda il 50% del costo totale. Quanto ai prezzi di preferenza, il Federal Acquisition Regulation (l’omologo, per certi versi, del Codice dei contratti pubblici italiano) garantisce alle grandi imprese americane il 6% in più rispetto ai medesimi prodotti offerti da imprese straniere. Tale prezzo di riserva sale al 12% per le piccole imprese USA. In altre parole, le grandi imprese americane possono offrire lo stesso prodotto a un costo superiore fino al 6% (al 12% per le piccole imprese) rispetto al prezzo offerto dagli operatori economici stranieri.
Dal 2019, a causa dell’ordine esecutivo 13881, Maximizing Use of American-Made Goods, Products, and Materials emanato da Trump, le percentuali sono state ulteriormente ritoccate in aumento (al 20% per le grandi imprese e al 30% per le piccole imprese USA), mentre la soglia del 50% del test dei componenti è stata incrementata a 55% (per prodotti e materiali – interamente o prevalentemente – di ferro e acciaio, addirittura al 95%). Giova precisare che Biden, da quando è alla Casa Bianca, ha abrogato diversi ordini esecutivi del suo predecessore. Tuttavia, si è ben guardato dall’abrogare quest’ultimo. Anzi, il suo ordine esecutivo chiede alla Federal Acquisition Regulatory Council (FARC) di procedere a un ulteriore rafforzamento delle regole al fine di favorire la ripresa economica e la forza lavoro statunitense, anche mediante la limitazione del ventaglio delle eccezioni.
Il sistema delle eccezioni contenuto nella legislazione americana prevede la possibilità di sganciarsi dalle regole generali relative al Made in America qualora i prodotti o le materie non siano adeguatamente disponibili sul territorio nazionale oppure lo siano ma a costi sproporzionati rispetto al mercato globale. Allo scopo di accendere un faro sugli appalti pubblici gestiti mediante il sistema delle eccezioni, Biden ha costituito un ufficio per il Made in America direttamente in seno alla Casa Bianca, inquadrato all’interno dell’Office of Management and Budget.
Sul punto, il Presidente americano ha affermato che se un’Agenzia federale volesse d’ora in avanti acquisire beni o servizi da fornitori stranieri facendo leva sulle eccezioni dovrà “venire alla Casa Bianca e spiegarcelo”. Il Direttore dell’ufficio per il Made in America avrà inoltre potere di veto rispetto alle eccezioni proposte dalle agenzie federali. In aggiunta, prima ancora di richiedere il permesso all’ufficio per il Made in America, tali agenzie dovranno indagare se il vantaggio competitivo degli operatori economici stranieri non sia il risultato di pratiche antidumping o di sussidi all’export.
È previsto pure che le agenzie federali si avvalgano del Manufacturing Extension Partnership (MEP), una partnership pubblico-privato ideata per favorire la ricerca di piccole e medie imprese statunitensi capaci di rispettare gli standard federali in materia appalti pubblici.
Le nuove regole avranno conseguenze sul piano interno, poiché i fornitori domestici dovranno adeguare la propria catena logistica di approvvigionamento per assicurare il rispetto della normativa più restrittiva. Processo che in alcuni casi potrebbe essere complesso e, se non governato correttamente, potenzialmente in grado di esporre le imprese al rischio di contenziosi con il Dipartimento di giustizia.
Sul versante estero, invece, sembrano messe in secondo piano le possibili conseguenze di una esacerbazione del protezionismo e delle nuove restrizioni al sistema delle eccezioni con i principali partner commerciali. A tal proposito, sebbene in materia di appalti pubblici la legislazione europea e, a cascata, quella degli stati membri come l’Italia, sia più aperta alla concorrenza straniera rispetto a quella statunitense, le nuove restrizioni delineate dall’Amministrazione Biden – che seguono, se non addirittura inaspriscono, quelle dell’Amministrazione Trump – potrebbero indurre l’Unione europea a rispondere per le rime, rendendo più difficilmente accessibili le proprie commesse pubbliche alle imprese USA, in un processo in cui, nel tentativo di tutelare mediante legislazioni discriminatorie i propri lavoratori e imprese a scapito di quelli altrui, si innalzano barriere svantaggiando la competitività a danno dei cittadini, rischiando di rallentare il rafforzamento dei rapporti bilaterali incrinati durante la Presidenza Trump.
Twitter @andreafesta_af