categoria: Res Publica
Sviluppo e welfare efficiente: il ruolo delle regole di contabilità pubblica
Post di Dario Immordino, avvocato, dottore di ricerca in diritto interno e comunitario –
Sono trascorsi 53 anni dal celebre discorso di Kansas City del marzo 1968, in cui Robert Kennedy evidenziava il ruolo marginale della dimensione economico – finanziaria rispetto ai “successi del Paese, alla salute delle famiglie, alla qualità della loro educazione, alla gioia dei loro momenti di svago, alla giustizia nei tribunali, all’equità” nei rapporti sociali.
La globalizzazione, la trasformazione dei modelli e dei sistemi produttivi, le crisi economiche, l’evoluzione dei sistemi di welfare hanno notevolmente incrementato l’influenza dei fenomeni economico finanziari sui principali fattori di benessere e qualità della vita, e accentuato il ruolo della finanza pubblica in relazione alle consistenza dei diritti economici e sociali.
L’equilibrio finanziario, il livello di debito pubblico e le regole di gestione delle risorse pubbliche condizionano in maniera decisiva la quantità e qualità delle prestazioni fornite dalle Amministrazioni, l’ammontare della tassazione, degli oneri contributivi, dei redditi e dei principali fattori che determinano le condizioni economiche di cittadini ed imprese.
Le Corti costituzionali e tutte le istituzioni a vario titolo competenti hanno ormai certificato che «la garanzia delle prestazioni sociali deve fare i conti con la disponibilità delle risorse pubbliche, e il livello delle prestazioni pubbliche deve essere dimensionato in termini di sostenibilità economica», e la spesa pubblica, soprattutto nelle fasi di congiuntura economica sfavorevole, rappresenta un efficace volano per l’economia, poiché fornisce alle imprese risorse essenziali per la continuità della gestione, contribuisce a sollecitare l’imprenditorialità ed i consumi, ad incentivare attività produttive, e si rivelano un fattore centrale per la crescita del reddito e dell’occupazione e per l’attrazione di investimenti. Non a caso imprenditori, cittadini, organizzazioni sindacali e datoriali si interessano con sempre maggiore attenzione ai documenti di programmazione e alle attività di gestione della finanza pubblica.
Negli ultimi anni, oltre alla programmazione e alla gestione delle entrate e delle spese pubbliche, anche le regole contabili hanno assunto un rilievo sempre maggiore nella organizzazione e gestione delle politiche pubbliche.
Ciò perché i pagamenti alle imprese, l’erogazione di prestazioni e servizi essenziali e tutte le misure e i provvedimenti che incidono sulla condizione di cittadini e imprese (agevolazioni, contributi, misure assistenziali, prestazioni sociali ecc) devono avere una «necessaria proiezione in termini finanziari, nei bilanci preventivi e nei rendiconti”, e risultano notevolmente condizionati, e talvolta ostacolati, dalle procedure contabili che spesso impediscono di spendere anche le risorse disponibili nei bilanci pubblici (ad es. le regole sull’avanzo di amministrazione e sugli accantonamenti obbligatori) e dalle irregolarità nella contabilizzazione delle entrate e delle spese attraverso cui molte amministrazioni pubbliche tentano di eludere le regole di contabilità.
Le vicende degli ultimi anni dimostrano che spesso la qualità delle regole contabili o la loro difficoltosa, tardiva o erronea applicazione ha rallentato l’approvazione di fondamentali documenti finanziari, causato criticità nella programmazione delle politiche pubbliche, ostacolato l’adozione di adeguate misure di sostegno al sistema economico e produttivo e l’erogazione di prestazioni fondamentali, determinato rilevanti difficoltà nel ripiano dei disavanzi finanziari.
Sopravvalutazione delle entrate, inefficienza delle procedure di riscossione, gestione disinvolta dei residui attivi, diffusione di prassi finalizzate ad aggirare le regole sulla copertura finanziaria delle spese, errori nell’accertamento delle poste contabili, frequente ricorso ai debiti fuori bilancio e le altre diffuse irregolarità contabili rendono difficile programmare e gestire le politiche finanziarie e costituiscono le principali cause dell’accumulo dei consistenti ritardi nei pagamenti da parte dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese: fenomeno che indebolisce la struttura finanziaria delle imprese innescando un circolo vizioso che provoca riduzione dell’occupazione, aumento della povertà, contrazione dei consumi. L’iscrizione in bilancio di entrate che poi non vengono percepite, ad esempio, favorisce l’accumulo di debito perché permette di spendere più di quanto in realtà si possa, mentre il ricorso ai debiti fuori bilancio comporta l’assunzione di obbligazioni senza aver preventivamente adottato il relativo impegno di spesa e senza garanzia di copertura finanziaria, gli errori nell’accertamento delle entrate non riscosse e delle spese non pagate negli esercizi precedenti (cd residui attivi e passivi) determinano la necessità di ripianare in tempi ristretti consistenti disavanzi finanziari, causando l’insorgere di oneri ingentissimi a carico del bilancio regionale, che ostacolano l’adozione di rilevanti misure di politica economica e sociale(come recentemente accaduto in Sicilia).
Ma la qualità delle regole e della gestione contabile incide notevolmente anche sulle politiche economiche pubbliche, ed in particolare sulla capacità di approntare adeguate misure di sostegno al sistema di welfare e al mondo produttivo. Gli iter di approvazione dei piani di investimenti pubblici congelano risorse per svariati miliardi, e la Corte costituzionale e la Corte dei conti hanno spesso rilevato che gli errori nella programmazione del fabbisogno finanziario, l’erronea applicazione delle regole di contabilizzazione delle entrate e spese, l’inadeguatezza dei sistemi di monitoraggio della gestione finanziaria ostacolano il finanziamento di prestazioni pubbliche essenziali e la proficua utilizzazione dei finanziamenti europei, “che costituiscono i principali strumenti finanziari della politica regionale di investimento dell’UE”.
Anche per queste ragioni nel 2009 è stato avviato un processo di revisione ed armonizzazione dell’ordinamento contabile nazionale e di quelli regionali e locali, finalizzato a strutturare un sistema di regole che garantisca una gestione efficiente delle risorse e delle politiche pubbliche. Il nuovo sistema di contabilità impone, fra l’altro, adempimenti che dovrebbero ridurre il rischio di insolvenza e di “disavanzi occulti” delle amministrazioni pubbliche, garantendo la corrispondenza delle somme iscritte in bilancio alle entrate e spese effettive degli enti e la liquidità necessaria a far fronte alle obbligazioni anche in caso di riduzioni di entrate o incrementi di spese imprevisti (fondo crediti dubbia esigibilità, fondo anticipazioni di liquidità, fondo pluriennale vincolato, riaccertamento dei residui ecc).
Queste rilevanti misure, però, sono state attuate solo parzialmente: la Corte dei conti, infatti, ha rilevato gravi criticità nella riscossione delle entrate e nel riaccertamento delle somme non incassate e non pagate negli esercizi precedenti (cc.dd. residui attivi e passivi), frequente ricorso a debiti fuori bilancio e un utilizzo distorto di fondamentali strumenti come il Fondo anticipazioni di liquidità o il Fondo crediti di dubbia esigibilità.
In una fase di grave difficoltà finanziaria l’adozione di misure che garantiscano la corretta attuazione delle regole contabili, premiando le amministrazioni virtuose e sanzionando quelle che spendono male e non incassano il dovuto, se di per sé non garantisce la soluzione dei gravi problemi che affliggono il sistema socio economico territoriale e l’ordinamento di finanza pubblica, costituisce, tuttavia, un adempimento essenziale per strutturare politiche pubbliche efficienti, che consentano un utilizzo produttivo ed efficace delle ingenti risorse del Next generation EU.