categoria: Vicolo corto
Il saggio al ministro: “Fa’ pure! Io mi dimetto”. Alla ricerca dei responsabili
UN MINISTRO: MES o Recovery Faund? (*attendere per contestare l’uso di AU!)
UN SAGGIO: Beh, in realtà, la domanda è sbagliata. Sono due cose diverse.
UN MINISTRO: Ma che importa? Chi se ne accorge? Tanto più si litiga sull’argomento…
(Dunque, lo farebbero a bella posta, come si suol dire? Non esattamente. Diciamo che, quando non si ha la capacità di farsi rappresentare con le opere, allora non resta che parlare e, purtroppo, straparlare. Certe parole finiscono col diventare entità linguistiche separate, lontane, talora pure irraggiungibili. L’onomaturgia però è una cosa seria. Maggioranza e opposizione, ma anche maggioranza 1 e maggioranza 2 o maggioranza 1bis e maggioranza 2bis si rimpallano da mesi certi termini. E la politica economica?)
UN SAGGIO: Dunque, che hai deciso? MES o Recovery Fand (*anche in questo caso, attendere!)?
UN MINISTRO: Lo voglio.
UN SAGGIO: Cosa?
UN MINISTRO: Un attimo, ci penso. Insomma: servono soldi e servono subito.
UN SAGGIO: Allora, il MES.
UN MINISTRO: No, quello no, mai! Ho detto no fin dall’inizio.
UN SAGGIO: Non essere sciocco! Coi soldi del MES puoi comprare i vaccini, le siringhe, migliorare i reparti di terapia intensiva.
UN MINISTRO: Per quello c’è il Recovery Faund.
UN SAGGIO: No, non è così! Anzitutto, non si dice Faund. Al massimo, fand. Si scrive con la u, si legge con la a. Sei un ministro, non puoi fare questi errori. E inoltre non puoi ottenere subito i fondi del Recovery Fand. Ci vorranno almeno sei mesi. E sono legati a una certa programmazione. Mentre il MES è disponibile da maggio.
UN MINISTRO: Non se ne parla. Considera che questo è un momento di crisi. Se io cambio idea all’improvviso, cosa dirà la gente? Che sono un bambino capriccioso, che non sono responsabile.
UN SAGGIO: Fa’ ciò che vuoi! Io mi dimetto.
È vero, i bambini, di tanto in tanto, fanno i capricci: si sa. Ne hanno il diritto. Fino a una certa età, non distinguono sé stessi dal mondo e sono animati da un certo fisiologico egocentrismo. Così, capita che, passando davanti alla vetrina di un negozio, vedano un bel giocattolo e lo vogliano a tutti i costi. Alcuni “no” tuttavia aiutano a crescere. Nel 2001, uscì in Italia, per Feltrinelli, un libro intitolato proprio I no che aiutano a crescere. Lo scrisse, ovviamente, una psicoterapeuta infantile. Ovvio, ma non del tutto, a dire il vero. Di questi tempi, non si può escludere che un Sancho Panza rivendichi la proprietà dell’isola e del castello promessi dal cavaliere errante. Dicevamo dei “no”: generano il concetto di limite e, soprattutto, spingono il bambino ad assumersi delle responsabilità.
Che termine compromettente! Rischiamo quasi di sprecare la metafora psicopedagogica, a meno di riuscire a fare un po’ di chiarezza. Alla prima vera crisi del Governo Conte bis, com’è noto, s’è scatenata la smaniosa ricerca di responsabili, cioè di alcuni rappresentanti del popolo che, fin da ora, nel rispetto dell’impegno assunto nei riguardi degli elettori, siano pronti a sostenere il Governo: a tutti i costi (…un po’ come il bambino che desidera il giocattolo). Scriviamo poco dopo il misfatto; non importa molto l’esito della vicenda. La questione è oltre il tempo, è morale in senso stretto. Chi fosse in grado di respondere (l’etimo di responsabile è da cercarsi nella lingua latina) dovrebbe dunque possedere un eccellente profilo morale, per l’appunto, tranne che il valore dato alle parole sia miserrimo. Ci rifiutiamo di credere che usino a caso le parole. Se le avessero usate a caso, infatti, verrebbero meno di colpo tutte quelle dette durante uno dei periodi peggiori dell’epoca repubblicana. In altri termini: avrebbero perduto ogni senso di responsabilità.
Ecco Clemente Mastella! Un ragazzino, che non ne sa alcunché perché ha appena smesso di frignare per i giocattoli e non può avere memoria politica, dirà, ammettendo che ne sia curioso: dev’essere lui, il responsabile. Poi, fa una bella ricerchina sul web e scopre che l’ego-centrista di Ceppaloni guadagna gli onori della cronaca nel 1994 col primo Governo Berlusconi, nel quale diventa Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, ma, qualche anno dopo, non resiste alla tentazione (pur essendosi formato secondo lo spirito cristiano, è un uomo) e appoggia il Governo D’Alema. In soldoni: si fa eleggere coi voti del centrodestra, passa al centrosinistra e raccatta parlamentari. Il giocattolo è suo. A tutti i costi! Nel 2006, infatti, nel Prodi II, diventa pure Ministro della Giustizia. Tra un giocattolo e l’altro, fonda CCD, CDR, UDR, UDEUR, cosicché, nel 2009, il Popolo delle Libertà (libertà: mai parola fu più congruente) se lo riprende, lo premia e lo spedisce al Parlamento Europeo. Anche in questo caso, come non riconoscere l’epifania democristiana? La parabola è quella del figliol prodigo: correttamente del Padre misericordioso. “Ma il padre disse ai servi: – Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita -” (Lc 15, 22-24).
Nel 2014, però, l’onomaturgo smarrisce lo scudo e la croce e con essi anche l’ispirazione; non trova più acronimi d’apocalisse politica e non riesce farsi rieleggere. Come tanti profeti o predicatori illuminati, nel tempo, finisce pure nel mirino dei giudici e il popolo di Dio perde una guida. Una volta fatto questo excursus, però, dobbiamo verificare lo stato del ragazzino curioso, il quale potrebbe essere un po’ confuso in fatto di responsabili e responsabilità. Come cavarsela? In Italia, certi termini sono polisemici, ossia possono avere più significati? In realtà, la polisemia non è un’esclusiva della lingua italiana. Il fatto è che, in politica, il significato delle parole dipende dal giorno e dall’ora i cui sono usate, dal partito di maggioranza all’interno del quale sono scelte, dalla stabilità del Governo e così via. Ci vorrebbe un dizionario mobile, adattabile.
Per esempio: restiamo ancora sul significato di responsabilità come fedeltà alle cose dette o agli impegni assunti! Gl’illuminati e storici rappresentanti del Movimento 5 Stelle si sono fatti avanti con delle esclamazioni categoriche: “Mai col PD!”, “Mai con la Lega!”. Eppure, passando davanti alla vetrina, non hanno esitato a dire “Lo voglio”. Siccome il negozio, al momento, non offre altro, si sono limitati a questo, ma – bisogna ammetterlo – sembrano i compagni di gioco ideali per Mastella. Da una parte, un cavaliere crociato, quantunque privo di cavallo ormai (dev’essere l’umiltà francescana acquisita con la sindacatura in un piccolo comune); dall’altra, il gruppo dei catari, convinto che il mondo politico (quello altrui) sia opera di Satana: di fatto, l’uno sarebbe in contrasto con l’altro a causa dell’eresia, ma responsabilmente s’intendono.
Nell’ampia metafora politico-religiosa e psicopedagogica, manca ancora un ‘bel’ paio di protagonisti. Per ironia della sorte, sono entrambi omonimi del narratore evangelico. Forse, però, meno devoti: giusto un po’. Cominciamo con Matteo Renzi! Quest’uomo è un capolavoro che solo la politica italiana ha potuto produrre: non ha mai conseguito un vero successo elettorale, ma è stato in grado, prima, di proporsi come una specie di moralizzatore ottenendo l’incarico di formare un governo, senza passare dalle elezioni, poi, di ‘ricattare sé stesso’ – chissà, forse in espiazione del senso di colpa per avere preso furbescamente il posto di Enrico Letta – con un referendum fallimentare e che ha bruciato più del venti percento dei consensi del suo ex partito. Giocattoli ammucchiati. Evidentemente: responsabile, anche lui. Non a caso, responsabilmente, si ripropone come ego-centrista, pur da fuoriuscito, e, altrettanto responsabilmente, garantisce il proprio supporto al Governo. Ma a una condizione: un “ma” sempre pronto all’uso. Che vuol dire? Qual è la condizione? Di fatto, non c’è. Il “ma” stesso è la condizione, un’avversativa strumentale fatta echeggiare a ogni seduta parlamentare. Di seduta in seduta, però, era inevitabile che il “ma” diventasse l’ennesima epifania. Così, è stato.
È il momento, adesso, dell’altro Matteo, del quale ci limitiamo a commentare, in breve, l’ultima iniziativa. In effetti, i giocattoli, in ultimo, gli sono mancati. Ha tutto il diritto di volerne almeno uno nuovo. Altro è brandire un rosario da officiante del sacro culto, altro è avere la voce di uno che grida nel deserto e rischiare d’avere il capo mozzato (per metafora neotestamentaria, s’intende). Così, in preda allo sconforto, asciugandosi la lacrimuccia, si fa venire in mente questo: istigare la gente alla disobbedienza rilanciando l’hashtag #ioApro. Era il momento giusto. Ci voleva un’altra eresia! Ne sentivamo la mancanza.
Cosa ci resta? Considerata l’assenza di prospettive, il già fatto, purtroppo. Cioè? Dove sono le misure di politica economica necessarie alla ripartenza?
UN ALTRO SAGGIO: Quali misure intendi proporre?
UN ALTRO MINISTRO: Ne abbiamo già proposte parecchie.
UN ALTRO SAGGIO: Quali? Non capisco.
UN ALTRO MINISTRO: il bonus 1.000 euro, il bonus 600 euro, il bonus bici, il bonus baby sitter, la cassa integrazione, il reddito di emergenza. Vuoi che vada avanti?
UN ALTRO SAGGIO: queste non sono misure di politica economica. Cioè, in parte, potrebbero… Ehm… Ascoltami, te ne prego! Un intervento di politica economica è tale, nella misura in cui sia in grado di modificare l’intero sistema economico. Un bonus è un’altra cosa. Pure se lo cerchi sul dizionario, te ne accorgi.
UN ALTRO MINISTRO: Io proprio non ti capisco. Perché devi sempre complicare le cose?
UN ALTRO SAGGIO: Ti faccio qualche esempio. Un piano industriale, una nuova politica fiscale, una riforma del sistema sanitario: ecco, queste sarebbero misure di politica economica! Un bonus, secondo te, può trasformarsi in qualcosa del genere?
UN ALTRO MINISTRO: In questo momento, non possiamo occuparcene. Dobbiamo tenere unito il paese.
UN ALTRO SAGGIO: Fa’ come credi! Io mi dimetto.
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